«Promuovere cultura per salvaguardare le nostre montagne» 

L’intervista. L’antropologo Annibale Salsa sarà ospite di Little Fun Palace Nomadic School «Il forte interesse attorno alla montagna, ci ha fatto dimenticare le sue regole e la sua sacralità Oggi spingiamo per l’annullamento di ogni tipo di limite: serve una comunicazione più corretta»


Katja Casagranda


Trento. Si apre al pubblico Little Fun Palace Nomadic School in Alpeggio, che, dal 27 al 30 agosto, propone alle Viote di Monte Bondone una scuola estiva e formativa a cura di OHT, Office for a Human Theatre, attraverso nuove pratiche dell’apprendimento nell’ambito delle arti performative. Al centro della riflessione la domanda “Come lo spazio produce realtà?” nel particolare riferimento allo spazio scenico in relazione agli spazi naturali e urbani, in un confronto dialogico tra teatro e attivismo ambientale. Ruotando attorno all’installazione firmata da OHT di Little Fun Palace, una roulotte ossia uno spazio multifunzionale che si immerge nello spazio alpino, la quattro giorni per 12 selezionati partecipanti propone anche un cartellone di eventi aperti a tutto il pubblico. Ecco che sui prati delle Viote di Monte Bondone sono organizzati due appuntamenti su prenotazione a info@oht.tn.it oppure 3209618281, e poi un terzo appuntamento con l’installazione realizzata dal musicista e sound-designer Attila Faravelli con il sound-artist giapponese Seiji Morimoto: 30 Meters Strecht che permette di vedere e sentire gli andamenti del vento e delle correnti d’aria grazie a un oggetto che costituisce una sorta di “grado zero” dell’arpa eolica. Il 29 e poi in replica il 30 agosto, ogni 30 minuti, dalle 16 alle ore 22, l’artista performativo norvegese Mette Edvardsen propone per uno spettatore alla volta il suo Time has fallen asleep in the afternoon sunshine. Il 30 agosto invece il pubblico potrà incontrare a Terrazza delle Stelle ore 17 l’antropologo e studioso di cultura alpina Annibale Salsa. Lo studioso propone un incontro dal titolo “Il paesaggio come cerniera”. Di questo e molto altro è lo stesso esperto e studioso che racconta anticipando alcuni temi caldi che proporrà al pubblico.

Come nasce questa sua collaborazione con OHT e il Little Fun Palace Nomadic School in Alpeggio?

Sono stato coinvolto per i miei studi su paesaggio e montagna, argomenti che sono quelli dell’evento di cui sono ospite. Ho una lunga esperienza in ambito di montagna in quanto sono presidente del Comitato scientifico tsm-step Scuola per il Governo del Territorio e del Paesaggio e me ne sono occupato anche come studio di una vita e per altri incarichi.

Vuole anticipare alcuni punti dell’incontro di domenica?

Parto da un concetto che la montagna è un contesto generale di cui l’uomo ha mostrato quest’anno un interesse inaspettato. Il tema della montagna lo affronto indicandole come “cerniera” e non “barriera”. Una cerniera culturale e umana . Ho dedicato la mia vita allo studio di tutto l’Arco Alpino da nord a sud e da ovest ad est di cui le Alpi trentine sono una parte. Montagne con caratteristiche morfologiche differenti che quindi hanno sviluppato un’antropizzazione differente. È sbagliato dare una definizione nazionale ad una catena montuosa perché esse sono una entità sovranazionale che si staglia dalla Liguria al Friuli e non crea confini ma una cerniera. E questa definizione è fondamentale da capire per interpretare la montagna.

Queste differenze morfologiche che impatto hanno?

Hanno caratterizzato uno sfruttamento della vegetazione in cui si sono evidenziate differenze, sebbene un filo rosso corre e lega tutta la montagna. Una cultura simile, una civilizzazione culturale alpina che prescinde la morfologia.

Montagne che erano antropizzate fino dagli albori dell’umanità?

Erroneamente abbiamo questa idea che nel passato non si viaggiasse, invece gli antichi e nel passato ci si muoveva più di ora, più lentamente e magari in base alle stagioni, ma la montagna era più antropizzata di oggi. Tutti i sentieri e le vie erano in quota per un motivo di sicurezza. Pianure e valli erano difficili da attraversare per la fitta vegetazione e i pericoli legati agli animali, in quota invece sui pendii avevi visuale, potevi orientarti quindi e poi eri più sicuro. Si è rovesciato per assurdo il paradigma sociale moderno. Ci sono tracce di insediamenti in ogni epoca, basti pensare per esempio alle “regole” medievali. Ci sono troppi falsi miti legati alle Alpi e alle montagne.

Per esempio?

Che la montagna sia naturale. I prati d’alpeggio sono frutto di lavoro per permettere la cura del bestiame. Questo è un tema che va affrontato perché nel 2000 tanti ragazzi sono tornati ad abitare la montagna e si è visto un ritorno allo sviluppo di un bene prezioso. Oggi il turismo di massa non ha rispetto per questo lavoro. Per esempio calpestando i prati da sfalcio. Va fatta cultura della montagna altrimenti va perso un patrimonio.

Eppure cronaca di questi giorni l’assalto alla montagna, cosa ne pensa?

Che la montagna è stata vista come il rifugio migliore per il turismo di prossimità geografico e di distanziamento sociale in seguito a questo virus. Tuttavia la montagna ha una sua sacralità, che è la cultura del limite e il rispetto per le sue regole. Invece oggi c’è lo spot all’annullamento di ogni limite.

Quindi dove stiamo andando?

Si deve fare cultura e comunicazione e si deve salvaguardare chi è tornato in montagna per preservare le sue risorse. Quindi si deve fare anche un ragionamento concreto sui grandi carnivori. Non c’è convivenza fra uomo, alpicoltore e artigiano della montagna, e grandi carnivori, o l’uno o l’altro. Invece c’è un sacco di idealismo che cozza con la realtà, idee astratte e anche dietrologia, in buona fede ma anche no in alcuni casi.













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