«Noi siamo la nostra musica,  e c’è bisogno di autenticità» 

Il leader della PFM: «Entrare in classifica facendo canzonette non è la nostra filosofia» La mitica Premiata Forneria Marconi stasera in concerto all’ Auditorium Santa Chiara


di Katja Casagranda


Sull’onda del successo di un tour da sold out e dell’ultimo lavoro discografico “Emotional Tattoos”, arriva staasera, giovedì 23 novembre, ore 21 in Auditorium Santa Chiara di Trento la PFM. Un concerto che sta andando verso il tutto esaurito. Come sempre anima della band - nonché uno dei fondatori della stessa Premiata Forneria Marconi - è il batterista e cantante Franz di Cioccio. L’ abbiamo intervistato.

A Trento il vostro è un ritorno, ma com’è tornare a suonare sullo stesso palco, che sia a Trento o in altre località non fa molta differenza, per proporre qualcosa di nuovo?

«Io sono sempre contento di tornare in posti che conosco, come il resto della band. Il concerto si divide in pezzi storici a cui alterniamo momenti in cui proponiamoquelli nuovi, alternati a loro volta ai brani giovanili fondamentali, o a quelli nati in Inghilterra o in America. L’ accoglienza finora è stata positiva. A Torino e Genova abbiamo registrato il sold out e questo ci fa ben sperare».

Un ritorno dopo quattordici anni con “Emotional Tattoos”: quale significato ha questo titolo?

«In effetti è un titolo che incuriosisce e quello che sottintende è il fatto che viviamo grandi emozioni, luoghi e situazioni bellissime, natura ed arte che ci colpiscono e che quindi ci rimangono addosso o dentro. Come non potresti non rimanere colpito di fronte all’ “Urlo” di Munch, o a brani come “Sergent Pepper” o “Love Suprime”? Questi sono i tatuaggi emozionali! Il nostro motto è stato, ed è, di fare solo musica che sia veramente specchio di ciò che siamo e non di ciò che sarebbe comodo sembrare. Abbiamo spaziato nei generi e indagato in diverse direzioni. Ora vogliamo raccontare ciò che abbiamo visto e cosa stiamo vedendo. È un disco a cui è stata data grande importanza alla simbiosi tra testi e musica. Una sorta di nuova vita, un viaggio, e la copertina del disco lo rappresenta. Siamo io e Patrick in viaggio su una nave spaziale verso questo nuovo mondo. Chiediamo al pubblico di entrare in questo mondo dove ciascuno si assuma le proprie responsabilità, in cui ciascuno sia consapevole di essere il primo tassello della propria crescita. Un’analisi dei tempi. Una preghiera laica di rispetto verso la natura, l’ ambiente, se stessi e gli altri. Tornare a parlarsi, dialogare e fare gruppo. Se sei solo sei un utopista ma se la tua visione è condivisa puoi fare la differenza ed iniziare a cambiare ciò che non va bene. E credo che di cose da cambiare oggi ce ne siano davvero tante. La prima canzone dell’album è una Suite di sette minuti e 20 secondi che parte da zero e finisce in uno sfogo epico, un pezzo che è un bellissimo tatuaggio. Nell’album si chiede di confrontarsi con il mondo animale e vegetale, gli animali sono l’ultima poesia che ci rimane e la natura e il pianeta terra è l’unico che abbiamo e lo abbiamo in prestito. Troppo spesso ce ne dimentichiamo».

Cantate una presa di coscienza.

«Bisogna tornare in piazza, ma non con le barricate degli anni ’70, piuttosto in modo consapevole e pensato, perché abbiamo i mezzi per farci sentire, che non sono quelli della violenza e partono dal basso, dai gesti e dalle decisioni di ogni giorno».

La PFM è stata l’assioma del prog rock tanto da aver portato la musica italiana nel mondo. Che evoluzione ha avuto questo genere?

«Ci siamo dilettati con la classica e con il jazz che per molti versi sono generi affini al nostro. Siamo stati apprezzati in Inghilterra e in America perché avevamo introdotto nel rock le improvvisazioni musicali, che nessuno faceva. Questo è il nostro biglietto da visita che rende ogni nostro concerto unico e diverso anche oggi. Tuttavia frequentando altri mondi come New York ed artisti mondiali come Frank Zappa e molti altri, abbiamo poi portato in Italia suoni che qui non erano arrivati. Ma abbiamo sempre fatto solo ciò che ci piaceva e divertiva anche quando eravamo fuori dai canoni comuni. D’ altronde la musica è questo. Se vuoi entrare in classifica allora fai le canzonette che ti dicono di fare, ma se vuoi fare la differenza, allora devi suonare chi sei veramente e se piaci e ne sei all’altezza allora fai la storia e rimani».

Fare musica è quindi mettersi a nudo.

«È pagare le proprie scelte, cosa che noi abbiamo sempre fatto ma siamo anche stati al cinquantesimo posto tra i top cento di tutti i tempi nelle classifica di settore. Amiamo sperimentare e infatti il disco chiude con il pezzo in cui è ospite Stefano Bollani che appunto titola Big Bang, l’esplosione primordiale da cui tutto ebbe inizio. La musica è un linguaggio potente che supera le barriere e questo è “Emotional Tottoos”».













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