«Infermieri nelle Rsa più piccole solo “reperibili” di notte, la nostra professionalità calpestata»
La lettera aperta di una infermiera alla Provincia contro una recente nota del Dipartimento Salute della Provincia. Avete una segnalazione? Mandate una mail a dilloaltrentino@giornaletrentino.it
TRENTO. Il problema dell’assistenza infermieristica nelle case di riposo è sicuramente tra i più caldi del panorama sanitario trentino. Un problema acuito fortemente nel periodo di emergenza dovuto alla pandemia, e che ancora oggi ha delle forti difficoltà sotto il profilo organizzativo.
Anna è una delle infermiere trentine che presta il suo lavoro all’interno delle case di riposo della nostra provincia, e punta il dito in modo particolare su una recente nota firmata dal Dipartimento Salute e Politiche Sociali della Provincia.
Dopo aver letto questa nota che parla di “reperibilità” senza la presenza di infermieri di notte nelle case di riposo più piccole (meno di 71 residenti) Anna ha scritto una lettera alla Provincia e l’ha mandata anche via mail a dilloaltrentino@giornaletrentino.it per sollevare il problema di una professionalità, a suo dire, «calpestata e declassata a bisogno».
Scrive Anna: «Buongiorno, il 4 luglio scorso è stata emessa una nota da parte del Dipartimento Salute e Politiche Sociali della Provincia di Trento che mi ha lasciata basita.
LA MAPPA INTERATTIVA DELLE SEGNALAZIONI
Ho voluto scrivere all’assessore provinciale Stefania Segnana le mie perplessità in merito ma credo si importante mettere a conoscenza anche i cittadini di questo fatto a mio avviso deplorevole.
Ecco la mia lettera
Buongiorno, sono Anna e Le scrivo in qualità di infermiera. Dopo aver letto il documento esplicitato con nota prot. 0470205 dd 04 luglio 2022 che indica i requisiti minimi transitori per l´assistenza infermieristica nelle Rsa e che riporta la Sua firma, voglio proporre una riflessione.
In un primo momento voglio metterLe in luce alcune questioni che riguardano gli utenti delle Rsa.
Nelle prime righe del documento si scrive “al fine di garantire standard accettabili e uniformi di sicurezza e qualità dell’assistenza”.
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Quali sono le caratteristiche che consentono di definire questi standard “accettabili”? Cosa significa per La scrivente il termine “accettabili”?
Per quanto riguarda la sicurezza invece Le chiedo di indicarmi dove può esserci sicurezza con le indicazioni che vengono date?
Quali sono le motivazioni che hanno spinto la decisione che nelle Rsa con meno di 71 residenti non serve la presenza fissa di un infermiere ma è sufficiente solamente la copertura notturna in reperibilità?
“La reperibilità può essere garantita su più sedi; inoltre, in presenza di accordi tra strutture, il servizio notturno può essere coperto con la presenza attiva di un infermiere in una delle strutture e garanzia di un intervento tempestivo su chiamata nelle altre”.
Bene, considerando che all’interno delle Rsa sono residenti persone altamente suscettibili ad eventi avversi, tralasciando il numero di residenti e quindi l’aumentare delle probabilità, com’è possibile anche solo pensare che un solo infermiere presti servizio contemporaneamente in più sedi a meno che contestualmente all’esame di laurea il candidato non acquisisca anche il dono dell’ubiquità?
Il Dipartimento scrive che le indicazioni “sono di natura transitoria e da intendersi, dunque, valide esclusivamente in questo specifico contesto straordinario ed emergenziale”, non riporta però una data di conclusione del periodo “straordinario ed emergenziale”, fin quando potrà durare? O meglio: fin quando potrà essere protratto questo periodo a suon di deroghe e posticipazioni?
Proseguendo indicate come possibilità per l’Apss di valutare “la necessità di trasferimenti di residenti con particolari necessità clinico assistenziali presso altre strutture”, ma in quali strutture visto che in ambito sanitario la situazione della mancanza di personale infermieristico è ovunque la stessa? Pensiamo di trasferire il “pacco” magari ad un Pronto Soccorso o ad un reparto di Degenza di un ospedale?
Per quanto riguarda il punto di vista dei fruitori dei servizi delle Rsa si è tenuto conto che si parla di Persone e non di Oggetti da poter deporre/disporre come meglio conviene?
Cosa dovrebbero pensare i familiari delle Persone residenti nelle Rsa che magari si son visti costretti a doverli affidare alle sapienti cure del personale specializzato perché non si sentivano adeguati ad assicurare il giusto grado di assistenza e/o sicurezza all’interno della propria abitazione? Quale tranquillità possiamo offrire alle famiglie che sanno che il loro caro é lasciato alla mercé del cielo e della buona sorte?
Ultima ma non meno importante la questione della qualità dell’assistenza infermieristica.
Leggendo le indicazioni “concordate con Apss e con i rappresentanti degli enti gestori” mi chiedo chi siano coloro che hanno potuto concordare un tale abominio.
Saranno forse la maggior parte esperti di nursing? Mi auguro con tutto cuore che non sia così... d’altra parte va di moda al giorno d’oggi professarsi esperti proferendo sentenze con la sicurezza di “chi sa” e lasciare da parte chi nel ambito ci lavora magari da 20-30 anni o ancor peggio l’Ordine delle professioni Infermieristiche che potrebbe essere soggetti di valore nel dover prendere decisioni di questo genere.
Che ne sanno coloro che hanno firmato tale documento della complessità assistenziale dei pazienti all’interno delle Rsa? Che ne sanno della qualità delle cure, dei parametri dell’assistenza?
La professione infermieristica, tanto lodata nei primi mesi dello scorso anno, può essere così calpestata e declassata a bisogno?
Come vengono mantenute le condizioni minime di “accettabilità e sicurezza” per il lavoratore?
Quella per la dotazione infermieristica nelle Rsa risulta essere una gara a ribasso? A favore di chi? Non di certo a favore degli infermieri né tantomeno a favore degli utenti delle Rsa.
Rimango riluttante nel leggere certi documenti redatti da chi per definizione dovrebbe essere proprio il garante per il mantenimento del benessere di quelle persone che si trovano a dover subire questi diktat”», conclude Anna nella sua lettera inviata alla Provincia.
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