“Diabete giovanile, le scuole trentine sono preparate per gestire le emergenze”
La dottoressa Vittoria Cauvin dell’Apss: “Il diabete è una malattia sociale che richiede la preparazione della scuola. Sono i genitori a fare la puntura al bambino all’ora di pranzo, ma il personale è pronto a intervenire anche quando serve il farmaco salvavita”
TRENTO. In Trentino ogni venti giorni si registra un nuovo esordio di diabete giovanile. È questo il dato allarmante che certifica come i casi di diabete di tipo 1 siano in crescita preoccupante. Ed è una patologia che colpisce in età sempre più precoce, già a partire da pochi mesi di età. Lo ha rivelato la dottoressa Vittoria Cauvin, dirigente medico presso l’Unità Operativa di Pediatria e responsabile dell'Unità Semplice di Diabetologia Pediatrica per l’Azienda sanitaria.
Ma se da un lato preoccupa la sempre maggiore diffusione di questa malattia auto-immune, dall’altro conforta la migliorata capacità di risposta da parte delle scuole, il cui ruolo è centrale nella gestione delle necessità dei pazienti, in particolare dei più piccoli: «Dal 2011 esiste un protocollo che consente alle scuole di gestire in sicurezza le esigenze dei giovani diabetici, - ha spiegato la dottoressa Cauvin - grazie all’insostituibile disponibilità dei genitori, che sono coloro che concretamente effettuano le iniezioni di insulina in ambiente scolastico, almeno fino a quando il bambino non è in grado di praticarle da solo con la presenza di un adulto. I docenti e il personale scolastico sanno come intervenire e nei casi più critici, molto rari, somministrando una dose salva-vita di glucagone».
Un grande aiuto arriva dalla tecnologia, con i microsensori sotto-cutanei che consentono un monitoraggio costante dei livelli insulinici della persona con diabete: «I sensori permettono di intervenire tempestivamente nella gestione dei livelli insulinici, addirittura prevedendone l’evoluzione, dando del tempo per intervenire», sottolinea Cauvin. Il dipartimento diabetologico diretto dalla dottoressa Cauvin e dal dottor Roberto Franceschi sarà coinvolto in un webinar destinato al personale scolastico ed organizzato da Iprase che in data 22 febbraio toccherà proprio i temi della gestione del diabete a scuola.
Dottoressa Cauvin, quali sono i numeri del diabete giovanile in Trentino?
Numeri assoluti è difficile darne, ma il nostro Centro è il riferimento di 280 famiglie. Ogni venti giorni c’è una nuova diagnosi di diabete giovanile, sempre più spesso in età pre-scolare, persino in bambini di tre mesi. Il diabete è una malattia sociale che richiede la preparazione della scuola, in particolare quando si ha a che fare con pazienti molto piccoli.
Concretamente come si svolge la giornata di uno studente con diabete giovanile?
Il bambino o il ragazzo procede a tre iniezioni al giorno attorno ai tre pasti principali, più una quarta iniezione supplementare. Solo l’iniezione dell’ora di pranzo avviene in ambiente scolastico, le altre avvengono generalmente a casa. A fare la puntura al bambino in ambiente scolastico è il genitore, almeno fino a quando il bambino non è autonomo a farla da solo, con la supervisione di un operatore scolastico.
Quali sono le emergenze che possono capitare a scuola?
Le criticità sono di due tipi, quando la glicemia è alta, ovvero sopra i 100 milligrammi per decilitro, o quando è bassa, sotto i 70. Delle due criticità è la seconda quella più insidiosa: la glicemia alta non causa danni a breve termine e si ha qualche ora per intervenire. Ma la glicemia bassa richiede un intervento rapido, perché può portare a sintomi significativi come tremore, brividi, confusione mentale, vista annebbiata, fino ad arrivare al rischio di coma diabetico. Ma questo esito è estremamente raro grazie alla nostra migliorata capacità di tenere sotto controllo i livelli insulinici.
Anche a scuola?
Certamente, oggi i pazienti spesso hanno un microsensore sottocutaneo che non richiede nemmeno più di “pungersi” per misurare il livello glicemico. Il monitoraggio è in tempo reale e ci si rende immediatamente conto se i livelli glicemici stanno iniziando a uscire dal range accettabile. Se ci si accorge che la glicemia sta scendendo troppo si interviene dando allo studente una bustina di zucchero, mentre se si alza troppo gli si fa fare del movimento in modo da bruciare gli zuccheri nel sangue.
Com’è cambiata la consapevolezza delle scuole in merito al trattamento del diabete nel corso degli anni?
Prima del protocollo del 2011 c’erano scuole estremamente disponibili e altre totalmente disorganizzate, ai limiti dell’ostracismo. Racconto un paio di episodi. Anni fa una bambina focomelica, senza le mani, aveva necessità di essere aiutata con l’iniezione di insulina e non si trovava nessun operatore scolastico che volesse farle la puntura. In un altro caso, un’insegnante si era rifiutata di “pungere” il bambino per verificarne i livelli d’insulina perché “le faceva impressione” il sangue. Oggi, grazie ai protocolli siglati dall’assessorato alla salute e da quello all’istruzione, i protocolli sono chiari e univoci in tutto il territorio provinciale.
Ma la responsabilità delle “punture” rimane dei genitori e non del personale scolastico, è così?
È così, perché il mansionario degli operatori scolastici non lo prevede. Ma la consapevolezza e la gestione del diabete in ambiente scolastico ha fatto comunque passi da gigante. Innanzitutto la scuola è obbligata ad intervenire con l’iniezione del farmaco salva-vita glucagone, che ora è addirittura spray e non serve più la puntura. Poi puntiamo alla formazione del personale scolastico. Assistiamo le scuole che quotidianamente ci contattano per chiederci consulenze sui singoli casi. Facciamo formazione due volte l’anno con i docenti e il personale ausiliario. La scuola è attrezzata nel monitoraggio della situazione e circa cento pompe insuliniche sono a disposizione nelle scuole del Trentino.