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Desenzano, a rischio il sito archeologico del Lavagnone

Il problema nasce dal prosciugamento progressivo della falda più importante per la conservazione della torba (Foto: Comune di Desenzano)



DESENZANO. Il sito archeologico del Lavagnone è a rischio estinzione. La criticità molto alta che interessa quanto conservato sotto terra da almeno 3500 anni, è emersa durante gli scavi di quest’anno che si sono concentrati sull’area del 1400 A.C. Il problema nasce dal prosciugamento progressivo della falda più importante per la conservazione della torba. In una delle due falde è stato realizzato un pozzo, ma la torba si nutrirebbe principalmente dell’altro.

«È purtroppo un problema di tutti i siti palafitticoli e non si possono fare pozzi per pompare acqua perché sarebbe un rifornimento incontrollato – spiega Guido Malinverno, sindaco di Desenzano – si sta valutando un progetto insieme a tutti gli altri siti palafitticoli con procedure per risolvere il problema. Non è quindi un problema solo di Desenzano: dovrà valutare anche la stessa Unesco. Chiederò rigorose e chiare spiegazioni sulla situazione».

Il sito archeologico dichiarato Patrimonio dell’Umanità è una fonte continua di reperti che vanno ad incrementare la collezione presente al Museo Rambotti. Gli scavi iniziati il 19 giugno dal gruppo di lavoro dell’Università di Milano che sono durati sei settimane e che hanno portato alla luce una serie di interessanti reperti, ma anche l’allarme per la situazione critica della zona umida del terreno che rischia il prosciugamento.

«Se non si interviene rapidamente, in una decina di anni andrà tutto in briciole – sottolinea l'archeologa Marta Rapi, responsabile degli scavi – la falda si è abbassata e se va avanti così potremo solo cercare di salvare il possibile. È da anni che il sito sta perdendo il giusto grado di umidità della torba che conserva naturalmente i reperti. I forti temporali non servono, anzi allagano: serve un ambiente umido e soprattutto stabile».

La delicata situazione del reticolo idrico dell’area era già stata evidenziata dagli studi propedeutici alla realizzazione della Tav che passa a poca distanza e proprio durante gli scavi del tracciato Tav è emersa una villa Imperiale Romana.

«A ottobre il Museo chiuderà per alcune settimane per ripresentarsi con tante novità – dice Claudia Mangani, curatrice del Museo Rambotti – al primo piano sono pronte undici vetrine dove esporremo i nuovi reperti. Al piano terra allestiremo una sala dedicata alla Roma antica con i reperti emersi con la Tav e a uno spazio dedicato alla navigazione dei romani. La villa romana è stata trovata in località Montelungo durante lavori della Tav, poco lontano dal Lavagnone: fibule, ornamenti e tante monete, riportanti l’effige degli imperatori tra cui Costantino ed Augusto, dal I° al IV° secolo, sono state recuperate e restaurate. Stiamo lavorando per allestire una struttura sacra originale e la creazione di un piccolo anfiteatro, dotato di visori per fare un tuffo virtuale nel passato».













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