Premio a Paolo Peloso «Una grande sorpresa»
Intervista al direttore. Domani sera il riconoscimento dell’Associazione Mozart Italia «Abito da tanti anni a Rovereto, una città civilissima». Alle spalle una luminosa carriera
Rovereto. Nella cornice degli eventi della Settimana Mozartiana 2019, organizzata dalla sede nazionale di Rovereto dell'Associazione Mozart Italia, il 19 settembre il Maestro Paolo Peloso riceverà un riconoscimento alla carriera in occasione del concerto al Teatro Zandonai del figlio Gian Paolo Peloso, violinista, accompagnato al pianoforte da Bruno Canino (ore 20.45). Il Maestro Paolo Peloso ha iniziato la sua carriera al Teatro dell'Opera di Genova, dove ha diretto concerti e spettacoli lirici e dove, per anni, è stato invitato per la direzione del prestigioso Concorso Internazionale di Violino Premio Paganini. Per tre anni è stato direttore stabile alla Scala di Milano per i balletti, dirigendovi anche opere liriche. Ha lavorato inoltre con le orchestre della Rai di Roma, Torino e Milano, oltre ad essere presente nei cartelloni sinfonici e lirici dei più importanti teatri italiani e stranieri. Dal 1965 è poi tornato per anni a dirigere l'orchestra Haydn di Bolzano e Trento.
Dopo il diploma in pianoforte e organo, lei si è iscritto ai corsi di direzione d’orchestra all’Accademia Chigiana di Siena. Può raccontare com’è maturato il passaggio alla direzione d’orchestra?
All’Accademia di Siena, dove tra l'altro ho avuto l'occasione di seguire i miei corsi insieme ad artisti del calibro dei Maestri Abbado e di Zubin Mehta, il mio maestro era Alceo Galliera, all’epoca direttore dell’Orchestra di Genova. Nel ’58 sono entrato come maestro sostituto al Carlo Felice di Genova, seguendo le sue orme.
Quali sono le principali differenze e analogie che si riscontrano nella professione di direttore e di strumentista?
Innanzitutto quasi tutti i direttori d’orchestra arrivano a dirigere dopo aver praticato su d'uno strumento; chiaramente un direttore dev'essere estremamente preparato su tutti gli aspetti dell'opera che andrà a dirigere, su tutte le parti che andranno a comporre il risultato finale. Da questo punto di vista il lavoro dello strumentista è più “ristretto”, sebbene in un’orchestra non si possa mai ignorare ciò che gli altri musicisti stanno suonando. Il direttore, in poche parole, è colui che coordina gli sforzi di tutta l’orchestra, è un lavoro che presenta difficoltà molto maggiori rispetto a quelle di uno strumentista. Per fare un esempio, ai miei tempi era fondamentale per un direttore seguire le particolarità vocali dei cantanti, perché allora la voce era considerata molto più importante di quanto non lo sia oggi. Il direttore doveva quindi adeguarsi, senza però mai dimenticarsi di quanto tutti gli altri componenti stessero facendo nel mentre. Quando è presente un coro poi... l’opera è molto più complessa dei concerti.
Nel corso della sua lunga ed apprezzata carriera artistica ha diretto molte e prestigiose orchestre italiane e straniere nei migliori teatri del mondo. Ha diretto opere sinfoniche e liriche e balletti. Con quali orchestre ha lavorato meglio? Quali compositori ha amato dirigere?
In Italia, come ho già detto, ho iniziato a Genova, dove ricordo ancora “L'angelo di fuoco” di Prokofiev che abbiamo realizzato con la regia di Virginio Puecher. Ma ho lavorato con grandi soddisfazioni anche con le orchestre di varie città italiane, da Milano a Verona a Firenze, e poi ancora Roma, Napoli, Palermo, Catania, Bari... anche l'esperienza oltre-oceano è stata fantastica: Ottawa, Montreal, San Francisco, Toronto, tutti luoghi in cui ho trovato grande professionalità e passione. Di San Francisco in particolare ricordo le rappresentazioni de “La Tosca” di Puccini e de “La Traviata” di Verdi.
Ha collaborato con artisti di calibro straordinario. Può ricordare alcuni nomi?
A San Francisco, verso la fine degli anni ’70, ho lavorato con Luciano Pavarotti. Quando invece nel ’68 ho iniziato alla Scala di Milano, dove ho diretto diversi balletti, ho avuto Piero Cappuccilli come baritono per “Il Rigoletto”. Poi ancora abbiamo fatto tre opere insieme a Carlo Bergonzi che aveva una voce straordinaria, un vero tenore lirico. Tra le altre esperienze ricordo anche quelle con l'orchestra Haydn, con la quale abbiamo fatto tanti concerti. In particolare ricordo di aver accompagnato Claudio Arrau nel “Quinto concerto per pianoforte ed orchestra” di Beethoven.
Vive a Rovereto da molti anni: cosa le piace della città? Si aspettava il riconoscimento alla carriera?
Ho una storia interessante riguardo a Rovereto. Nel 1977 ero a San Francisco, con me c’era anche Gianandrea Gavazzeni, un grande direttore d'orchestra. Quando venni ad abitare a Rovereto gli mandai l’indirizzo, e la risposta che ricevetti fu: «Mi compiaccio che lei viva ora nella civilissima città di Rovereto». Rovereto è l’Atene del Trentino, è una città straordinaria. Io sono piemontese ma questa è diventata la mia seconda patria. Sinceramente non mi aspettavo il riconoscimento. Inutile dirlo: è una sorpresa di cui sono immensamente felice.