Ciclismo

Leonardi, l'ultima vittoria trentina alla Bolghera

Ma dopo un anno tra i pro il noneso ha lasciato: «Esperienza disastrosa, la vita è anche altro»


di Maurizio Di Giangiacomo


TRENTO. Domenica la 108esima edizione del Giro della Bolghera per Under 23 ed Élite, sperando nel ritorno sul gradino più alto del podio di un dilettante trentino. L’ultimo fu, nel 2013, Gianluca Leonardi. In fuga con un compagno di squadra della Zalf Euromobil Fior ed un avversario, il noneso di Tuenno fu protagonista di uno splendido colpo di mano a due tornate dal termine. «Iniziai ad esultare all’ultima curva, un po’ troppo presto, e per poco i due inseguitori e il gruppo non mi raggiunsero prima del traguardo – ricorda il 28enne – Mi sono preso un bel rischio, ma la Bolghera si vince così. Forse la vittoria più spettacolare fu quella di Matteo Trentin, che scattò all’ultimo giro sulla salita del Bellevue e si presentò tutto solo sulla linea del traguardo, con il pubblico che ormai attendeva la volata a ranghi completi».

Già, Matteo Trentin, il penultimo vincitore trentino del Giro del Bolghera. Quel 2011, per il borghigiano, fu il trampolino di lancio per una carriera da professionista che oggi lo vede giocarsi – con profitto – le più importanti corse World Tour. Non altrettanto bene è andata a Leonardi, che nell’ottobre 2014, dopo un’unica stagione tra i pro con la squadra Continental Area Zero D’Amico, ha deciso di appendere la bicicletta al chiodo.

«Corsi il Laigueglia, la Coppi e Bartali, la Milano-Torino e il Giro dell’Emilia, per citare le più famose – racconta ancora Gianluca – ma in squadre come quella non sei tutelato, non abbiamo preso i soldi. Avevo un contratto da 18 mila euro, meno del minimo sindacale, ma ne avrò visti un quinto. Sono passato tardi, dopo sei stagioni tra i dilettanti, avrei voluto farlo prima, ma non ho mai trovato l’occasione giusta, complice un brutto incidente in allenamento nel quale mi ruppi le vertebre. Quello della Area Zero mi sembrava un buon progetto, una scommessa, purtroppo è andata male. Oggi lavoro come impiegato in una fabbrica del mio paese e sono presidente del gruppo giovani: sono orgoglioso di quello che faccio, la vita è anche altro».

Considerato quello che si sente, a Leonardi è andata bene: ad altri ciclisti sarebbe stato chiesto di pagare per correre. «È una cosa che non mi ha toccato direttamente, ovviamente so delle accuse rivolte ad alcune direttori sportivi e delle sentenze, o meglio delle “non sentenze”. Io non voglio e non posso accusare nessuno, ma so che se fossi arrivato con lo sponsor, il posto in una squadra migliore lo avrei trovato anch’io – puntualizza Leonardi – Il ciclismo è in crisi, come tanti altri sport, è quello più popolare e forse ne paga le conseguenze in maniera più pesante proprio per questo. Io ho smesso soprattutto perché non vedevo più la possibilità di coronare il mio sogno di correre una classica. Per fortuna non ho avuto grande difficoltà a staccare, del resto mi avevano spinto al limite della sopportazione: una bici da corsa non ce l’ho neanche più, vado con la mountain bike, mi diverto di più».

Eppure, Leonardi consiglia a tutti i giovani di praticare il ciclismo. «È lo sport più bello, t’insegna a stare al mondo, anche in maniera un po’ traumatica, com’è successo a me – conclude – Nelle categorie giovanili è giusto pensare a divertirsi, poi a 18/20 anni i ragazzi capiscono da soli se è il caso d’insistere». E provare a vincere almeno il Giro della Bolghera.

Twitter: @mauridigiangiac

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