Senza manubrio e freni: a 77 anni sfida la discesa dello Stelvio
Giuliano Calore è tornato:i il recordman (12 volte nel Guinness dei Primati) sfida le pendenze del mitico passo, di notte, con la sua bici “monca”. Ecco la storia di 30 anni di imprese
TRENTO. L’uomo dei record è tornato. A 77 anni il padovano Giuliano Calore (entrato per 12 volte nel Guinness World Records grazie alle sue imprese in bicicletta a cavallo degli anni ’80 e del 2011) rimonta in sella e lancia la sfida al mitico Stelvio: lo affronterà in discesa, con una bici senza freni e senza manubrio, di notte, armato solo di una lucetta frontale. Saranno, dunque, ancora i mitici 48 tornanti di quella che è, per tutti, una delle salite più famose del ciclismo mondiale a fare da palcoscenico naturale all’impresa di Calore: 25 chilometri già battuti, in passato, dall’uomo delle imprese impossibili. Nel ’81 fu lì che fissò il suo primo record del mondo scalando e discendendo la montagna senza manubrio, senza freni e suonando a rotazione quattro strumenti musicali da 33 chili l’uno.
Tre anni dopo si riarrampicò impiegandoci 1 ora e 36 minuti, sempre senza manubrio e senza freni ma, questa volta, pedalando con la sola gamba destra. E poi, ancora, nel 1989 con la bicicletta “monca” riuscì addirittura a battere il tempo di scalata dello Stelvio fissato da Berard Hinault, nel 1980 al Giro d’Italia, fermando le lancette del cronometro a 1 ora, 17 minuti e 18 secondi. Equilibrio, agilità, una forza fisica pazzesca e soprattutto una determinazione fuori dal comune sono stati gli ingredienti che hanno permesso a Calore di sfornare, negli anni, record a ripetizione e di scrivere, a suo modo, il suo nome nella storia del ciclismo. «Eddy Merckx alla presentazione di una delle mie imprese rimase sbalordito – racconta – mi disse che non aveva mai visto tanta forza e agilità in azione sulle due ruote. Binda fu incantato quando con Bruno Pizzul annunciammo che avrei scalato 14 passi dolomitici (ci riuscì nel 1983: 330km in 13 ore, ndr). E avvicinandoci ad oggi, nel 2011, Volodymir Gustov, gregario di Contador, decise di restare sveglio tutta la notte per assistere al mio ultimo record: la discesa notturna dello Stelvio senza freni e manubrio. All’arrivo mi disse: “E ora io come faccio a raccontare al mio capitano che a 73 anni tu hai fatto questa cosa?”».
Quindi l’impresa notturna sullo Stelvio l’ha già compiuta?
Si. Però all’epoca ero giovane, avevo solo 73 anni (sorride ndr) mentre ora ne ho 77. In realtà devo riuscire a fare quest’ennesima impresa perché a fine anno uscirà un film sulla mia vita. Si chiama “48 tornanti di notte” e per completarlo servono le riprese proprio della mia ultima sfida: la discesa notturna senza freni e manubrio dello Stelvio che quattro anni fa non era stata seguita interamente dalle telecamere.
Senta, torniamo indietro: come le è venuto in mente di togliere il manubrio alla bici?
Ero un musicista (pausa ndr). Mi spiego. Da giovane oltre a lavorare per l’Enel ero anche un discreto pianista. Negli anni ho inciso 6 dischi e suonato nei più importanti locali dell’epoca. Vivevo nel mondo della musica: mi ricordo di quando a una bellissima ragazza bionda ho detto che non avrebbe mai sfondato perché aveva la voce troppo bassa: era Patty Pravo.
Ok, ma cosa centra la musica con la bici?
È molto semplice: in bici componevo. Andando su e giù per i Colli Euganei trovavo ispirazione. La testa volava e mi venivano in mente motivetti e strofe. Così cominciai a portarmi dietro il taccuino. Per scrivere mi servivano le due mani quindi mi alzavo sui pedali e lasciavo il manubrio. Un giorno andando in bici con Zeno Odorizzi (storico collaboratore di Lucio Dalla ndr) vedendo con che facilità andavo in salita mi ha detto: “Se non ti metti a fare qualche gara ti tolgo il saluto”. Così ho cominciato a fare qualche corsa e a vincere. Ma non mi piaceva. Non mi interessava battere gli altri, volevo superare me stesso.
E ha tolto il manubrio dalla bici?
No, non subito. Nella prima scalata “senza mani” dello Stelvio avevo il manubrio, solo che non lo usavo. Poi visto che qualche organo di stampa aveva ipotizzato che, lontano dalle telecamere Rai, in qualche tornante, per forza, mi dovevo essere appoggiato allora ho deciso di fugare ogni dubbio. Via il manubrio e avanti di solo equilibrio.
Lo Stelvio, poi lo ha affrontato anche con la neve?
Sì. Avevo negli occhi l’epica impresa di Charly Gaul sul Bondone, quando vinse in cima alla montagna di Trento dopo che metà degli atleti partenti da Merano si erano ritirati per il freddo e la neve. Mi sono detto: “Devo fare qualcosa di simile”. Così, dopo aver studiato le condizioni di equilibrio della bici “monca” sulla neve nell’inverno del 1986 sono partito da Prato Stelvio e ho raggiunto cima Coppi scalando i 1842 metri di dislivello in 2 ore e 20 minuti.
C'era neve dappertutto e la temperatura era di 10 gradi sotto zero. Il mondo del ciclismo, diciamo ufficiale, come l'ha trattata negli anni?
Benissimo. I grandi campioni mi hanno sempre rispettato. I vari Merckx, Binda, Motta mi hanno sempre seguito con attenzione. Argentin una volta l'ho superato in salita mentre suonavo la fisarmonica. Faustino Coppi, il figlio di Fausto, è un mio grande ammiratore e mie bici sono conservate in tutti i più importanti musei del ciclismo da quello di Gino Bartali a quello di Fiorenzo Magni al “Museo dei Campionissimi” di Novi Ligure.
E poi ci sono i riconoscimenti extraciclistici.
Sono stato premiato dalla World Harmony Run, (una corsa podistica che si svolge in oltre 100 nazioni per diffondere un messaggio di pace e armonia ndr) che in passato ha premiato gente come Muhammed Alì, Carl Lewis, la nazionale di rugby neozelandese. E sette anni fa sono stato in Taiwan per fare da apripista sulla mia bici “monca” alla cerimonia delle Universiadi.
Si sente pronto alla discesa in notturna dello Stelvio?
Spero di farcela. La affronterò una delle notti tra il 29 e il 31 luglio. Ho un po’ paura perché non sono più un ragazzino e temo me stesso e la mia voglia di spingermi sempre un passo più in là. Ma un recordman è un recordman sempre e non ho intenzione di fermarmi qua.