Allarme terapie intensive, il 74% dei pazienti non è vaccinato
I dati aggiornati degli ospedali sentinella italiani. La provincia di Trento tra le realtà con l’aumento maggiore di ricoverati in rianimazione e anche nelle aree non critiche
TRENTO. Nonostante la variante Delta sia dominante, i vaccini continuano a fare ampiamente il loro lavoro di protezione dal virus SarS-CoV2. Ulteriore conferma arriva dai dati pubblicati dalla rete degli ospedali sentinella per il Covid della Federazione italiana aziende sanitarie ospedaliere (Fiaso) relativi alla settimana fino al 16 novembre.
E i numeri parlano chiaro: il 74% dei ricoverati in terapia intensiva non ha ricevuto alcuna dose di vaccino o non ha completato il ciclo vaccinale. Solo il 26% dei pazienti positivi in intensiva ha avuto le due dosi.
Il 70% dei casi di pazienti vaccinati e ricoverati presenta gravi comorbidità, cioè cardiopatia, obesità grave, diabete, broncopneumopatia cronica ostruttiva, neoplasia, oppure si tratta di persone dializzate, trapiantate o immunosoppresse, «sulle quali può essersi verificato un fallimento vaccinale causato proprio dalle patologie».
Dallo studio emerge inoltre una differenza nell'età media tra vaccinati e non vaccinati ricoverati in terapia intensiva: l'età media dei vaccinati è di 70 anni, quella dei non vaccinati è di 61 anni.
Intanto a livello nazionale, secondo il monitoraggio quotidiano di Agenas, restano stabili e lontane dalla soglia di allerta le percentuali dei posti in terapia intensiva e nei reparti ospedalieri occupati da pazienti Covid, rispettivamente al 5% e 7% di quelli disponibili.
Mentre a preoccupare è il Friuli Venezia Giulia, la regione italiana con le strutture sanitarie più appesantite dall'impatto del virus, con un aumento che porta al 14% le terapie intensive occupate da pazienti Covid (ovvero oltre la soglia d'allerta del 10%), e al 13% l'occupazione dei posti in reparto. La percentuale cresce anche in Liguria (al 5%), nella provincia di Trento (al 4%).
A registrare un aumento nei reparti di area non critica sono però anche Campania (al 9%), Sicilia (al 10%), Lombardia (all'8%), Provincia autonoma di Trento (al 5%).
L'attenzione intanto è puntata sul profilo delle persone completamente immunizzate e sane, pur se in percentuale molto bassa, ma che si sono contagiate e sono ora in rianimazione . «Le variabili possono essere molteplici - spiega Roberto Cauda, direttore dell'istituto di malattie infettive del Policlinico Gemelli di Roma - a cominciare da chi è un non responder, ossia un individuo che non reagisce agli immunizzanti, al tempo trascorso tra la seconda dose e l'infezione, alla variante Delta che è estremamente contagiosa».
Per il presidente della Federazione aziende sanitarie ospedaliere Giovanni Migliore «l'analisi condotta conferma l'efficacia della vaccinazione nella protezione dalle forme gravi della malattia: la stragrande maggioranza dei ricoverati in terapia intensiva è composta da non vaccinati, in buono stato di salute e più giovani rispetto ai vaccinati».
Le informazioni raccolte dagli ospedali sentinella (di cui fanno parte tra gli altri gli Spedali Civili di Brescia, il San Martino di Genova, lo Spallanzani di Roma, il Policlinico di Bari, il Policlinico Tor Vergata della Capitale, la Fondazione Irccs Policlinico San Matteo di Pavia) offrono chiaramente una media tra i dati rilevati. Ma ci sono strutture dove a essere ricoverati in rianimazione sono solo persone che non hanno ricevuto neppure una dose di vaccino.
«Il dato dell'ospedale Cotugno di Napoli, punto di riferimento regionale della Campania per i ricoveri Covid, evidenza come quasi tutti i pazienti ospedalizzati siano non vaccinati e i pochi che lo sono presentino comunque una sintomatologia meno aggressiva», riferisce Maurizio Di Mauro, direttore generale dell'azienda dei Colli Monaldi-Cotugno.
«Nella nostra terapia intensiva il 100% dei pazienti risulta non immunizzato. A confronto con le precedenti ondate, l'ospedalizzazione è inferiore rispetto al tasso di positività: è la dimostrazione che i vaccini funzionano».