Caso doping, la Wada insiste: «Per noi Sinner è responsabile del suo staff»
Il presidente dell’Agenzia mondiale antidoping, Witold Banka, ha spiegato perché ha deciso di ricorrere contro l’assoluzione del numero 1
BOLZANO. La Wada non arretra e rilancia. Il 16 e 17 aprile sarà scritta, in un senso o nell'altro, la parola fine sulla vicenda Sinner-clostebol. Il Tas, infatti, sarà chiamato a pronunciarsi sul caso che riguarda il numero uno del mondo e la sua positività all'ormai famigerato steroide anabolizzante - presente in quantità minima nei test effettuati dall'azzurro - riscontrata durante il torneo di Indian Wells e a distanza di otto giorni nel marzo scorso.
Una positività dovuta alla contaminazione con il Trofodermin, uno spray usato dal suo fisioterapista di allora, Giacomo Naldi, che si era procurato un taglio a un dito della mano e gli aveva praticato massaggi e altri trattamenti, infettando quindi Sinner attraverso delle piccole ferite a livello cutaneo. Ad agosto il tribunale indipendente nominato dalla International Tennis Integrity Agency aveva assolto Sinner - che nel frattempo ha interrotto la collaborazione con Naldi - per totale assenza di colpa o negligenza ma un paio di mesi dopo è arrivato il ricorso dell'Agenzia Mondiale Antidoping, che ha portato il caso davanti al Tas.
"Non crediamo che Sinner abbia assunto deliberatamente sostanze dopanti, ma richiamiamo l'attenzione sulla responsabilità dell'atleta per le azioni dei suoi collaboratori - ha ribadito nei giorni scorsi al quotidiano polacco "Rzeczpospolitej" Witold Banka, presidente Wada -. Un atleta professionista è responsabile anche delle azioni del suo staff e questa è la quintessenza dell'antidoping". Eppure qualche settimana fa la stessa Wada ha scelto di non ricorrere contro la sospensione di un mese patteggiata da Iga Swiatek per la positività dello scorso agosto alla trimetazidina.
"Si tratta di due casi completamente diversi, che non possono essere paragonati - ha ribattuto Banka -. Sia le sostanze, sia le circostanze sono diverse. Abbiamo preso le nostre decisioni dopo aver chiesto il parere di un esperto esterno e la Wada ha seguito la stessa procedura di qualsiasi altro caso disciplinare". A detta del numero uno dell'agenzia mondiale antidoping, "una traccia di trimetazidina in un medicinale contenente melatonina, come nel caso di Swiatek, è una cosa, mentre lo steroide contenuto nell'unguento utilizzato dal suo più stretto collaboratore è qualcosa di completamente diverso. L'unica cosa che accomuna questi casi è il fatto che stiamo parlando di due dei migliori tennisti del mondo".
In entrambe le vicende, però, le quantità riscontrate erano minime ("Siamo vittime della perfezione dei nostri stessi laboratori") e anche per questo si sta valutando la possibilità di introdurre delle soglie. "Oggi rileviamo anche tracce di sostanze che non influenzano i risultati ma ci troviamo di fronte a un dilemma serio, ovvero se l'innalzamento delle soglie non aprirà le porte al microdosaggio", ha precisato Banka. "Per trovare un equilibrio è necessaria una ricerca approfondita - ha concluso il numero uno della Wada -. Abbiamo un gruppo di scienziati che sta lavorando su questo. Sappiamo che qualcosa deve cambiare. Tuttavia, non esiste una soluzione semplice. Determinare le soglie accettabili è un lavoro incredibilmente complesso".