L’intervista

Per Tamara Lambiase è quasi una fede: 40 anni con la Cisl

È roveretana, ha fatto l'insegnante per tutta la vita. Ma nel sindacato è rimasta anche oltre la pensione


Daniele Peretti


ROVERETO. Tamara Lambiase, una vita da insegnante e una fede: il sindacato. Da 40 anni è iscritta alla Cisl e quando è andata in pensione è passata dall'altra parte: sindacalista, diventando segretario della Cisl Pensionati. Una storia di passione o come ama dire «ho uno spiccato senso della giustizia sociale, sarà per questo che mi piace il sindacato»?

Ma sono giustizia sociale le pensioni al di sotto del minimo vitale con anziani che prendono una manciata di euro al mese?
Assolutamente no, ma bisogna fare una premessa. Il sindacato ha solo un ruolo propositivo, delle nostre richieste dovrebbe farsi portavoce un congruo gruppo trasversale di parlamentari: è quello che manca. E si dovrebbero affrontare tutte le problematiche, anche le più scomode.

Che potrebbero essere?
Ad esempio la pensione minima. Diciamolo che tra chi la prende ci sono anche gioiellieri, liberi professionisti o artigiani che hanno sempre versato il minimo, ma che hanno le spalle coperte. Al loro fianco si trovano le casalinghe, chi nella vita ha lavorato poco e situazioni simili: sono loro andrebbero tutelati.

In che modo?
Andando a finanziare l'operazione col taglio delle pensioni d'oro che in Italia non sono poche. Tra queste anche quelle dei parlamentari, e qui tutto si ferma.

Pensioni: come Cisl non avete partecipato alle manifestazioni indette dagli altri sindacati.
Che sono state un clamoroso autogol per la scarsissima partecipazione. Talvolta è meglio evitare di contarsi.

Ma se a livello nazionale è tutto fermo, non ci si potrebbe muovere a livello locale accordandosi ad esempio con Itea per dare una casa a chi ha lavorato una vita?
Sono mesi che chiediamo un incontro sia con Itea che con l'Azienda Sanitaria per trattare queste problematiche, ma nessuno ci prende in considerazione. La Giunta Fugatti non ha fatto saltare nessuna trattativa, ma di fatto non si confronta a nessun livello.

Lei dopo il diploma si è diplomata in Pedagogia e poi specializzata nell'insegnamento ai bambini con ritardo cognitivo.
Ero una delle poche specializzate in Italia, tant'è che entrai in ruolo in poco tempo. Poi ho sempre insegnato tranne un quadriennio per il quale il Ministero mi diede un incarico di psicopedagogista in un progetto sperimentale di formazione degli insegnanti.

Esperienza positiva?
Non troppo, l'allora provveditore Ianeselli non approvava l'idea e non è mai stato un facilitatore. Dovevo seguire quattro scuole roveretane e ho potuto toccare con mano il problema generazionale.

Spieghi.
A Rovereto specialmente le Tartarotti e le Regina Elena erano considerate punti d'arrivo al culmine della carriera. Le chiamavo le riserve dei dinosauri perché c'erano insegnanti ben poco propensi all'aggiornamento che proponevo. Al contrario in periferia, Noriglio e Marco, lavoravo con insegnanti più giovani e disponibili.

Un ricordo di quel periodo?
Quando il primo giorno di scuola arrivò in classe una mamma e si presentò: "sono Anna, una sua ex scolara, questa è mia figlia". In un attimo mi sono sentita vecchia, ma anche lusingata.

Al sindacato quando si è avvicinata.
Iscritta sin dal 1983. Poi con gli anni mi sono sempre più avvicinata. Sono stata responsabile dello sportello di Consulenza a Rovereto, poi sono entrata nel settore scuola e una volta in pensione ho iniziato ad impegnarmi nella mia nuova categoria della quale sono segretaria dal 2017.

L'impegno sindacale è diverso?
Decisamente. Consideriamo che come sindacato lavoratori seguivo 4 mila insegnanti, mentre per i pensionati si tratta di una federazione di tutte le categorie con problematiche del tutto diverse.

All'atto pratico, cosa fate?
Iniziamo con la gestione della pratica di richiesta pensione che una volta completata passiamo al nostro patronato Inas. Le maggiori richieste sono per i bonus, gli aiuti per le bollette, ma anche per la reversibilità.

Quali sono i problemi più sentiti?
Partiamo dalla solitudine. Per contrastarla è utile perfino il nostro notiziario, tale è il senso di abbandono di molti anziani. C'è il problema della sanità dove col problema dei medici di base che non visitano a domicilio e delle eterne liste d'attesa, c'è quello dell'accoglienza al Pronto Soccorso: abbiamo allo studio un progetto con l'ospedale di Rovereto.

Qualche anticipazione?
Spesso l'anziano è solo, specialmente in questo periodo di pandemia. Può essere accompagnato, ma deve entrare in ambulatorio da solo e questo è un problema per tutti, ma specialmente per chi non ha il pieno controllo di se stesso. L'obiettivo è quello di formare degli operatori volontari che lo prendano in carico per tutto il periodo di sosta al Pronto Soccorso lasciandolo unicamente o alle dimissioni oppure al trasferimento in reparto.













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