l’intervista

Il “Doge” Bocalon sbarca tra gli aquilotti: “Ecco perché ho scelto la maglia numero 10”

Il centroavanti veneziano esordisce oggi con il Trento e si racconta: "Questa città è il posto giusto dove far nascere mio figlio”


Fabio Peterlongo


TRENTO. Insperato e sorprendente: così si può definire il colpo di mercato del Calcio Trento che è riuscito a portare in gialloblù l’“eroe” della promozione in serie A del Venezia Riccardo Bocalon, veneziano d’origine e soprannominato “il Doge” dai tifosi.

Il centravanti classe 1989 approda tra gli “aquilotti” dopo aver regalato al Venezia la riconquista della massima serie con il gol “promozione” segnato al Cittadella in data 27 maggio 2021. Pochi giorni fa l’attaccante trentaduenne è stato escluso dalla rosa del Venezia e non ha avuto l’occasione di scendere in campo in serie A, scelta che gli ha lasciato sicuramente l’amaro in bocca: «In questi mesi ho sofferto tanto perché non sono riuscito a scendere in campo. Fare un gol così importante nella finale playoff e sognare una categoria così bella, senza riuscire a giocarla, non è facile. Sono cose che capitano e va bene così. Per fortuna ho sempre potuto contare sul sostegno dei tifosi e della mia famiglia, in particolare di mia moglie, che è in dolce attesa».

Bocalon ha dunque deciso di voltare pagina, gettandosi anima e corpo nella sua nuova avventura trentina: un ritorno sulla scena regionale, dopo che nel 2012 aveva militato nell’Alto Adige-Südtirol: «Conosco questa regione, ha una splendida qualità della vita ed è anche il luogo giusto dove far nascere un figlio. Anche se Venezia è Venezia!», ha commentato, non rinunciando comprensibilmente al suo orgoglio lagunare.

Abbiamo scambiato qualche parola con il nuovo “numero 10” del Trento, per capirne un po’ la personalità. Bocalon sarà in campo già nella partita di oggi, sabato 5 febbraio, contro il Mantova.

Riccardo, hai scelto il numero 10, maglia sempre iconica. Come mai questa scelta?
Il numero 10 ha sempre un significato simbolico particolare, perché è associato al fantasista, al giocatore dai piedi buoni ed ha una valenza particolare. Io ho scelto questo numero perché voglio assumermi questa responsabilità, anche perché sono convinto che è con l’aiuto della squadra che il singolo calciatore eccelle. Mi affido ai compagni di squadra e al sostegno dei tifosi per rendere onore a questa maglia e a questi colori.

Descriviti calcisticamente in qualche parola.
Sono un attaccante d’area di rigore, la mia specialità sono i colpi di testa. Ma il calcio negli anni è molto cambiato e così anche il mio modo di giocare. Mi piace andare in profondità ed assecondare i movimenti della squadra.

E umanamente come ti definiresti? Che ragazzo sei?
Cerco di essere un ragazzo educato e rispettoso, che sono i valori che mi hanno insegnato i miei genitori e che coltivo insieme a mia moglie.

Passioni extrasportive: cosa ti piace fare nel tempo libero?
Mi piaceva molto giocare con la Playstation, ma recentemente ho un po’ smesso. Sarà che sto entrando un po’ nel mood da papà, sto chiudendo con il mondo virtuale!

Ti hanno soprannominato “il Doge”. Nella storia, il Doge di Venezia è arrivato a dominare il Trentino, ma spingendosi al massimo fino a Rovereto. Sei consapevole di essere il primo “Doge” che arriva a Trento?
Quello del “Doge” è un soprannome che mi lega molto alla mia città che amo follemente, e che mi rende orgoglioso. Allora, speriamo che finalmente il “Doge” arrivi a dominare anche a Trento!

Come hai vissuto la pandemia e in particolare l’isolamento dai tifosi?
È stato un momento triste, prima di tutto per le tantissime perdite umane, le migliaia di morti che ci sono state e ci sono tutt’ora. Stiamo vedendo finalmente la luce e speriamo che sia di insegnamento a tante persone che non hanno creduto, non so come, nel vaccino. Il virus ha portato via tanti affetti. Ed anche sotto l’aspetto economico è stato un disastro. Per quanto riguarda il mio lavoro, ho sofferto l’isolamento dai tifosi: io che sono attaccante vivo dell’affetto dei tifosi, che ti danno quella spinta in più. Porterò sempre dentro di me la desolazione di uno stadio vuoto, ma non vedo l’ora che gli stadi tornino a riempirsi gloriosi come un tempo.













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