A Trento l'organo dell'Inviolata
Lo strumento venne acquistato dal comune ai primi dell'Ottocento
RIVA. Nella chiesa dell'Inviolata c'era fino al 1930 anche un prezioso organo, «piccolo ma di suono delicato e dolcissimo», costruito nella seconda metà del Seicento, dal trentino Carlo Prati, forse intervenendo su un manufatto preesistente. La sua vicenda è stata raccontata da Mauro Grazioli durante la presentazione al palacongressi del volume «Riva del Garda. La città e la musica», riprendendo una scheda dedicata ad «organi e conventi». L'organo seicentesco è completamente chiuso in un armadio a forma di stipo,con piccole tele dipinte a soggetto musicale. Il prospetto è diviso in tre campate sormontate da decorazioni in lamina di ferro. Sopra la tastiera la scena d'una santa Cecilia che suona l'organo in un paesaggio di angeli musicanti. Lo strumento accompagnò i canti e le preghiere dei padri Gerolimini che vivevano nell'annesso convento fino ai primi dell'Ottocento quando, in seguito alla soppressione dei conventi disposta da Napolone, venivano messi all'incanto «un organo, varie campane e sacri arredi di chiesa». L'organo venne acquistato per 170 fiorini da un don Giovanni Zanolli di Riva che intendeva lasciarlo alla chiesa: il contratto non venne perfezionato. Intanto la Regia Bavara commissione generale aveva stabilito di collocare nel convento le scuole elementari, assumendo anche i maestri necessari. Il sindaco, richiamandosi alla disposizione della commissione che raccomandava di inserire nei programmi scolastici anche l'insegnamento dei canti religiosi, sollecitava la commissione a lasciare l'organo «al servaggio della stessa chiesa senza rifusione di prezzo». La commissione rispose picche: se il sindaco voleva l'organo doveva sganciare i 170 fiorini. Ed il sindaco sganciò, visto che l'organo è citato per tutto l'Ottocento: una cronaca dell'Alto Adige del 1898 segnala un'esecuzione del barone Giuseppe Fiorio in occasione della festività della Madonna dell'Inviolata all'organino «che le suore dovrebbero far accomodare perchè tutto in disordine». Nel 1917 Renato Lunelli, allora agli inizi della sua carriera di organista, lo vide «in stato di completo abbandono, depositato in un corridoio». Nel 1930 l'organo, per intervento di Giuseppe Gerola, venne portato a Trento e sistemato al castello del Buonconsiglio, nella sala della Stua Grande, dove si trova tuttora, completamente restaurato nel 1976 da Enrico Ciresa di Tesero, che rifece 306 canne su un totale di 409. Mauro Grazioli, terminata la storia dell'organo, ha rivolto all'arciprete don Giovanni Binda ed al parroco del Rione don Luigi Panzera, presenti in sala, un invito: non avrebbero potuto appoggiare nelle sedi competenti il ritorno dell'organo nella sua sede naturale, ossia all'interno di quel tempio dell'Inviolata per cui era stato costruito? Il fatto poi che sia testimoniato l'acquisto dello strumento da parte del comune certifica in qualche modo un titolo di proprietà che dovrebbe contare qualcosa.