Mori, l’assalto al consiglio il Comune grazia i “ribelli”
L’amministrazione non si costituirà parte civile nel processo contro gli occupanti delle Fratte che avevano lanciato terra nell’aula del consiglio nel febbraio 2017
MORI. Il Comune di Mori non si costituirà parte civile (ossia non chiederà i danni) nel processo a carico di coloro i quali avevano interrotto e “occupato” il Consiglio, con tanto di getto di terra. Ciò però non significa che il processo non ci sarà, perché resta comunque la contestazione di interruzione di pubblico servizio in concorso (la denuncia era nei confronti di sei persone) relativa all’invasione durante il civico consesso del 27 febbraio 2017, nel pieno della protesta contro la costruzione del vallo-tomo. Dopo che la Procura ha interpellato il Comune per capire se intendesse o meno costituirsi parte civile, il Consiglio si è riunito in riunione informale segreta e a maggioranza ha manifestato l’intenzione di non procedere. La prossima settimana dovrebbe partire la lettera con la conferma in tal senso. Si prospetta dunque una clemenza parziale (più che altro un non accanimento, perché il quadro degli imputati non migliora di molto) da parte dell’ente pubblico, ben diversa però da quella chiesta qualche mese dopo i fatti in un’ottica di pacificazione da Cristiano Moiola, che in una mozione aveva proposto di ritirare le denunce, non ottenendo il sostegno di nessun collega (per il Movimento 5 Stelle la protesta era legittima e dunque non aveva senso chiedere clemenza, bensì sarebbe servita giustizia nei confronti di chi a detta dei pentastellati avrebbe abusato della procedura di somma urgenza per costruire l’opera). Moiola ora torna sul tema: «È un passo avanti. Mi auguro si faccia anche per le altre due denunce». Oltre a quello per l’invasione del Consiglio sono in corso altri due procedimenti: quello per l’occupazione del cantiere a inizio dicembre 2016 (cinque denunciati – non solo dal sindaco ma anche da referenti della ditta che ha eseguito i lavori – riconosciuti dalle foto su una ventina di manifestanti) e quello per l’occupazione dell’ufficio del sindaco di fine gennaio 2017 (sempre cinque persone). In quel 27 febbraio vari componenti della Tribù delle fratte (il variegato gruppo di oppositori dell’opera di difesa propedeutica alla demolizione del famigerato diedro di roccia incombente) erano entrati in municipio durante il Consiglio comunale e avevano rovesciato dei sacchi di terra all'interno dell'aula, portando con sé anche uno striscione. L’intento era quello di proiettare anche fisicamente al centro del dibattito le conseguenze più dirette della realizzazione del vallo-tomo, ossia i terrazzamenti scavati dalle ruspe: “Siamo venuti a riportarvi un po’ delle vostre macerie”, recitava lo striscione. Il Consiglio era stato sospeso e non era più ripreso. Il sindaco Stefano Barozzi aveva parlato di «altro inaccettabile sfregio alle istituzioni. Un conto è esporre striscioni o fare picchetti, altro è lanciare terra e sassi».
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