Panarotta, prove di un futuro sostenibile e senza sci
Un modello incompatibile con i cambiamenti climatici è al tramonto ma è difficile individuarne uno altrettanto redditizio. Il dibattito
PERGINE. Esiste un futuro per la Panarotta? A giudicare dalla serata di qualche giorno fa all'auditorium delle scuole don Milani strapieno, viene da dire di sì. È chiaro che c'è tanta gente (non solo in zona) che ama la Panarotta e che soffre a vederla con gli impianti chiusi. Ma è chiaro anche il contrario: c'è tanta gente che la ama proprio perché ha gli impianti chiusi. E per fortuna, al dibattito, la cosa non si è trasformata nella solita rissa fra fazioni.
Merito degli organizzatori, i consiglieri provinciali Michele Dallapiccola e Paola Demagri, di Casa Autonomia.eu, che innanziatutto hanno ammainato ogni simbolo di partito: «Questa non è una iniziativa partitica, è una iniziativa politica» ha esordito Demagri. Dallapiccola ha iniziato con una serie di diapositive: sono le stesse che aveva preparato, da assessore, nel 2018. E quindi: il punto sugli investimenti fatti in Panarotta negli ultimi anni (duemilionisettecentomila euro cash). Affrontando poi alcuni nodi (bacino artificiale sì, o no, e dove?) per finire con un appassionato «Sono felice che oggi ci sia qui tanta gente venuta a dire: sì, a me della Panarotta me ne frega. Noi non vogliamo che venga abbandonata». La serata è stata pacata e costruttiva anche per merito di un tecnico, Matteo Bonazza. Esperto di marketing del turismo, già consulente per il progetto La Sportiva a Passo Rolle («la comunità, allora, non era pronta; ci davano dei folli, ma oggi si vede che è cambiato tutto»). Bonazza ha parlato il giusto, dicendo le cose giuste. Non parole a vanvera come quelle degli assessori di turno che arrivano, sparano cifre milionarie e si lodano, per poi correre via ad un'altra cena nella valle vicina. Ma crude verità.
Per cominciare, ha spiegato che il cambiamento avviene per ispirazione (ho un'idea, la applico); o per imitazione (vedo un'idea di altri e la copio); o per disperazione (il mio piano A è fallito, vado col piano B. Se ce l'ho...). Ma ha anche spiegato che nella “curva del cambiamento” la tipica reazione dei coinvolti è (nell'ordine): shock, rifiuto, rabbia, poi rassegnazione. Chiedendo ai presenti, dritto dritto: siete sicuri che lo volete, il cambiamento? Ovviamente la platea – attentissima – gli ha chiesto quali siano secondo lui le soluzioni. E qualcuno è arrivato a dirgli «ma perché non fa venire qui Delladio con i soldi»? Al che Bonazza ha replicato: «Un imprenditore si muove quando vede opportunità di investimento e guadagno. Voi ce l'avete una proposta»? Però le varianti, le ha delineate, senza peli sulla lingua: "Io – ha detto – vedo tre possibilità - “il modello sci”. Il modello “sci, e”. Il modello“o”...»
"Il modello sci – ha però spiegato brutalmente aprendo un problema che si annuncia centrale per l’intero Trentino nei
prossimi anni – sta per finire. Il cambiamento climatico è più che una realtà, e in pochi anni non solo non ci sarà più
neve naturale sotto i 1800 metri di quota, ma nemmeno riusciremo a fabbricarla. È per questo – ha continuato – che
molte stazioni anche trentine stanno lavorando alacremente alla seconda soluzione: “Sci e”. Sci e mountain bike, sci e ciaspole, sci e wellness... Ognuno ci metta il suo. Quando abbiamo progettato l'idea per passo Rolle con Delladio, abbiamo elencato 56 possibili attività in quota. Con o senza neve, dai cani da slitta all'orienteering».
Bonazza ha fatto capire, quindi, che per la Panarotta vale la pena provare la terza soluzione: niente sci, e solo la
lettera “o”... «Vogliamo insistere sullo sci, o...».
Molti e pertinenti gli interventi, fra cui quello di Roberto Oss Emer (uno dei tre sindaci presenti, assieme a Marco Nicolò Perinelli di Tenna e Katia Fortarel di Civezzano), che ha ripercorso attentamente tutti i passaggi della vicenda, fino
alla traumatica chiusura degli impianti. Una lettura tecnica e senza fronzoli, per arrivare al nocciolo: «I Comuni non
possono fare gli imprenditori. Abbiamo sostenuto la società per quanto possibile, insieme al sindaco di Frassilongo. Ma se non c'è qualcuno che investe, non spetta alle amministrazioni sostituirlo».
Il fatto è – hanno detto in tanti – che la Panarotta, per chi abita in valle, è innanzitutto la “palestra dello sci” per bambini e ragazzi. Ha un grande valore affettivo perché praticamente tutti quelli che erano in sala, hanno imparato a sciare fra Montagna Granda e Rigolor. E così i loro figli. «Per me – ha detto un cittadino – la Panarotta è bella per questo: è un luogo dove le famiglie si ritrovano, dove si crea un rapporto umano sincero, si crea comunità». Un po' come il Monte Bondone per la città di Trento. Ma a vigilare su tutti questi buoni sentimenti, c'era sempre il tecnico Bonazza, che si è comportato esattamente come un dottore: «La situazione del paziente – ha detto un po' scherzando, ma non troppo – è comatosa. Ma prima di operarlo, ogni medico deve fare le analisi. E quindi
qualunque strada sceglierete, ricordatevi che va fatta una attenta analisi».
Interessante anche l'apporto di Donatella Bommassar, ex amministratrice di Terme di Levico (sostituita da Mario Malossini, ndr). Che ha ricordato come la Panarotta è anche Vetriolo. Come aveva detto poco prima il consigliere di Levico, Alberto Frisanco, ricordando il progetto di fare della Panarotta il terzo polo del benessere, con Villa Rosa e le Terme di Levico: «In quota non ci sono allergeni, pensate a quante famiglie con bambini asmatici potrebbero trovare qui una destinazione di salute».
Largo anche ai privati. Da Marco Bogazzi – ex gestore del noleggio sci allo Chalet, e ora anche gestore di Malga Masi –
che ha brutalmente chiesto «ma senza impianti e sci, come pensate che un imprenditore possa mantenere la famiglia?», a Giuseppe Ferrari di Ferrari Sport, senza le cui iniziative non ci sarebbe stato tutto questo risveglio dei Panarotta Lovers.
Ciascuno è uscito dalla sala, dopo quasi tre ore di testimonianze, con la sua idea. Ma intanto un piccolo germoglio è
spuntato, in questa primaveranspaventosamente anticipata. La conclusione di Michele Dallapiccola: «Io continuo a
dire, come dicevo nel 2018, che la montagna ha un futuro se si ricorda anche della zootecnia, dell'agricoltura, del
rapporto con le sue radici autentiche, e della valle dei Mocheni, che ne è parte ed è un valore aggiunto. Deve vivere,
è la “Porta del Lagorai”. Si merita un futuro». Se si fosse votato, alla fine, la maggioranza sarebbe stata per la soluzione “Sci, e”. Ma tutti hanno capito che non ci sarà futuro se non si sceglierà la soluzione “o”.