L’intelligenza artificiale con Andrea Brunello è già operativa a teatro
L’autore-attore-ricercatore racconta il lavoro «Noi robot» «La commistione umani-macchine sarà sempre più forte»
In scena i due personaggi ci portano al dilemma: che relazione esiste fra macchine dotate di intelligenza e persino creatività, ma prive di dolore, di autentica umanità, e noi umani? Le macchine avranno dei diritti da noi riconosciuti? Cosa significa essere umani dunque? Dove porremo i limiti in questa relazione inedita tra umani e macchine superdotate? “Noi robot” è il nuovo spettacolo del trentino laboratorio Jet Propulsion Theatre, della compagnia Arditodesìo, che dopo la prima a Milano nei giorni scorsi, al Festival del teatro scientifico ScienzainScena Atto1, approderà a teatro a Trento praticamente fra un mese, il 25 febbraio. Lo spettacolo sarà parte del programma dell’attesa seconda edizione del «Teatro della meraviglia», la kermesse di teatro della scienza che ha fatto sold-out lo scorso anno, portando in sala anche moltissimi bambini e ragazzini.
Sul palco i protagonisti sono una ricercatrice nel campo dell’intelligenza artificiale e un astrofisico di fama mondiale. Il dialogo è divertente, scorre su un piano scientifico e filosofico. Al centro del lavoro teatrale c’è la brillantezza della mente umana. Forse, non solo. Infatti, la scena teatrale metterà tutto in discussione, portando gli spettatori verso il «più vasto e complesso dei Test di Turing», come spiega la compagnia nella presentazione del lavoro. Il test di Turing è quello che in teoria dovrebbe distinguere un umano da una macchina.
I testi e l’idea sono di Andrea Brunello, strutturati in forma teatrale in collaborazione con il Laboratorio di comunicazione delle scienze fisiche del Dipartimento di fisica dell’ Università degli Studi di Trento. Brunello è in scena insieme a Laura Anzani, per la regia di Chiara Benedetti e Brunello stesso, con la consulenza musicale di Enrico Merlin.
L’autore come noto prima di diventare teatrante è stato fisico e ricercatore, ha già scritto lavori teatrali di successo esplorando profonde questioni scientifiche (e dunque filosofiche, tanto da avere la consulenza in questo campo di Enrico Piergiacomi anche per questo spettacolo). Il fisico-attore-teatrante Brunello per scrivere questa pièce, oltre ad aver studiato molto materiale come fa sempre in questi casi, essersi confrontato con esperti della materia, ha attinto idee, problemi, dilemmi, suggestioni dall’immenso immaginario letterario di Isaac Asimov, lo scrittore bielorusso, naturalizzato statunitense, di fantascienza più celebre della storia, divulgatore sicentifico di rango e professore universitario di chimica. Asimov ai robot e all’intelligenza artificiale ha dedicato pagine memorabili e notevolmente attuali nei suoi quasi 500 testi. In particolare lo spettacolo si ispira anche al suo racconto “L’uomo bicentenario”, uscito nel 1976 in occasione dei duecento anni dalla dichiarazione d’indipendenza degli Usa. Abbiamo raggiunto Andrea Brunello dopo la prima milanese, svoltasi a Pacta dei Teatri, che ha riscontrato un incoraggiante successo.
Brunello, come nasce e in quale prospettiva ci pone “Noi, robot?”
«Nasce dal mio desiderio di raccontare dove sta andando l’intelligenza artificiale, che oggi è un tema caldissimo. La commistione fra umani e macchine è e sarà sempre più forte, profonda. Basta pensare al ruolo di Google Translate, forse oggi ancora sottovalutato: immagino un tempo non troppo lontano in cui non dovremo più imparare le altre lingue, magari avremo un chip sottocute che tradurrà per noi in qualsiasi lingua. Abbiamo tantissimo da imparare e da inventare. Dobbiamo smettere di avere paura del nostro futuro, e dobbiamo imparare a controllare le innovazioni tecnologiche, ad accoglierle senza farcene manipolare. Dobbiamo continuare ad avere fiducia nell’essere umano. A Milano abbiamo assistito al desiderio di spettatori di tornare a rivedere lo spettacolo, per riflettere ancora sulle profonde questioni poste sul palco».
Qui si tratta insomma una questione fondamentale, si va all’essenza dell’essere umano. C’è più filosofia o più linguaggio, al cuore di questo modo di riflettere attraverso il teatro?
«Domanda interessante: direi che siano entrambi essenziali. Il teatro si nutre di contenuti filosofici per poi svilupparli nel suo linguaggio caratteristico. Infatti io per questi spettacoli mi avvalgo anche della consulenza del filosofo Enrico Piergiacomi».
Sull’intelligenza artificiale è più efficace il cinema (film ne conosciao moltissimi) o il teatro?
«A teatro facciamo cose diverse, con meno effetti speciali che al cinema, soprattutto noi delle compagnie più piccole e meno ricche. A me piace la connessione con il pubblico, dal silenzio agli applausi in presa diretta capisco cosa sta provando, quanto riesco a coinvolgerlo. Diciamo che noi pensiamo che sia necessario allontanarsi dall’intrattenimento: ne vediamo troppo nel nostro tempo».
Possiamo dire che da “Noi, robot” esce un messaggio di speranza, positivo?
«Possiamo dirlo sì, perché è l’intento del testo. Troppe persone pensano di farsi manipolare dalla tecnica, o ne diffidano o la sottovalutano. Serve appunto la fiducia di restare umani».
Infine, torniamo al futuro del teatro: prosegue il lavoro per creare una rete del teatro italiano che tratta di scienza, di cui si parlava al debutto del Teatro della Meraviglia, a Trento?
«Ci stiamo provando, riscontriamo tanto interesse. Sappiamo che di questi tempi non è facile trovare risorse e spazi».
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