Il caso

Sgarbi, dimissioni e accuse: «Il ministro Sangiuliano senza dignità»

Il critico d’arte, e presidente del Mart, lascia il posto da sottosegretario: "Torno a fare Sgarbi". Dall’inchiesta per il quadro rubato alle conferenze a pagamento, fino agli insulti ai giornalisti


Silvia Gasparetto


ROMA. Alla fine lascia lui, e annuncia le sue dimissioni "irrevocabili" ancora prima di averle presentate a Giorgia Meloni. Vittorio Sgarbi non sarà più sottosegretario alla Cultura e se ne va ringraziando la presidente del Consiglio, "che non mi ha chiesto niente", ma puntando il dito contro il suo ministro, Gennaro Sangiuliano, che non esita a definire "uomo senza dignità".

L'addio del critico d'arte - il secondo per il governo, dopo quello di Augusta Montaruli, condannata per peculato - è epilogo che fa tirare un sospiro di sollievo, a taccuini chiusi, nella maggioranza. La sua posizione - l'inchiesta per il quadro rubato, le attività extra sotto la lente del garante dopo le segnalazioni arrivate dal ministero della Cultura, le sue esternazioni - hanno creato in questi mesi più di un imbarazzo tra gli alleati.

La premier quando era scoppiato il caso delle presentazioni di mostre, libri e conferenze a pagamento aveva preso tempo, aspettando di "valutare nel merito" le indicazioni dell'Antitrust, che aveva fissato al 15 febbraio la scadenza per pronunciarsi ma potrebbe comunicare prima le conclusioni sull'incompatibilità tra le attività extra governo di Sgarbi e il ruolo che ha ricoperto fino a questo pomeriggio al Ministero della cultura.

Sull'oramai ex sottosegretario pendeva peraltro una mozione di sfiducia delle opposizioni in Aula alla Camera, che sarebbe stata discussa proprio il 15, dopo uno slittamento deciso due giorni fa tra le polemiche. Ora tutti esultano: la "prima cosa giusta che fa", per Avs, mentre i 5 Stelle rivendicano di avere per primi portato avanti la battaglia e chiedono comunque conto a Meloni, come fa il Pd, delle "reticenze" anche su altri casi, subito tirati in ballo, come quello di Daniela Santanchè per i guai con Visibilia, quello di Andrea Delmastro, su cui pende il processo per la rivelazione di segreto d'ufficio legato al caso Cospito, e pure quello - lo tira in ballo Matteo Renzi - di Francesco Lollobrigida, dopo la fermata straordinaria del Frecciarossa a Ciampino.

"Farò sicuramente ricorso al Tar" dice ora Sgarbi, rivendicando il suo lavoro fin qui: "C'è stata un'azione precisa per portarmi alle dimissioni. Sono oggetto di una persecuzione mediatica evidente", attacca a testa bassa, assicurando che non si sarebbe dimesso "sulla base di insinuazioni o pettegolezzi con lettere anonime" ma quando "l'autorità avesse riconosciuto l'incompatibilità". L'arrivo di una "molto complessa e confusa lettera" dall'Authority dove "c'era scritto che non posso fare conferenze da Porro", lo ha spinto a lasciare, dice con una evidente provocazione Sgarbi, che annuncia l'addio per l'appunto a un evento organizzato da Nicola Porro a Milano. Da Palazzo Chigi, per ora, nessun commento. Anche se nelle prossime settimane bisognerà valutare se, e quando, sarà sostituito Sgarbi, considerando che è rimasto scoperto anche il posto lasciato da Montaruli al ministero dell'Università e della Ricerca dove Annamaria Bernini, peraltro, al momento è rimasta proprio senza sottosegretari. Al ministero della Cultura, notano nella maggioranza, non sempre ci sono stati tre sottosegretari (gli altri due sono la leghista Lucia Borgonzoni e Gianmarco Mazzi, eletto con Fdi). E ci sarebbero altri ministeri, a partire dal Mef, che avrebbero chiesto un sottosegretario in più. Uscito di scena Sgarbi - che non è stato eletto in Parlamento e quindi ora torna a essere, come dice lui stesso, "solo Sgarbi - rispettando gli equilibri fissati all'inizio, una eventuale nuova nomina spetterebbe a Noi Moderati, e già si fa il nome della deputata totiana Ilaria Cavo. 













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