kj2 abbattuta

Zibordi: «Mettere l’orsa in una gabbia? Una tortura»

Il naturalista: togliere un esemplare così dal territorio fa il bene della popolazione dei plantigradi


di Luca Marognoli


TRENTO. Togliere esemplari come KJ2 dal territorio significa fare il bene della popolazione di orsi che vive al suo interno e dell’intero progetto Life Ursus. Quella di Filippo Zibordi, naturalista e autore di diverse pubblicazioni sui plantigradi (l’ultima è il libro “Gli orsi delle Alpi”, Blu Edizioni) è una valutazione da zoologo, attento quindi per prima cosa agli equilibri ambientali di una specie.

Zibordi, in Provincia dicono che l'orsa è stata uccisa deliberatamente, perché ritenuta pericolosa e perché la cattività non è una soluzione. Aldilà del caso specifico, si può evitare di arrivare all’abbattimento?

La decisione presa dalla Provincia è prevista dai protocolli e in generale giustificabile: uno degli strumenti da mettere in atto è proprio di togliere degli animali di torno quando si rendono pericolosi. Non siamo in Alaska o allo Yellowstone, e anche se gli orsi si comportano da orsi, visto che KJ2 non ha fatto nulla di furioso o di feroce, alcune cose legittime per quanto riguarda l’etologia della specie se fatte in Trentino diventano poco opportune. Sul cosa fare dopo, non è il mio lavoro dirlo. Potrei dare dei pro e dei contro per entrambe le soluzioni...

Provi a farlo, per cortesia.

Uccidere un animale urta molto la sensibilità di chi è attaccato alla vita del singolo. Personalmente ritengo che sia opportuno in alcuni casi, come quello di KJ2, intervenire per togliere alcuni orsi singoli per fare il bene della popolazione degli stessi e dello stesso progetto. E questo è quello che la Provincia ha fatto. Si può decidere di abbattere un esemplare perché è abituato alla libertà e se lo metto in una sorta di “carcere a vita” non ne garantisco il benessere: per alcuni può diventare una tortura. Dall’altra parte abbatterlo, per la sensibilità di tanti altri, è un gesto di violenza. Qui si arriva alla morale dei singoli... È chiaro che in prospettiva non è sostenibile economicamente mettere alcuni animali in una gabbia ogni due o tre anni: il costo è molto elevato. Ma questo è previsto nello studio di fattibilità di Life Ursus già nel 1997 e del Pacobace, il protocollo d’azione sottoscritto da tutte le regioni. E infatti la Provincia lo ha fatto già due volte: con Jurka e un altro esemplare.

Lei parla del bene della popolazione degli orsi, ma l’intervento è stato fatto per la sicurezza di quella umana...

Le due cose sono strettamente collegate: non fare nulla quando c’è stata un'aggressione in passato ha fatto il male della popolazione degli orsi, perché l'accettazione sociale nei loro confronti è diminuita fortemente ed è cresciuta la gestione occulta come il bracconaggio.

Ci sono rischi per i cuccioli?

Privarli della madre nel mese di agosto, quando sarebbero andati in letargo con lei in inverno, pone dei rischi. Potrebbero non riuscire a trovare una tana, avere poco cibo e quindi non sopravvivere all'inverno. Ma i cuccioli di Daniza, abbandonati a settembre, si salvarono.

Dicono anche che gli orsi sono troppo concentrati in un'unica zona e non si sono distribuiti come sarebbe stato auspicabile.

Ci sono dei periodi dell'anno in cui si creano concentrazioni particolarmente elevate in alcune zone, che gli orsi trovano particolarmente adatte.

C'è un modo per orientare i loro spostamenti?

No, se fossero spostati tornerebbero sui loro passi.













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