Quando siete felici fateci caso (disse lo zio di Vonnegut)
Quando siete felici, fateci caso. È il titolo di un libro, ma è anche un ottimo consiglio. L’ha detto in più occasioni Kurt Vonnegut - scrittore americano - citando suo zio Alex.
Lo zio di Kurt Vonnegut era un assicuratore che aveva tra le sue capacità, quella di sedersi all'ombra di un albero durante un pomeriggio estivo, bere una limonata e dire: cosa c’è di più bello di questo? Il fatto è che siamo bravissimi a riconoscere l’infelicità, ma non altrettanto a cogliere i momenti di benessere di cui siamo protagonisti. Aveva ragione quell’artista francese: “La felicità è il silenzio dell'infelicità”. Che è molto di più di una frase da Baci Perugina.
Se la felicità è silenzio, deve essere qualcosa di diverso dall’allegria, dalla gioia e dall’euforia, che sono stati d’animo piuttosto rumorosi e ben riconoscibili. Vado indietro nel tempo di almeno trent’anni e ripesco nella memoria il ricordo antico e un po’ sbiadito di un prato di montagna falciato, del fieno raccolto appena in tempo prima dell’arrivo del temporale e di noi, al riparo dalla pioggia, sulla terrazza del tabià, che tagliamo un’anguria, perché è così che si chiamano i cocomeri da quelle parti. Un lavoro ben fatto, un pericolo scampato e qualcosa da condividere: ci sono tutti gli ingredienti per essere felici.
In questo mondo occidentale in cui gli oggetti fanno concorrenza alle persone, consideriamo per lo più due grandi strade che pensiamo conducano alla felicità: fare soldi a palate oppure fare qualcosa per gli altri. Per quanto mi riguarda, la prima ipotesi appare ormai esclusa poiché mi occupo di cose non particolarmente redditizie, come scrivere sul giornale. Con l’aggravante che lo farei pure gratis, ma non è necessario spargere la voce. Quanto alla seconda ipotesi, fare qualcosa per gli altri, il rischio è quello di concentrarsi sempre su noi stessi (e sui pochi che ci stanno attorno) anche quando crediamo di agire per il prossimo.
Impegnati - come siamo - nell'indicare ai nostri figli la strada verso il successo e nel fornire loro gli strumenti indispensabili per essere vincenti (ambizione, coraggio, determinazione per non dire dell’altro che a volte è indispensabile...) ci dimentichiamo di insegnare loro un’altra cosa: a volte chi vince, perde. Come accade in quel film (“Al di là dei sogni”) in cui si parla (nientemeno che) di vita, morte, amore, depressione, inferno e paradiso. Perché la via verso la felicità può passare anche attraverso una sconfitta: chi perde, vince.
L’importante - che sia una limonata, un’anguria durante il temporale, un traguardo ambizioso o il sorriso di tuo figlio - è sempre farci caso. Perché, come diceva lo zio di Kurt Vonnegut, essere felici e non rendersene conto è uno spreco imperdonabile.