Dalla psicologia all’alta moda: «Non è facile vendere desideri»
Isabella Giovannardi, trentina, si è laureata in psicologia del lavoro a Padova, vive a Varese e lavora nel settore dell’alta moda in Svizzera
TRENTO. Isabella Giovannardi, trentina, si è laureata in psicologia del lavoro a Padova, vive a Varese e lavora nel settore dell’alta moda in Svizzera.
È cresciuta a Trento, mi racconta il suo percorso scolastico?
Dopo le medie alle Bresadola, ho frequentato il liceo scientifico Da Vinci con indirizzo linguistico, percorso molto importante per me, perché ho capito che la lingua inglese era fondamentale e che volevo e dovevo impararla sempre meglio.
Dove ha frequentato l’Università? E quale Facoltà?
Durante gli ultimi anni di Liceo, avevo maturato l’idea di frequentare Psicologia e di fare l’esperienza di studio fuori Trento, un’esperienza diversa, un mettermi in gioco lontana da casa. Quindi ho seguito il corso di laurea in psicologia del lavoro presso l’Università di Padova, perché la psicologia mi appassionava, ma tra tutte le sue materie, ciò che mi attirava era l’applicabilità della psicologia nel lavoro, nel marketing e nella comunicazione, fattori che trovavo estremamente attuali.
La sua scelta è stata spontanea o in qualche modo indirizzata da genitori o amici?
Spontanea. E la famiglia mi ha supportata sia da un punto di vista teorico sia dal punto di vista pratico.
Si è inserita facilmente nel mondo del lavoro?
Durante l’Università, ho potuto fare uno stage presso un’agenzia di comunicazione che mi ha avvicinato al mondo dei social media dal punto di vista dei brand. È stato il primo modo per me di confrontarmi col mondo del lavoro e di capire come la psicologia fosse presente anche nei social e nell’uso di internet in generale. Cosi, dopo la laurea magistrale, ho trovato un altro stage in una grande azienda di occhialeria, quindi ho potuto proseguire questa attività che mi ha fatto appassionare ancora di più al mondo di internet, dell’e-commerce e del customer care. Altre esperienze che mi hanno arricchita molto sono state la permanenza di tre mesi a New York per seguire un corso di business english, cioè di inglese applicato al mondo del lavoro, e un master part time del Sole 24ore su e-commerce e business online, che mi ha permesso di integrare le mie conoscenze su questa materia. Tutte queste esperienze mi hanno consentito di trovare lavoro abbastanza facilmente, anche se ho comunque passato tre mesi dopo la laurea a inviare il curriculum alle aziende a cui ero interessata e a rispondere ad annunci di lavoro su LinkedIn.
C’è corrispondenza tra le sue scelte universitarie e l’attuale attività lavorativa?
Non faccio un lavoro strettamente legato a ciò che ho studiato, ma sicuramente la laurea in psicologia mi aiuta ad avere un approccio più empatico sia nei confronti dei clienti per mettermi nei loro panni, sia con i colleghi. Inoltre, mi permette di svolgere il lavoro più facilmente. Cerco infatti di ricordarmi sempre che la mia attività non è la priorità per quel mio collega da cui ho bisogno urgente di risposte, perché anche questo a sua volta ha delle attività da svolgere. Penso che ricordarsene sia assolutamente necessario per dare il giusto peso alle cose in ufficio.
Lavora nel campo dell’Alta Moda, è un mondo affascinante così come appare agli occhi di chi lo vede dall’esterno?
È certamente un mondo affascinante. Ma anche difficile. Infatti penso che vendiamo “desideri” e non beni di prima necessità, quindi ci possono essere dei periodi di difficoltà in cui la crisi economica impatta direttamente, perché alcuni clienti preferiscono non spendere in questi momenti. La sfida sta proprio qui, secondo me, essere capace di portare il cliente a voler esaudire quel desiderio.
Pensa che questo sia il suo lavoro definitivo?
Il mio lavoro mi piace, ma non nego che in un futuro io possa cambiare interessi e andare a occuparmi di altro, magari qualcosa comunque vicino a ciò di cui mi occupo oggi. Non mi voglio precludere alcuna possibilità, penso che stia ad ognuno di noi approfittare delle occasioni, ma anche crearsi le condizioni, soprattutto perché nessuno di noi è mai fermo, e tutti possiamo cambiare e sentirci diversi durante la nostra vita.
Vive a Varese, una città di confine, e lavora in Svizzera: dov’è che si sente più a casa?
Al momento per me “casa” è Varese, seppur io sia lontana dalla città natale e dai miei genitori; a Varese sono stata accolta calorosamente, ho trovato amicizie e supporto. È una città piccola che per questo mi ricorda un po’ Trento dove sono nata e cresciuta, ma allo stesso tempo di mentalità molto aperta, grazie forse alla vicinanza con Milano. Apprezzo inoltre il suo essere “città giardino” perché ci sono tanti parchi ed è molto verde. La Svizzera per ora è solo il luogo di lavoro dove “transito” giornalmente, ma lavorando per un’azienda svizzera è un paese che mi affascina molto.
Riesce a conciliare gli impegni familiari con quelli lavorativi? E a coltivare le sue passioni, a frequentare associazioni?
Benché il lavoro sia distante da casa almeno 40 minuti in auto, cerco di conciliare famiglia e hobby. Faccio parte del Rotary Club Varese Verbano (club di servizio) che per me è una famiglia e che mi ha supportata sempre quando ho avuto bisogno di aiuto. È stata un’esperienza fondamentale per intrecciare amicizie e conoscere meglio il territorio in cui mi trovo, soprattutto nel periodo in cui sono stata presidente della sezione giovanile Rotaract Varese Verbano nel 2019/2020: è stata un’occasione di crescita personale e una grande possibilità per me di dare il mio contributo alla città in cui vivo, Varese, mettendo in tre parchi pubblici tre Little Free Library per incentivare lo scambio dei libri e l’amore per la lettura. Chiunque può prendere e/o portare un libro.
Cosa si augura per il suo futuro? E per suo figlio?
Spero di mantenere serenità e positività come oggi e di non perdere le mie passioni. A mio figlio auguro di trovare la sua strada, qualunque essa sarà, e di coltivare le sue passioni, nel rispetto degli altri. Lo accompagnerò sempre, come hanno sempre fatto con me i miei genitori. Senza di loro infatti sicuramente quanto raccontato sopra non sarebbe andato cosi.