È «caccia» ai medici per gli ospedali di valle
Bandi per singolo ospedale e mobilità: 9 milioni per nuove assunzioni Punti nascita, avanti con le deroghe. Rossi: «Abbiamo l’elisoccorso»
TRENTO. Nove milioni di euro. Sono le risorse che la giunta provinciale ha messo sul piatto ieri per le assunzioni di medici, infermieri e operatori socio sanitari necessarie a far fronte all nuovo regime orario sul riposo dei medici introdotto con una normativa nazionale. Quanti? Il presidente Ugo Rossi e l’assessore Luca Zeni non hanno voluto indicare numeri: «Sarà l’Azienda sanitaria - hanno spiegato - a definire nel dettaglio le dotazioni di cui c’è bisogno». La gran parte delle risorse sarà destinata ad assumere medici, nei giorni scorsi si è parlato di almeno 50 (su un fabbisogno di 75-80 medici calcolati di fronte all’impatto della nuova disciplina dei riposi). «I concorsi saranno indetti a giorni - ha ribadito ieri l’assessore durante la conferenza stampa al termine della seduta di giunta - e riguarderanno soprattutto gli ospedali delle valli che sono più in difficoltà, visti i numeri, a gestire i turni, in modo da ripristinare la loro piena funzionalità nel più breve tempo possibile». Si arriverà verosimilmente alla prossima primavera, fino ad allora si andrà avanti con la riorganizzazione entrata in vigore mercoledì e che prevede che in notturna (dopo le 20) i codici rossi che richiedono l’anestesista e i parti vengano dirottati sugli ospedali di Trento, Rovereto e Cles. Un assetto che sta suscitando forti polemiche.
I numeri. Secondo la Fp Cgil il fabbisogno di tecnici di laboratorio, infermieri, tecnici di radiologia, Oss, fisioterapisti, ostetriche e puericultrici è di almeno 140 persone, a cui andrebbe aggiunto personale amministrativo. E 70 -80 nuovi medici, in particolare pediatri anestesisti e ginecologi. Solo a Trento mancano 2 ginecologi, 1 ortopedico, 2 neurochirurghi, 2 neonatologi, 9 ostetriche, 18 infermieri e 6 Oss.
Bandi, si cambia. Il problema principale riguarda la difficoltà di reperire medici disponibili a lavorare nei piccoli ospedali di periferia, Borgo, Tione, Cavalese, Arco e Cles. «Il tema esiste - ammette Zeni - e si somma alla difficoltà nazionale a reperire alcune figure, in particolare anestesisti e pediatri». Fino a oggi i bandi hanno previsto la possibilità di indicare le preferenze di sede ed è accaduto che medici assegnati a sedi di valle abbiano rinunciato. La riprova è il bando che si chiuderà a giorni per 17 posti da anestesista: 7 assunzioni riguardano medici già in servizio e solo 2 dei 10 nuovi sarebbero disposti ad andare negli ospedali periferici. «Abbiamo dato indicazione all’Azienda di adottare le modalità più idonee per superare questa difficoltà», spiega l’assessore. In sostanza significa due possibilità. Quella di bandi ospedale per ospedale, come ha indicato lo stesso Zeni, «in modo che sia chiaro fin dall’inizio che uno andrà a lavorare a Tione piuttosto che a Cavalese». E quella di un bando per l’ospedale S.Chiara in cui sia prevista una maggiore mobilità del personale, che oggi può essere spostato solo per emergenze. E se non dovessero esserci sufficienti candidati a coprire il fabbisogno? O, in alternativa, venga assunto in periferia chi non trova di meglio? Irritato il governatore: «È un errore grave far passare l’idea che chi lavora negli ospedali di valle sia personale di serie B, è un fatto smentito dai dati di salute , in particolare nel settore materno-infantile». E sulla «fuga» di professionisti, negli ultimi tempi quattro ortopedici soprattutto a Rovereto, Rossi dice: «I professionisti fanno le loro scelte, per quattro che se ne vanno ne arrivano altri quattro altrettanto bravi».
Punti nascita, pronta la domanda di deroga. Il futuro delle sale di parto di periferia resta il tema caldo, con molte voci critiche (tra i medici innanzitutto, come il presidente dell’Ordine Marco Ioppi e il rappresentante degli anestesisti Alberto Mattedi) sul funzionamento a metà (12 ore al giorno) deciso da assessorato e Azienda. «Alle donne viene garantita piena sicurezza - ha ripetuto ieri Zeni - primo perché a un parto in corso in nessun caso viene interrotta l’assistenza, secondo perché il S.Chiara è assolutamente organizzato per gestire 300 parti in più (tanti sono quelli notturni in un anno tra Tione, Cavalese e Arco, ndr). Sarebbe stato insensato chiuderli mentre chiediamo una deroga al ministero per tenerli aperti». Rossi e Zeni confermano: la giunta andrà avanti e entro metà dicembre predisporrà, insieme alla Provincia di Bolzano, la domanda di deroga per i punti nascita sotto i 500 parti all’anno: «Sarà un comitato tecnico nazionale a dirci se la sicurezza c’è e noi accetteremo la decisione». Il governatore la spiega così: «Descriveremo il nostro contesto, le distanze e i dati su parti cesarei e mortalità neonatale più bassi d’Europa, e dovremo dimostrare che possiamo garantire una formazione e una mobilità del personale tale da assicurare un parto in sicurezza. Possiamo contare sull’elisoccorso notturno e la culla per il trasporto in elicottero, e in 15-18 minuti portare il neonatologo nell’ospedale di valle».
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