Un'idea alta di libertà (di stampa, ma non solo)
Dal "Blog d'Autore" del direttore Alberto Faustini
Il giornalismo è sotto tiro. Minacciato quotidianamente. Delegittimato. Le aggressioni, gli insulti, le querele spesso assurde, hanno un unico obiettivo. Che arrivino dalla mafia, dalla politica, da un algoritmo dell’insulto o da chi passa la giornata inondando i social e la rete di odio, poco cambia: l’obiettivo è metterci la museruola. La paura e le intimidazioni a volte rafforzano: aiutano a lavorare con fermezza e lucidità. Altre volte, invece, rendono fragili. Un’informazione sotto attacco non fa bene a nessuno: perché dobbiamo restare una spina nel fianco di ogni potere. Un cane da guardia al servizio dei lettori. Raccontare ciò che accade non rende simpatici. Ma farlo è indispensabile. Lo è per la democrazia e per un’idea alta di libertà. Che parte dall’articolo 21 della Costituzione per arrivare a una società che ha un unico modo per combattere superficialità, attacchi e frottole: la profondità e la precisione.
In Italia sono 19 i giornalisti sotto scorta. Ad alcuni di loro - a cominciare da Paolo Borrometi (che la mafia siciliana vuole uccidere per le sue inchieste) e da Federica Angeli (minacciata dalla mafia di Ostia per i suoi articoli e per le sue testimonianze) - stiamo dando voce in questi giorni. Pubblicando alcuni degli articoli per cui sono stati condannati a morte dalla mafia. È una goccia nel mare della paura, della disinformazione, del dileggio, delle intimidazioni. Ma il mare è fatto di gocce. Dovrebbe ricordarlo una politica che non si preoccupa più né di mafia né di una libertà di stampa che considera anzi fastidiosa: come se indagare sull’azione di chi ogni giorno esercita più o meno correttamente un potere significasse disturbare il manovratore. E dovrebbe ricordarlo chi si dimentica quanti giornalisti, nel mondo e in diverse democrazie apparenti, vengono uccisi e arrestati. O chi pensa che le parole e le offese in libertà abbiano lo stesso peso delle inchieste firmate da veri e seri professionisti dell’informazione.
Attorno a chi ogni giorno cerca di fare al meglio il proprio lavoro, raccontando ciò che vede anche quando qualcuno vorrebbe coprirgli gli occhi o cucirgli la bocca, sta crescendo una pericolosa solitudine. Per questo non dobbiamo smettere di parlarne, di scriverne. Di alzare la voce.