Il lupo sul Brenta, il Parco aumenterà le fototrappole per monitorarlo
Dallo Stelvio il grande predatore si sta espandendo verso sud. E il 2023 potrebbe essere l’anno della reintroduzione dello stambecco
TRENTO. Il 2023 l’anno dello stambecco sul Brenta? Il Parco Adamello Brenta parteciperà ai lavori di pianificazione di un vasto progetto per valutare la possibilità di una reintroduzione della specie anche nelle Dolomiti di Brenta: il 2023 potrebbe essere dedicato alla programmazione mentre le fasi attuative saranno affrontate a partire dal 2023-24. Intanto proseguirà il monitoraggio della colonia di stambecchi frutto del progetto di reintroduzione avviato nel 1995 sull’Adamello Presanella.
La giunta esecutiva del Parco ha approvato le linee di indirizzo per le attività di ricerca scientifica riguardanti il triennio 2022-2024.
Proseguirà il progetto BioMiti, avviato nel 2018 per studiare l’impatto dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi d’alta quota, in particolare sul massiccio del Grosté, e recentemente anche a quote più basse, nella zona di Tovel. Verranno però avviate o sviluppare ulteriormente anche nuove linee di ricerca. Fra queste, un ampio studio sul rapporto preda-predatore, soffermandosi in particolare sull’impatto del ritorno del lupo, ormai presente anche all’interno del Parco Naturale Adamello Brenta anche se con una densità ancora piuttosto bassa. Sarà incrementato l’utilizzo di fototrappole oggi a disposizione: con questo nuovo sforzo il Parco si propone di entrare in una rete progettuale già attiva nel Parco Nazionale dello Stelvio, dove sono presenti diversi branchi di lupi, in apparente espansione verso sud. Nel contesto di questo progetto è auspicato il coinvolgimento di altri attori territoriali quali ad esempio l’Associazione Cacciatori Trentini e il supporto scientifico di un istituto di ricerca che abbia comprovata esperienza sul lupo.
Al via inoltre un progetto interdisciplinare “Orso-Lupo”, che incrocia tre competenze scientifiche distinte – biologica, sociologica e antropologica – con l’obiettivo di capire come soddisfare la necessità che i diversi gruppi sociali manifestano di essere informati riguardo alla presenza dei grandi predatori sul loro territorio, nella consapevolezza che interlocutori diversi (ad esempio, i bambini delle scuole e gli allevatori) necessitano di approcci e linguaggi diversi.
“La ricerca scientifica è una missione importante del nostro ente – sottolinea il presidente del Parco Walter Ferrazza – perché conoscere è un presupposto indispensabile per agire nella maniera più corretta e incisiva possibile, per tutelare l’ambiente ma anche per promuovere stili di vita sostenibili e contribuire ad affrontare le grandi sfide di questa epoca storica, a partire dal cambiamento climatico. Il programma contenuto in queste linee di indirizzo è ampio e ambizioso e coinvolge oltre alla nostra istituzione anche altre realtà, dentro e fuori il Trentino, nello spirito di accrescere le collaborazioni e fare rete. Molti dei temi di cui ci occupiamo, peraltro, non conoscono confini precisi, e quindi lo sviluppo di sinergie e lo scambio di conoscenze e competenze è cosa utilissima. Ringrazio in particolare la Commissione che abbiamo istituito per contribuire ad elaborare delle linee di indirizzo per gli ambiti di attività del Parco dedicati alla conservazione ambientale del territorio e della biodiversità e alla ricerca scientifica. Come avevamo detto a gennaio, le proposte delle Commissioni, questa e quella istituita per la gestione di malghe e alpeggi, devono tradursi in impegni che i proponenti per primi sentono come propri, e che plasmeranno la vita del Parco nel prossimo futuro”.
Fra le altre attività previste, un progetto “Saturnismo” collegato all’impatto sull’ambiente del piombo presente nelle munizioni dei cacciatori e un progetto “Flora alta quota” dedicato alla flora posizionata alle quote più elevate dell’Adamello e del Brenta, che si lega anche alle altre attività di ricerca sviluppate nell’ambito di BioMiti.