«Piccole banche unite per sopravvivere»

Identità di vedute tra Cassa Centrale e Iccrea. Ma i veneti avvertono: «Attenti a demonizzare la concorrenza»


di Roberto Colletti


TRENTO. Sono tempi difficili. La maggior parte dei bilanci semestrali del credito cooperativo sono in rosso, i costi tendono a crescere, non così i ricavi. E le sofferenze volano. “Negli ultimi anni il fondo di garanzia ha coperto perdite per 800 milioni, 450 dei quali nel solo 2012. Quanto potremo resistere?” Se lo è domandato Giorgio Fracalossi, presidente di Cassa Centrale del Nordest, rivolgendosi agli oltre 500 tra presidenti e direttori di Casse Rurali e Bcc riuniti ieri nel centro congressi del Lingotto. “Non possiamo più permetterci la concorrenza interna, dobbiamo parlarci con franchezza ed affrontare le emergenze. Dobbiamo mettere in comune ciò che di meglio ognuno di noi sa fare” gli ha risposto Giulio Magagni, numero uno di Iccrea, la Centrale nazionale.

Di fronte alla crisi che picchia ed un sistema bancario ancora in profonda trasformazione, l'annosa e “fraterna” tensione - “siamo pur sempre tutti cooperatori” dicono - tra le due centrali bancarie è arrivata ad un punto di svolta. Merito forse più degli sconvolgimenti dei mercati che della buona volontà, ma poco importa. “Dalla competizione dobbiamo passare alla collaborazione” ha continuato a ripetere Fracalossi. “Questo incontro non è finito nel nulla com'è accaduto in altre edizioni. Stavolta ho percepito la consapevolezza dei problemi, una grande maturità” ha concesso Magagni lasciando i lavori.

Torino come inizio della svolta nei vivaci rapporti tra Nordest e Roma? É presto per dirlo, anche se si deve prendere atto che il confronto ha lasciato i toni della polemica per assumere quelli del dialogo franco. E però, è il commento, dopo le parole ci vogliono i fatti. I terreni su cui misurare la conversione li ha indicati Mario Sartori, direttore generale di Cassa Centrale: “Conosciamo le emergenze su cui concentrare l'attenzione: le gestione dei rischi sempre più pesante, i costi da razionalizzare, l'insufficiente capacità di generare ricavi, la sfida tecnologica. Se vogliamo essere un sistema di piccole banche a servizio del Paese, dobbiamo diventare più efficienti, reagire alla politica dei grandi gruppi che vorrebbero lasciarci solamente il credito meno redditizio e più rischioso e, soprattutto, divenire il braccio armato del movimento, delle federazioni cooperative.”

Ma attenzione, ha avvertito Schelfi, presidente della federazione trentina, la cooperazione non si può ridurre ai numeri, è molto di più: è un modello di convivenza, di corresponsabilità, è il nostro concreto lascito alle generazioni future.”

La tensione si è rotta, una finestra di dialogo s'è aperta, i temi su cui verificare la buona volontà delineati. “Con metodo e, finalmente, con coraggio” ha sollecitato Giuseppe Graffi Brunoro, presidente delle Bcc del Friuli Venezia Giulia “ho fiducia che, collaborando, riusciremo a tagliare i costi e allo stesso tempo rafforzare i rapporti con soci e clienti.” Ma le sfumature sono tante quante le sensibilità. “Dopo tante incomprensioni ricostruire il dialogo è un grande passo” conferma Ilario Novella, neo presidente della federazione Veneta “ma attenti a demonizzare la concorrenza, la stessa Iccrea in questi anni è cresciuta e migliorata grazie al confronto con Cassa Centrale, l'omologazione potrebbe rivelarsi un danno.” Insomma, collaborazione sì, ma non confusione.

Terreno politico questo, di competenza non delle banche, quanto delle Federazioni che con delicatezza, visto il sovrapporsi delle cariche di molti presidenti, sono state sollecitate a far sentire di più la loro voce ed azione, a cominciare dalla responsabilità nella gestione del fondo di garanzia che, occupandosi di bilanci e di tutela dei clienti, inevitabilmente implica interventi non solo tecnici, ma anche sull'autonoma politica delle Bcc in difficoltà. Nodo complesso e tuttavia, con le cifre rammentate da Fracalossi, urgente e decisivo. Determinante sarà, inoltre, la partita che si giocherà sull'informatica che condizionerà sempre più la razionalizzazione di costi, l'efficienza delle reti, l'evoluzione dei rapporti con la clientela, snodi rammentati da Giorgio Crosina e Stefano Bonomini, direttori di Phoenix e di Ibt. Chiaro il messaggio uscito dal congresso: le banche cooperative, se non vogliono soccombere, debbono mettere da parte la competizione interna ed evolversi, in fretta. Prospettive e buoni propositi sono stati espressi. “I cambiamenti si fanno con le persone” ha detto chiudendo i lavori Schelfi. Ora si attendono i fatti.

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