«Così mio padre Bettino disse no agli Stati Uniti»

Stefania Craxi: pagina di lungimiranza politica con una lezione attualissima per l’Italia di oggi


di Paolo Morando


di Paolo Morando

Si considera (parole sue) «il cane da guardia della mia famiglia». Per questo l’intervista a Stefania Craxi che leggerete non tocca alcuno dei nervi scoperti della memoria del padre Bettino, da Tangentopoli ad Hammamet: su quella che lei chiama «persecuzione giudiziaria» il giudizio rimane dunque affidato al lettore, benché l’ex deputata, come vedrete, non sia una che le manda a dire. Ma d’altra parte il suo profilo pubblico è noto. Qui invece il focus vuole essere un altro. Ed è legato a una pagina di storia italiana che anche gli accademici leggono in maniera univoca: la notte di Sigonella. Quella del braccio di ferro tra il governo italiano, il pentapartito presieduto appunto dall’allora leader del Partito socialista, e l’alleato a cui è sempre stato complicato dire no: gli Stati Uniti d’America. In quel momento (ottobre 1985) per giunta guidati da un Ronald Reagan all’apice della propria leadership.

Che cosa racconta il libro che presenterà a Trento?

Si tratta di un’importante documentazione scientifica per chi vuole ricostruire la storia: è un racconto in prima persona, con scritti e discorsi di mio padre, corredato da materiali dell’archivio Craxi e della parte italiana di quello di Andreotti. E poi, per la prima volta, documenti declassificati della “virtual room” del Dipartimento di Stato Usa. Da cui si evince che dopo la crisi gli americani riconosceranno le ragioni di Craxi.

Lo stesso ambasciatore Maxwell Rabb, in effetti, disse che «la prossima volta sarà bene concordare meglio le azioni con i nostri alleati». Come visse quei giorni la famiglia Craxi?

In famiglia la vita privata non era disgiunta dalla politica: era una signora che sedeva con noi ogni giorno a tavola. Di quei giorni ricordo però un episodio divertente. Mio padre a Roma alloggiava all’hotel Raphael: dopo la liberazione della nave andò a dormire e disse che non voleva essere svegliato per nessun motivo, ordinando di non passargli nessuno al telefono. Poi verso l’una di notte arrivò una chiamata di Michael Ledeen, l’uomo della Cia che traduceva le telefonate di Reagan: «Marcello, passami il presidente». «No, guardi, ho l’ordine di non disturbarlo per nessun motivo». E Leeden: «Se non mando i carabinieri è perché ho Reagan al telefono». Marcello, in dubbio, andò da Craxi e lo sveglio: «Mi spiace, ma c’è al telefono Reagan». «E che vuole?», gli rispose mio padre, convinto com’era che la questione fosse esclusivamente italiana.

Sigonella quindi come risveglio dell’orgoglio nazionale?

Le ragioni di Craxi sono state in generale mistificate. Con Sigonella si è scritta invece una delle migliori pagine della storia italiana. Il primo problema era quello di salvare oltre 500 ostaggi, per via diplomatica e per via politica. E l’orgoglio nazionale pretende che si rispettino le leggi e la sovranità del nostro Paese. È una vicenda di lungimiranza politica con una lezione attualissima: Craxi sottintendeva che l’Italia o riveste un ruolo di supremazia nel Mediterraneo, oppure nello scenario internazionale non ne ha alcuno.

Come crede che avrebbe agito suo padre se fosse stato presidente nei giorni del Cermis?

Craxi avrebbe agito per il bene del Paese, pretendendo il rispetto della nazione e non facendosi problemi di opportunità politica. E non dico altro.

In quei giorni suo padre convinse anche il Pci: forse l’unico caso della sua vita politica.

È vero: quando alla Camera, citando Mazzini, disse che un popolo umiliato e sotto occupazione straniera ha diritto all’uso delle armi, dal Pci e dalle sinistre venne lungamente applaudito.

Non così i repubblicani: il ministro Spadolini si dimise e ne nacque una crisi di governo.

Ma sa che cosa le dico? Che nei tanto vituperati anni ’80, con Craxi presidente del Consiglio, l’Italia divenne la quinta potenza economica al mondo. E allora mi sorge spontanea una domanda: rimproverano a quell’uomo il finanziamento illegale dei partiti, che non aveva inventato lui? La realtà è che allora si combatteva una guerra fredda non convenzionale tra i partiti che volevano tenere legata l’Italia alla democrazia e il Partito comunista più forte dell’Occidente, che voleva un’Italia sotto l’orbita dell’Unione sovietica. Una guerra che si è combattuta con tutte le armi, compreso il finanziamento illecito. Che c’era dall’inizio della Repubblica. E che va distinto dalla corruzione personale, che è un reato. Punto.

Quella di allora non lo era?

Dico che oggi non ci sono più i partiti, quindi i soldi finiscono in altre personalissime tasche.

Torniamo a Sigonella. Come stanno andando le presentazioni del libro? Chi viene? Reduci del Psi o anche giovani?

Intanto esiste ancora una comunità di socialisti: benché con diverse appartenenze politiche, sono tutti figli di quella esperienza. E poi vedo che l’aria è cambiata: vedo molti disposti a ridare a Craxi i suoi meriti, anche da parte di quella sinistra che allora lo applaudì ma che oggi fatica a rileggere criticamente il proprio passato.

Non rimprovera nulla politicamente a suo padre?

Fece un errore tragico nel 1990, quando si poteva andare ad elezioni anticipate, ma non lo fece proprio per non distruggere l’ex Pci, che non era pronto al voto. Diceva che li voleva cambiare, portandoli nell’Internazionale socialista, e attese. Sbagliando. E così gliela fecero pagare cara.

Craxi si è sempre detto uomo di sinistra. Lei invece?

Io non mi ritengo di destra. Ma provo sconcerto per il fatto che ancora oggi la sinistra, o ciò che ne ha preso il posto, non faccia i conti con la propria storia, che è quella del socialismo riformista. Se oggi il centrosinistra ha una crisi d’identità, ecco un buon motivo per parlare dei fatti di ieri, come Sigonella: per chi li vuol sentire, sono fatti che parlano all’oggi.

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