«Noi lasciati soli coi figli disabili» 

Il caso in Bassa Valsugana. Un gruppo di familiari ha incontrato l’assessora alla salute Segnana per mettere sul tavolo piccoli e grandi disagi «Stando a casa con i nostri cari abbiamo rinunciato al lavoro e ora non sappiamo nemmeno cosa sarà di loro quando noi non ci saremo più»


Marika Caumo


Roncegno. Franca, Giuseppe, Nicoletta, Ersilia, Germana, Alessandra, Liliana, Ornella, Manuela. Sono mamme, papà, sorelle di ragazzi affetti da disabilità. Famiglie della Bassa Valsugana unite dal destino, da storie comuni ma ognuna diversa. Le accomuna il dolore, la rabbia per le cose che non vanno ma soprattutto una grande forza e la voglia di lottare per il bene dei loro cari. Ieri mattina hanno incontrato l'assessora alla salute Stefania Segnana: un confronto per illustrare piccoli e grandi problemi con cui si scontrano quotidianamente, per chiedere servizi e risposte, veloci, perché il tempo scorre, i loro ragazzi crescono e bisogna pensare al "dopo di noi".

Famiglie lasciate sole

Erano una decina ieri a casa Franca Boccher, mamma di Bruno, 31 anni, con una gravissima disabilità da asfissia neonatale. C'è Nicoletta, sorella di Alessandro, rimasto disabile dopo un incidente: «E' la prima volta che la politica viene da noi- sottolinea -. Siamo persone, non numeri. Abbiamo bisogni specifici, dovuti da una sorte avversa che non abbiamo cercato. E una domanda, a cui non abbiamo risposta: se ci ammaliamo, chi si prende cura di loro? La casa di riposo non è la soluzione. La Comunità di valle non riesce a gestire le emergenze, le case di accoglienza più accreditate sono sature, non c'è posto. Le nostre esigenze sono accantonate». E prosegue: «Ci sono tantissime persone con disabili in casa, che non parlano perché stanche e demoralizzate. Anni di indifferenza della politica, ostaggi di una burocrazia che ci attanaglia per qualsiasi cosa. Vivere con una persona disabile è difficile, abbiamo imparato ad arrangiarci per forza. Siamo famiglie fragili, ognuno di noi è indispensabile per i nostri cari: siamo come le tessere di un domino, se cade una cadono tutte».

L’esperienza di mamma Ersilia

C'è Ersilia, mamma di Laura, una giovane ragazza autistica che sta trovando sollievo a Casa Sebastiano, a Coredo. «Ma dopo un anno termina la permanenza, così si va a vanificare il lavoro fatto e i nostri ragazzi ritornano nel baratro», spiega. «Ci sarà in automatico la proroga della permanenza per tutti e saranno attivati percorsi di formazione specifica del personale sul territorio», è stato assicurato

Troppa burocrazia

Alessandra, mamma di una bambina di nome Giada, affetta da tetraparesi spastica: «Siamo già morte, non abbiamo sogni, se avevamo un lavoro lo abbiamo perso: stiamo a casa, seguiamo i nostri figli, impazziamo». Racconta della burocrazia eccessiva, chili di carte da produrre per ogni cosa che fanno desistere le famiglie dal chiedere aiuti e servizi che sono un diritto. «E mancano informazioni. Spesso, parlando tra noi, siamo venuti a saperle», precisa un altra mamma. Cosa chiedono? Burocrazia più snella e assistenza di personale formato, specializzato e motivato, perché serve passione per fare un lavoro così delicato. E vigilanza su chi non svolge bene il proprio lavoro.

Un primo passo, ha spiegato la Segnana, si sta facendo. Si tratta della sburocratizzazione del rapporto tra amministratore di sostegno e giudice tutelare per la fase di rendicontazione e sono in programma due giornate (15 maggio e 5 giugno all'Apsp di Borgo) per presentare il nuovo servizio messo in piedi con il fondo vitalizi.

Dopo la scuola c’è poco

Germana, Liliana, e Manuela ricordano che al termine del percorso scolastico i loro figli sono accolti in centri socio educativi ma, a differenza di altre valli (Alta Valsugana ad esempio), solo per 3 giorni la settimana anziché 5. «Sono tanti e mancano i soldi, ci hanno detto in Comunità. E gli altri giorni devono stare a casa», proseguono. Inoltre, spiegano, ognuno di loro ha disabilità e capacità diverse, che vanno valorizzate.

L'assistenza domiciliare integrata funziona molto bene ma la preoccupazione è grande sul "Durante" e "Dopo di noi". «In Europa siamo gli unici a sperare che i nostri figli muoiano prima di noi, la legge del 2016 sul diritto di poter scegliere dove e con chi vivere è ancora un miraggio. Non posso ammalarmi, mi sono arrangiata con fatica. Non è giusto che i fratelli ricevano tutto questa sofferenza in eredità perché lo Stato non sa farsi carico dei nostri cari - conclude Franca, accarezzando dolcemente Bruno -. Bisogna far qualcosa, e presto. Creare complessi di piccole dimensioni, che ricreino l'ambiente di casa, con non più di 4-5 utenti, possibilmente con uguale patologia e seguiti da personale formato».













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