la novità

I vignaioli Zeni ora si danno alla birra

Nel nuovo laboratorio “Nero Brigante” sono state create una bionda e una scura. Rudy Zeni: «Chi si ferma è perduto»


di Carlo Bridi


GRUMO. Com’è possibile che dei vignaioli leader nel loro settore da decenni, come Roberto Zeni e il figlio Rudy, non si accontentino più di fare vini buoni ma di pensare anche alla birra? Rudy Zeni non ha tentennamenti nella risposta: «È stata la passione per questo prodotto, ma anche la curiosità di vedere gli effetti dell’uso di certi lieviti sui malti che mi ha spinto nella scelta. Ho cominciato ancora quando ero studente a fare piccoli quantitativi, anche perché molti altri compagni di scuola all’Istituto Agrario di San Michele all’Adige si stavano cementando in questo settore grazie alla buona base chimica che ci viene data a scuola».

«Ovviamente l’uso dei lieviti per fare la birra è diverso da quello per fare un buon Trentodoc», prosegue Zeni, «ma a differenza del vino fondamentale è anche il tipo d’acqua usato come base, determinante per la qualità della birra. Nel 2014 mi sono sentito pronto per passare da un prodotto hobbistico a uno artigianale e commerciale. Per questo ho trovato da un’azienda trentina che è specializzata nella fabbricazione di attrezzature per la birra tutto l’occorrente, ed ho sistemato un locale ad hoc al Maso Nero di Pressano costituendo il birrificio artigianale “Nero Brigante”». Zeni ha subito cominciato a piantare anche il luppolo perché a 500 metri di quota è l’ambiente ideale per la sua crescita.

«All’inizio non è stato facile perché la fase di lavorazione è molto impegnativa, ancor più di quella del vino. E per questo se per fare un buon vino è fondamentale la qualità dell’uva, per la birra sono delicati i passaggi della produzione. Ora ho ottenuto due tipi di birra dal mio piccolo birrificio, una birra scura con doppia fermentazione, prima in botte e poi in bottiglia, come il Trentodoc, ottenuta per il 90% con un malto tostato a 90 gradi, che dà il colore alla birra, ed un retrogusto particolare da cioccolato e caffe, e invece un malto cristal che viene tostato a 150 gradi».

Anche i nomi scelti da Zeni per le due birre prodotte sono molto particolari: “La 18” per la birra bionda, prendendo il nome da una storia legata al maso Nero, e “Fra Diavolo”, per quella scura. «Ora il prodotto è in fase di lancio partendo dalla zona di San Michele, sui vari locali dove ha dimostrato di essere molto apprezzata, ma abbiamo organizzato diverse manifestazioni per la presentazione all’hotel Pineta di Coredo, al Bar Giulia di Mezzolombardo, al Grand Hotel Terme di Comano e al Grado 12 di Trento, assieme ad altri artigiani della birra.

E il mercato, come ha accolto questa importante novità? «Abbiamo fatto una prima presentazione nel corso del Vinitaly, e abbiamo subito riscontrato grande interesse nei potenziali consumatori, attratti dal mondo delle birre artigianali del Trentino. Certo, dobbiamo garantire costantemente la massima qualità, vediamo però parecchi giovani che si stanno impegnando su questo fronte, una ventina solo negli ultimi quattro anni. E noi vignaioli non possiamo certo fermarci, ma dobbiamo accettare nuove sfide misurandoci costantemente con il nuovo».

La produzione di Zeni oggi supera le 60-70 mila bottiglie (metà da 0,75 litri e metà da 0,35), e oltre al mercato locale l’intenzione è quella di affiancare la birra ai canali di vendita del vino, particolarmente sui mercati di Milano e Padova. «Ma anche in questo caso il lavoro da fare con i rivenditori è molto: ma le nuove sfide mi affascinano», conclude Zeni.













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