Agricoltura bio, è boom a Trento
Produzione ormai al 30%. Giuliano Micheletti annuncia: «In giugno nasce il biodistretto con una decina di aziende»
TRENTO. Da un anno il gruppo di lavoro che raccoglie aziende agricole, vignaioli, associazioni e cooperative sociali si incontra per definire gli obiettivi che saranno contenuti in un manifesto. I partecipanti hanno in comune l’avere abbracciato da tempo l’agricoltura biologica e l’obiettivo di costituire un distretto bio. I numeri sono di tutto rispetto: sul territorio comunale che ha la superficie agricola più estesa della provincia (1750 ettari), negli ultimi anni il biologico ha avuto un exploit. Dall’ultimo censimento agricolo del 2010 gli ettari coltivati senza fitofarmaci sono passati dai 100 ai 520 (dato riferito al 2016) e le aziende sono cresciute da 37 a 170. Si tratta del 30 per cento della produzione agricola con metodo biologico e per avere un’idea di quanto estesa sia la superficie di 520 ettari, si pensi all’area ex Michelin (11 ettari) moltiplicata per 50.
Ora il gruppo di lavoro è pronto per presentare il manifesto del biodistretto di Trento, evento che è inserito nel programma del Festival dell’Economia. Ne parliamo con Giuliano Micheletti, titolare di una piccola azienda agricola che ha vigne sia a Madonna Bianca che a Drena e che è il referente del gruppo di lavoro sul biodistretto. Micheletti, 47 anni ed una laurea in architettura rimasta nel cassetto, dopo l’università ha deciso di continuare a coltivare la vigna. «In famiglia - racconta - l’architettura è una tradizione: architetto era mio padre e lo sono anche i miei fratelli. Io però ho preferito dedicarmi alla terra, pur essendoci stata espropriata la gran parte negli anni Settanta con la costruzione delle Torri».
«La nostra - spiega Micheletti - è un’associazione laica e non ideologica, nel senso che non vogliamo obbligare nessuno a seguire i nostri obiettivi. Quello che ci interessa comunicare è che gli agricoltori devono essere riconosciuti nel loro ruolo sociale, dopo anni in cui il territorio è stato sottratto all’agricoltura. Basti pensare che ogni anno in Trentino ci sono 100 ettari consumati, con una media di 25 aziende in meno. Solo con un modello di agricoltura sostenibile abbiamo un futuro, per questo siamo i primi ad essere interessati alla tutela dell’ambiente, non fosse altro che dalla qualità dell’ambiente dipende la qualità del nostro lavoro. Ci sentiamo i custodi del territorio e della tutela della biodiversità».
Ma chi farà parte del biodistretto? Sono le Cantine Ferrari, Cesarini Sforza per lo spumantificio della LaVis, Maso Martis, Maso Cantanghel, La Gerla, Maso Ertis, tra i frutticolturi la Sft di Romagnano, partecipa anche la Cantina sociale di Trento, l’associazione Slow Food e le cooperative Progetto 92 che fanno i vivaisti di fiori e piante aromatiche, Villa Rizzi di Sardagna e Samuele di Villa Sant’Ignazio.
Come si vede sono aziende più o meno importanti, ma tutte con la loro storia. La prima riunione ufficiale si è tenuta lo scorso marzo, alla Cantina sociale di Trento, alla presenza di Cristina Micheloni dell’Aib (Associazione italiana per l’agricoltura biologica). «Siamo più di cento persone - aggiunge Micheletti - e il nostro intento è quello di promuovere i nostri prodotti, per far dialogare il nostro mondo con quello della ristorazione e puntare su un modello di turismo alpino. In questo, l’Alto Adige è stato molto più lungimirante, anche se a livello di produzione biologica è più indietro. L’obiettivo è quello di far arrivare i nostri prodotti nella ristorazione e negli alberghi trentini. L’agricoltura biologica è un punto di non ritorno se si vuole tutelare l’ambiente, senza contare che coltivare senza fitofarmaci è più economico. Per informare la popolazione sulla produzione biologica e poter entrare fare educazione nelle scuole, contiamo anche sul sostegno dell’amministrazione comunale. L’unica legge a livello regionale per ora è quella della Liguria, ma noi ci atteniamo ale regole sui prodotti biologici codificate dal protocollo dell’Unione europea».
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