«C’è un piano per migliorare il Centro»
La Spada (Cinformi): il potenziamento dei servizi a Marco è previsto. L’assessore Zeni: situazione non facile, stiamo lavorando
ROVERETO . La protesta sembra rientrata, almeno per il momento. Ieri i 234 richiedenti asilo ospiti del Centro di prima accoglienza all’ex polveriera di Marco parevano tranquillizzati dalle spiegazioni fornite loro dal Cinformi. «Comprendiamo il loro disagio per l’oggettiva situazione di lunga permanenza al campo di Marco, che è dimensionato per un soggiorno di breve periodo - spiega Pierluigi La Spada del Cinformi - mentre in alcuni casi si protrae da un anno e qualche mese, abbracciando così due inverni. Sappiamo che passare la stagione più fredda in un container non è il massimo del comfort, ma non abbiamo mai nascosto che questa sistemazione possa funzionare solo per permanenze brevi». Il problema dipende in massima parte dalla difficoltà nel reperire appartamenti in cui insediare piccoli gruppi di richiedenti asilo e al tempo stesso ridurre la densità di popolazione del Centro di Marco. In un paio d’anni, aggiunge La Spada, sono stati trovati circa duecento alloggi, dove i migranti sono stati trasferiti in ragione di quattro o cinque per appartamento, a seconda delle metrature e dei servizi disponibili. «Non mi pare un cattivo risultato. Certo, la situazione andrà a normalizzarsi ma un po’ per volta, mano a mano che troviamo alloggi di cui disporre». Resta però il fatto che non si tratta di una vera e propria “casa”, ma di strutture che vengono presidiate 24 ore al giorno (con conseguenti costi), in cui gli stranieri possono soggiornare solo per limitati periodo di tempo: una volta terminato il ciclo della cosiddetta “seconda accoglienza”, il migrante a cui sia stato riconosciuto il diritto a beneficiare della protezione internazionale deve iniziare a “camminare sulle proprie gambe”. Ovvero trovare un lavoro e un alloggio, in maniera autonoma. «Gli operatori del Centro di Marco - spiega l’assessore provinciale alla sanità Luca Zeni - fanno tutto quello che possono e si devono arrangiare con le risorse che arrivano dallo Stato. Trovarsi in tanti a condividere uno stesso spazio non è semplice, ma le opportunità per rendere proficuo questo particolare momento ci sono. Erano già previste migliorie, alle quali stiamo dando corso, in modo compatibile con le risorse che abbiamo». La situazione di difficoltà, anche per semplici e banali cose come una doccia (dopo due docce, lamentano i migranti, finisce l’acqua calda dei boiler e tocca aspettare che si riempia di nuovo), è ben nota al Cinformi. «La protesta di mercoledì - spiega La Spada - non ha imposto alcuna accelerazione: i lavori erano già previsti e riguardano anche il potenziamento dei servizi igienici. Sarebbe sbagliato però pensare di rimediare aggiungendo container a quelli già attivi. Così si aumenterebbero solo i posti letto. Noi dobbiamo invece svuotare quei container che oggi ospitano fino a 12 persone, in modo che lo spazio personale aumenti. Per farlo, bisogna trasferire chi ne ha titolo in appartamento, con precedenza a chi è qui da più tempo. Entro febbraio dovremmo riuscire a collocare tra le 20 e le 30 persone in alloggi». Entrare in un alloggio, per il migrante, significa accedere al percorso della seconda accoglienza, che prevede l’inserimento lavorativo, l’approfondimento della conoscenza della lingua, e rappresenta un passo importante verso l’integrazione. «Conosciamo bene molte delle problematiche che gli ospiti ci hanno esposto nel corso della loro protesta - aggiunge La Spada - e esiste un piano di migliorie da apportare alle infrastrutture del campo che va portato avanti, di pari passo con i finanziamenti». Sulla protesta in sé, La Spada commenta: «Protestare è legittimo, gli ospiti hanno gli strumenti e il modo per lamentare le proprie richieste a chi gestisce il campo». Sulla “libertà” richiesta però, La Spada è più freddo. «Nessuno è prigioniero qui» conclude.
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