LA STORIA

Bebe Vio, 21 anni da fenomeno. Attesissima al Festival: è il simbolo più bello dello sport italiano

Il racconto del papà Ruggero. "Io posso fare tutto quello che voglio'', disse quando a 2 anni pretese di portare giù dalle scale di casa una valigia che era più grande di lei. A 11 anni la malattia, una meningite devastante: perde braccia e gambe. Ma non demorde. E vince nella vita e nello sport, diventando esempio per tutti. LA FOTOGALLERIA SULLA SUA VITA



MILANO. Ventuno anni da fenomeno, simbolo di volontà, determinazione, personalità. E voglia di vivere. Un'immensa voglia di vivere, superando ogni ostacolo. Bebe Vio, 21 anni compiuti il 4 marzo, è uno dei simboli dello sport italiano e sarà tra le protagoniste del Festival dello Sport di Trento. Da un anno è andata a vivere da sola, a Milano. Piena di impegni, non solo agonistici ma anche nel suo ruolo di personaggio, di donna e atleta, eccezionale.

"Bebe - diceva papà Ruggero intervistato dall'Ansa per i vent'anni della figlia - è sempre stata una bambina vivacissima. Si è fatta notare sin dal primo giorno che è nata, piangeva sempre, non dormiva mai''. Determinazione e forza di volontà sono elementi imprescindibili del suo essere, come quando a due anni pretese di portare giù dalle scale di casa una valigia che era più grande di lei: ''io posso fare tutto quello che voglio'', lo disse allora, e quella frase è diventata una sorta di motto, il motore della sua vita".

A quattro anni Bebe inizia a fare sport, come tante bambine della sua età mamma Teresa e papà Ruggero la iscrivono ad un corso di ginnastica artistica, alla prima gara sociale, dopo essersi fatta spiegare cosa fosse una 'gara', la piccola Bebe dimostra una innata predisposizione all'agonismo e vince. Ha solo quattro anni. E quando, qualche mese dopo deve prepararsi al saggio finale, Bebe decide di non farlo, ''se non si vince, non voglio farlo'', e non lo fa. A cinque anni il colpo di fulmine con la scherma: Bebe è iscritta ad un corso di pallavolo, ma si annoia, nella palestra accanto tirano di scherma: ''è stato amore a prima vista, una vera e propria folgorazione''.

La forza di Bebe: ''Io posso fare tutto quello che voglio''. Lei il simbolo del Festival dello Sport

La schermitrice Bebe Vio sarà protagonista, con Martina Caironi (atletica) e Francesca Porcellato (handbike, ma prima ancora atletica e sci nordico), di uno dei momenti clou del Festival dello Sport di Trento, sabato alle 10 all'auditorium Santa Chiara. Le tre atlete dialogheranno con Claudio Arrigoni, giornalista, e Marco Malvaldi, scrittore. Titolo dell'incontro: "Tre come loro: il grande sport femminile paralimpico". Ecco una serie di immagini sulla storia di Bebe (QUI IL RACCONTO del padre) e i ritratti di Martina e Francesca (foto Ansa e Festival dello Sport)

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Nel frattempo Bebe cresce, va a scuola, e dimostra tutto il suo carattere e la sua determinazione. A 9 anni scrive una lettera al sindaco di Mogliano Veneto per lamentarsi dei pericoli della strada vicino casa, dove c'è un continuo via vai di mezzi pesanti e il fratello Nicolò (di due anni più grande) non può prendere la bicicletta per andare a prendere lo scuola bus. Bebe raccoglie le firme nel vicinato e la porta dal sindaco: ''qualcuno deve farlo, allora lo faccio io'', dice. A scuola si candida per il consiglio comunale dei ragazzi, anche se frequenta ancora le elementari. Manco a dirlo viene eletta e si occupa di sicurezza stradale e riesce a far fare la pista ciclabile vicino casa. D'estate va a 'lavorare' nell'asilo nido di un'amica di famiglia, accompagna la sorella minore Sole, e aiuta i bambini a imparare a camminare. A 11 anni la malattia, una meningite devastante. Perde braccia e gambe.

''La vita è ricominciata al centro protesi'', racconta. Uscita dall'ospedale Bebe è stata due mesi a casa, ''è stato un momento molto difficile, faticoso, doloroso'', poi al centro protesi la ripartenza. ''Era il mese di giugno, ci dissero che ci volevano sei mesi'', ma Bebe fu categorica: ''ad agosto devo andare all'isola d'Elba al mare''. Nessuno credeva che Bebe sarebbe riuscita nella sua sfida ''e invece dopo 9 settimane eravamo all'Elba''.

Una sfida vinta con determinazione dandosi obiettivi a breve, medio e lungo termine. ''Ogni lunedì - spiega il padre - puntava il più bravo e tutta la settimana lavorava per migliorare fino a sfidarlo il sabato ed a vincere la sua sfida. Nove settimane dopo è uscita dal centro protesi, l'hanno definita un fenomeno''. Bebe è una che non si arrende, e che pretende moltissimo. Camminare bene non le basta, vuole fare tutto come gli altri, meglio degli altri ''solo così - dice - la vita ti gratifica. Bisogna provarci sempre, come è capitato con il selfie con Obama''.

A 12 anni, dopo la malattia e le amputazioni Bebe impara nuovamente a camminare e torna in quell'asilo nido dove fino a un anno primo aveva insegnato ai bambini a camminare. E vuol tornare anche a fare scherma. Ma come si fa a tirare di scherma senza braccia? Una domanda che Bebe nemmeno vuol sentire. Nel Natale del 2009 va a Roma per fare un 'provino' con Fabio Giovannini, allenatore della nazionale paralimpica, le legano il fioretto alle protesi con lo scotch e lei fa vedere cosa sa fare. A gennaio 2010 il primo prototipo di protesi per la scherma, da allora sono quattro i modelli che sono stati realizzati, e in mezzo ci sono le tante vittorie di Bebe, culminate con l'oro olimpico di Rio. Nel 2012, alle paralimpiadi di Londra è tedofora ma ha chiari gli obiettivi futuri: i Giochi di Rio 2016, la copertina di Sportweek, quella di Vanity Fair, entrare in Polizia e la Nike: centrati praticamente tutti (articolo tratto dall'Ansa).













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