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Contro il ministro Cingolani si alza la voce degli attivisti trentini di “Extinction Rebellion”

La protesta in piazza Dante indirizzata al ministro per la transizione ecologica: «Sono i movimenti non-violenti quelli che hanno raggiunto i risultati più significativi e duraturi nel tempo». Fra i temi l’interramento della ferrovia e l’innevamento artificiale


Fabio Peterlongo


TRENTO. Sono scesi in piazza sabato per far sentire la loro protesta all’indirizzo del ministro per la transizione ecologica Roberto Cingolani, ospite del Festival dell’Economia, contestandone l’approccio al Piano nazionale per la ricostruzione e la resilienza, “colpevole” di non aver tenuto conto delle richieste della società civile e delle associazioni. L’esito, per gli attivisti di Extinction Rebellion Trentino, è un piano insufficiente a contrastare alcuni comparti ritenuti maggiormente responsabili dell’emergenza ambientale. Tra questi gli attivisti indicano gli allevamenti intensivi, l’agricoltura ad alto contenuto tecnologico (contrapposta ad un’agricoltura biologica che tuteli la biodiversità), gli armamenti, le trivellazioni marittime volte all’estrazione di idrocarburi, l’alta velocità ferroviaria e i centri di stoccaggio dell’anidride carbonica.

Nel corso del suo intervento al Festival il ministro Cingolani è sembrato alludere ai motivi delle proteste: «Non ci possiamo più permettere alcuna ideologia, non si può cambiare tutto in un giorno, non c’è una soluzione semplice come sentiamo dire da chi strilla. L’industria non va demonizzata, occorre cambiare il modello produttivo e industriale e sostenibilità è anche garantire il lavoro. Trovo quasi offensivo  dire che questo è contro l’ecologia». Nel corso della manifestazione in piazza Dante, gli attivisti di Extinction Rebellion hanno inscenato un “die-in” ovvero una protesta silenziosa che li ha visti coricarsi per terra come morti.

Gli attivisti di Extinction Rebellion sono i fautori di una mobilitazione permanente contro la crisi ecologica. In un anno e mezzo di attivismo hanno inscenato numerose azioni “shock” in Trentino per mantenere accesa la luce sull’emergenza climatica e sui suoi riflessi locali, indicando le responsabilità del mondo degli affari e dell’industria nonché l’impegno insufficiente della politica. Sono soprattutto giovani e studenti, ma sono aperti ad ogni fascia d’età e ad ogni profilo sociale e professionale. Partono da un nucleo di una trentina di attivisti, ma il gruppo si amplia di volta in volta fino a raggiungere un centinaio di sostenitori pronti a prendere parte alle “azioni” ispirate ai principi della disobbedienza civile non-violenta.

La storia

Frannie Cassarà, portavoce del gruppo con la stampa locale, racconta i primi passi di Extinction Rebellion a livello internazionale: «Il gruppo nasce nel 2018 in Gran Bretagna quando gli attivisti riuscirono a bloccare per dieci giorni tutti i punti nodali di Londra con l’obiettivo di spingere il governo ad impegnarsi contro l'emergenza ambientale. Dopo quest’azione, il governo conservatore cedette e la dichiarazione di emergenza ecologica e climatica fu promulgata». Il metodo di Extinction Rebellion si richiama alla disobbedienza non-violenta, spiega Frannie: «I nostri riferimenti sono Gandhi, le suffragette, il movimento per i diritti civili dei neri americani. Se si guarda alla storia, sono i movimenti non-violenti quelli che hanno raggiunto i risultati più significativi e duraturi nel tempo, perché i movimenti che fanno uso di violenza ottengono solo che il regime diventi altrettanto violento».

In Trentino

Nel 2019 Extinction Rebellion arriva in Trentino e diventa una delle realtà più riconoscibili ed attrezzate nella vasta galassia dei Fridays for Future, gli “scioperi per il clima” lanciati dalla studentessa svedese Greta Thunberg e che hanno portato anche in Trentino diverse migliaia di giovani a scendere in piazza. Nel calderone dei “Fridays” il gruppo di Extinction Rebellion si fa notare per una particolare vocazione progettuale, che lo rende simile ad una “avanguardia” culturale e politica del movimento. Non si limitano alle manifestazioni di piazza, ma creano una rete di sostenitori capaci di organizzare azioni dal carattere spesso provocatorio, in una mobilitazione permanente che vuole tenere sempre accesa la luce sulla crisi ambientale. L’elaborazione del gruppo locale è arrivata a toccare anche i temi ecologici più vicini alla realtà territoriale: «Siamo scettici sull’opportunità dell’interramento della ferrovia, perché metterebbe a rischio alcune falde acquifere in zona Mattarello - indica Frannie - E sullo sviluppo della Ferrovia del Brennero, siamo convinti che occorrerebbe migliorare la linea esistente con un’adeguata manutenzione. Il progetto Tav non è sostenibile, perché solo i lavori di costruzione immetteranno nell’atmosfera una quantità enorme di gas serra». Per il Trentino, Extinction Rebellion immagina un modello di sviluppo capace di salvaguardare le risorse: «L’impatto del surriscaldamento globale, causato dalle attività umane, è ormai visibile anche nel nostro territorio, come dimostra lo scioglimento dei ghiacciai - sottolinea Frannie - Inoltre ogni anno vediamo eventi meteorologici disastrosi senza precedenti». Nel mirino del gruppo anche le piste da sci e l’innevamento artificiale: «Si sprecano queste risorse idriche gigantesche quando ben presto dovremo imparare a fare i conti con la scarsità d’acqua», evidenzia Frannie.

Le azioni

La prima uscita pubblica di Extinction Rebellion Trento risale al 27 ottobre 2019, in occasione della manifestazione di Fridays for Future che porta nelle piazze del capoluogo circa 8mila studenti e simpatizzanti. Il 29 novembre 2019 il gruppo di Extinction Rebellion partecipa alla manifestazione di Fridays for Future che porta al blocco della rotatoria della tangenziale ovest di Trento. La prima azione pensata in autonomia dal gruppo trentino si svolge il 2 dicembre 2019 presso il cineforum di Pergine in occasione della proiezione del documentario “Antropocene” che mostra il devastante impatto ecologico delle condotte umane: gli attivisti inscenano una manifestazione silenziosa nel foyer del teatro. Il gruppo si fa notare in data 21 dicembre 2019, quando presso i frequentatissimi Mercatini di Natale di Trento gli attivisti distribuiscono ai passanti i “regali pre-amati”, ovvero articoli frutto di riuso, soprattutto capi d’abbigliamento invernale rimasti nei cassetti, per testimoniare l’importanza della rottura della catena consumistica. Il 14 febbraio 2020 presso la sede dell’associazione “Costurero”, Extinction Rebellion Trento coinvolge i bambini delle scuole primarie nella scrittura di “lettere d’amore per il pianeta”. Poi arriva la pandemia e le relative restrizioni: il gruppo si concentra su azioni digitali, ad esempio il “bombardamento di email” rivolto alla casa automobilistica Fca per creare pressione al fine di una svolta sostenibile dell’industria dell’auto. Numerosi sono stati i “cineforum ribelli”, durante i quali gli attivisti si collegano in remoto per seguire documentari e film a tema ambientale. A inizio giugno 2020, Extinction Rebellion Trentino torna ad incontrarsi in presenza, manifestando davanti alla sede del Comune di Trento e della Provincia, con un grande striscione recante la scritta “Un altro mondo è possibile”. Con lo stesso striscione, alcuni attivisti occupano per qualche minuto un tratto della tangenziale di Trento all’altezza di Piedicastello. Il 20 settembre 2020 Extinction Rebellion Trentino sale sul Presena per testimoniare il declino dell’integrità del ghiacciaio a causa dei cambiamenti climatici. Il 22 ottobre 2020 gli attivisti si raccolgono al Muse per interrompere una serata in cui l’Eni presentava le sue azioni volte a migliorare l’impatto ecologico dell’azienda di idrocarburi: Extinction Rebellion ritiene le pratiche di Eni come un esempio di “green washing” ovvero di "ecologismo di facciata". Nel corso degli ultimi due anni sono numerosi i webinar in streaming nei quali gli attivisti insieme ad esperti hanno sottolineato il legame tra la crisi pandemica e la crisi ambientale. L’8 marzo 2021 Extinction Rebellion Trentino manifesta in piazza Duomo con travestimenti da “strega” per rivendicare la centralità della questione dei diritti femminili. Il primo aprile, a finire nel mirino sono le banche (ad esempio Intesa) colpevoli secondo gli attivisti di investire in fonti energetiche inquinanti: gli attivisti mettono in scena in piazza Duomo una protesta altamente simbolica in cui un dimostrante, che indossa sul capo un grande globo di cartapesta per rappresentare il mondo delle banche, “vomita” una sostanza liquida sul corpo seminudo di una giovane attivista. Lo slogan della manifestazione è: “Mangiare denaro, vomitare petrolio”. Di recente, il gruppo ha promosso un mail-bombing all’indirizzo del premier Mario Draghi per protestare contro il mancato coinvolgimento della società civile nella stesura del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che dovrebbe delineare la politica industriale ed ecologica dei prossimi decenni.

Lo spirito di “Xr”

Extinction Rebellion si fa notare per le sue azioni provocatorie, pensate per scuotere la cittadinanza e veicolare un messaggio che non si limita al solo ecologismo, ma tocca anche i temi dell’inclusione e dei diritti civili: «Extinction Rebellion può trattare anche di questioni di genere, di democrazia diretta, di partecipazione - ha spiegato Jacopo Di Vieste, 23 anni, studente di Sociologia a Trento - Questa capacità nasce dalla nostra tendenza a fare rete, a valorizzare le istanze e le competenze portate da ciascuno. Le manifestazioni “shock” nascono dalle proposte degli attivisti e vengono progettate insieme. L’intelligenza collettiva tira fuori il meglio delle persone». Le azioni del gruppo non puntano solo a “scuotere”, ma anche a coinvolgere: «Le azioni devono essere efficaci nell’incuriosire le persone - evidenzia Jacopo - Attiriamo l’attenzione delle persone con un’azione d’impatto ed avviciniamo coloro che sembrano più coinvolti proponendo loro una discussione. In passato ho preso parte a movimenti che si limitavano al tradizionale volantinaggio e non ho mai visto risultati simili a quelli che abbiamo ottenuto con Extinction Rebellion». Un aspetto che caratterizza i gruppi di Extinction Rebellion è la modalità originale usata per coinvolgere gli attivisti, che viene definita sulla base della “cultura rigenerativa” dell’attivismo stesso: ogni aderente ha la possibilità di “staccare” dall’impegno per evitare di finire in burn-out, per concentrarsi sulla sua vita personale e riavvicinarsi al gruppo quando si senta pronto. Inoltre il gruppo organizza i ruoli di responsabilità non in maniera rigida, ma in base al metodo della rotazione degli incarichi. Lo spiega Jacopo: «È chiaro che emergono alcune persone più carismatiche di altre. E se si vuole dare il via ad un’azione occorre che ad un certo punto la discussione si fermi e che qualcuno si incarichi della realizzazione. Ma la rotazione degli incarichi è un modo originale per smussare questo problema, cerchiamo metodi per limitare l’accentramento delle decisioni». L’ecletticità dei temi toccati da Extinction Rebellion è un altro modo per dare a ciascuno uno spazio di espressione, come racconta Nau Mocellin, 20 anni, studente superiore: «L’intersezionalità dei vari temi è essenziale. Non si può portare avanti una lotta staccata dall’altra. Anche per questo siamo aperti a tutte le fasce d’età e non solo agli studenti, il contributo di tutte le sensibilità è fondamentale. In Extinction Rebellion ho scoperto la cultura rigenerativa, punto strategico dell’attivismo del gruppo. È infatti essenziale per far funzionare la progettualità, anche perché serve una visione a lungo termine».

La politica

Per passare dalle dichiarazioni d’intenti alla realtà è necessario interfacciarsi con le istituzioni politiche ed economiche. Extinction Rebellion ha delineato a livello internazionale un modello che intende riproporre anche localmente: «Il modello è quello della Convention citoyenne pour le climat, attivata in Francia ed avallata dal presidente Macron - spiega Frannie - È un’assemblea in cui cittadini eletti a sorte ed esperti collaborano per deliberare in merito alla crisi ecologica. La Convention citoyenne ha proposto l’introduzione del reato internazionale di ecocidio, che se approvato sarebbe un’autentica rivoluzione. Politici e padroni d’industria sarebbero responsabili davanti al tribunale internazionale dei danni causati all’ambiente. Una soluzione radicale che però arrivando “dal basso” dà copertura politica ai governi e dà la possibilità di compiere le scelte impopolari che l’attuale crisi impone». Nau è consapevole che solo la politica ha il potere di cambiare le cose: «Noi parliamo ai governi, ma andiamo oltre la politica dei partiti, non ci vogliamo riconoscere in uno schieramento. Anche perché da parte della politica partitica è frequente il “green-washing”». Ovvero la tendenza a darsi una “verniciata” di verde che però non metterebbe in discussione le radici del problema ambientale: «Lo si nota quando noi mettiamo in atto le iniziative più di rottura, sempre all’insegna della disobbedienza civile non-violenta - rileva Nau - Quello è il momento in cui dalla politica partitica il sostegno si dimostra più tiepido, mal tollerato e se ne stanno in disparte». Extinction Rebellion infatti riconosce il valore delle “piccole pratiche” individuali per ridurre l’impatto ambientale, ma lo giudica non sufficiente a produrre cambiamenti strutturali: «È importante che ci sia una rigenerazione che parta da un cambiamento interiore. Per cambiare il mondo occorre cambiare se stessi - riflette Nau - Ma viviamo in una società tossica, le piccole pratiche non bastano e producono cambiamenti in modo troppo lento. Serve un cambiamento promosso dalle istituzioni e dalle realtà economiche. Va bene usare le borracce riutilizzabili, male non fa, ma non è in questo modo che si contrasta strutturalmente ciò che sta distruggendo l'ecosistema».













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