L'INTERVISTA

Ezio Bosso torna in Trentino: "Amo questa terra"

Il grande musicista sarà a Trento il 2 settembre per un concerto in piazza Duomo. «In Trentino sto bene: con i miei amici della Sosat ogni tanto ci ritroviamo»


di Katja Casagranda


TRENTO. Alla sua V edizione il Trento Summer Festival propone un concerto sinfonico e l’unica data in Triveneto del tour di Ezio Bosso e il StradivariFestival Chamber Orchestra con violino solista Anna Tifu. Nella veste di direttore d’orchestra Ezio Bosso salirà sul podio di Piazza Duomo il 2 settembre a Trento.

Con quale emozione o consapevolezza arriva a Trento con questo progetto che sta portando in tour?

Veramente quello di Trento è a tutti gli effetti un debutto, in quanto la Stradivari per la prima volta si presenterà nell’organico che abbiamo sognato sin dalla nascita del progetto e con una vera e propria selezione di All Stars del mondo della musica da camera e dell’orchestra. Tutti con lo stesso obiettivo di dedizione, ricerca e amicizia e tempo da condividere che ci accomuna.

Cosa l'ha spinta a scegliere un repertorio così particolare e per certi versi impegnativo per questo progetto?

Tutto è impegnativo. È difficile essere semplici, diceva sempre Horowitz. Ciò che è facile in musica è antimusicale e diseducativo. In questo caso il tema comune del repertorio è il muoversi, è il vivere un’Utopia.

Ha dichiarato che ciò che la spinge nel suo approccio alla musica è la voglia di scoprire sempre qualcosa di nuovo, questo la porta a confrontarsi con pagine impegnative oppure il suo amore per la ricerca la spinge ad esplorare pagine poco conosciute e di rara esecuzione ?

La musica classica ha la natura di divenire contemporanea in ogni sua interpretazione. Il repertorio poi lo decido sempre in armonia con chi mi invita. Al momento poi non mi sto affatto spingendo verso pagine di rara esecuzione, non ho quel tipo di complesso filologico. Amo la ricerca filologica ma la amo soprattutto se applicata ai grandi repertori classici che, per quanto molto eseguiti, hanno sempre il fascino dell’eterno e dell’infinita ricerca.

La musica classica solitamente ha un pubblico d'elite, eppure lei ha un seguito quasi da rock star, come vive questo fenomeno?

Lo vivo senza considerarlo un fenomeno, ma un grande regalo. In questi anni stiamo giocando una partita molto importante, direi essenziale e che riguarda la sopravvivenza stessa del grande patrimonio classico a cui tutti noi, volenti o nolenti, apparteniamo. Se la mia capacità di comunicare ad un pubblico più vasto è un piccolo tassello, positivo, di questa guerra contro l’oblio, non posso che esserne felice. Aver reso questa musica d’élite è un insulto alla natura e alle lotte dei musicisti che tanto nominiamo: Mozart e Beethoven per fare un esempio hanno lottato proprio perché la musica fosse di tutti. E questo è parte del mio sforzo e dei miei sacrifici per rispettare e amare tutti coloro che hanno lasciato un patrimonio così importante per la vita.

Quanto la televisione a suo avviso, pensando alla sua partecipazione a Sanremo e quindi alla notorietà che ne derivò, può dare un impulso positivo anche alla musica classica?

Sarebbe fondamentale e lo dico sempre. Potrebbe dare un grande contributo, come lo ha dato alla comprensione dell’italiano dopo la seconda guerra mondiale, alla divulgazione culturale del teatro e del repertorio classico negli anni 60 e 70, potrebbe ma al momento sembra non volerlo fare più.

Che rapporto ha con la musica classica contemporanea e dove crede stia andando la musica colta?

La musica è contemporanea a se stessa e continua ad esserlo finché viene eseguita. In fondo sono stato un compositore classico contemporaneo e anche se oggi non compongo più, mi eseguo ancora di tanto in tanto. Non so dove andrà la musica contemporanea, ma le auguro ogni bene, soprattutto di pensare ad essere più musica e perdere meno tempo a pensare a come essere contemporanea

Già ospite dei Suoni delle Dolomiti con un progetto che è confluito anche in un disco, che ricordo o emozione ha legata al Trentino?

Come uno dei regali più belli della mia esistenza: il regalo della comunità della Val di Fiemme di farmi essere un albero del Trentino che ad oggi ha 260 anni e continuerà a fare del bene a lungo dopo la mia dipartita. Insomma sono un po’ Trentino. E poi qui ho anche i miei amici del coro della Sosat con cui quando possiamo ci troviamo per fare musica a casa.













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