La questione altoatesina nei dibattiti parlamentari 

Con «Dibattiti e dinamite» Maurizio Ferrandi riprende il discorso sul tema Il confronto a Londra e Vienna, il discorso fiume di Almirante e l’ok di Andreotti



BOLZANO. Oggi alle ore 18, al Centro Trevi di Bolzano, in via Cappuccini, verrà presentato, dal direttore del giornale Alto Adige Alberto Faustini, il volume "Dibattiti e dinamite - storia parlamentare della questione altoatesina, volume secondo- 1945 - 1992". Alphabeta editore.

Nel 1945, in un’Europa devastata dalla guerra, la questione altoatesina riprende ad essere al centro del dibattito politico, anche nelle aule parlamentari, in Italia e in Austria, rimaste mute per troppi anni sotto il peso delle dittature. Riprende, con queste voci, anche il racconto che Maurizio Ferrandi aveva fatto della questione altoatesina nella prima parte del secolo, racchiuso nel volume "Al Brennero ci siamo e ci resteremo" e interrotto, per l'appunto, allo scoppio del secondo conflitto mondiale.

Questa volta la narrazione tocca gli avvenimenti più vicini a noi nel tempo, quelli che hanno portato alla creazione della seconda autonomia attualmente in vigore, quelli che fanno parte del bagaglio di ricordi, ma anche della visione politica che viene praticata ai giorni nostri.

Il racconto tocca gli anni della difficile ripresa postbellica, con l'ipoteca posta dalle potenze vincitrici sul confine del Brennero, poi risolta a favore dell'Italia durante la conferenza di pace di Parigi, da cui scaturisce l'Accordo Degasperi Gruber. Non stupisce più di tanto, quindi, che il Parlamento nel quale più si discute di Alto Adige nel 1946 sia quello inglese, con i grandi politici dell'epoca, da Winston Churchill a Harold McMillan, pronti a battersi, senza fortuna, per un ritorno della minoranza sudtirolese nel seno della madre patria austriaca.

Sono i segni di un'internazionalità della vicenda che, non senza l'aspra opposizione dell'Italia, finisce per approdare, quando ormai la crisi della prima autonomia si è compiuta, davanti ad un altro parlamento che non si riunisce né a Roma né a Vienna. Di Alto Adige si dibatte, all'inizio degli anni 60 all'Onu ed è interessante osservare come la vicenda altoatesina viene calata nella realtà politica di un mondo che sta rapidamente cambiando.

In quegli stessi anni matura però, assieme all'aspro conflitto politico tra Roma, Bolzano e Vienna anche un'altra inquietante realtà. Le notti altoatesine sono sempre più punteggiate dallo scoppio delle bombe che diverranno progressivamente il contrappunto ai difficili tentativi di trovare una soluzione politica. La logica folle di chi vuol trascinare la terra tra Salorno e il Brennero in una spirale di guerra civile, di miseria, di odio e di violenza si oppone in maniera diretta e brutale a chi invece si sforza di recuperare, sfuggendo ai ricatti degli estremisti dell'una e dell'altra parte, i motivi di un'intesa complicata. È l'epoca dei grandi dibattiti sull'Alto Adige nelle aule parlamentari di Roma. Il libro segue, passo per passo, il difficile iter delle leggi che, all'inizio degli anni 70, dopo la sofferta approvazione da parte della Suedtiroler Volkspartei, vanno a comporre il quadro giuridico del nuovo Statuto, un cammino lungo, pieno di insidie, ostacolato passo passo dall'ostruzionismo della destra italiana, con il celebre discorso di oltre nove ore pronunciato, nel gennaio del 1971, alla Camera, da Giorgio Almirante. Ma anche a Vienna non mancano le difficoltà. Il "pacchetto" viene approvato dal Nationalrat con i soli voti dell'Svp e di strettissima misura.

Poi la lunga fase dell'attuazione con la dura contestazione, anche da parte della Nuova Sinistra, di istituti fondamentali come il censimento etnico. Ancora fuoco e fiamme di polemiche aspre nell'aula della Camera, nell'autunno del 1981, mentre in piazza Montecitorio sono state allestite le gabbie con le quali Alexander Langer e gli altri "alternativi" vogliono indicare il destino di un Alto Adige perennemente basato sulla divisione e la contrapposizione etnica.

Alla fine però il percorso si compie. Aldo Moro, che lo aveva elaborato e pensato politicamente, è già caduto sotto i colpi dei brigatisti, quando Giulio Andreotti, come suggello all'ultimo giorno della prima Repubblica dichiara chiusa la fase di attuazione dell'autonomia, condizione essenziale per la definizione della vertenza internazionale. I parlamenti, a Roma e Vienna, prendono atto che un percorso è stato compiuto. Da quel momento inizia un'altra vicenda politica che si gioca su altri terreni e con altri protagonisti.













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