Veneto contro Trentino. «Il governo ci discrimina»

Zaia impugna davanti alla Corte costituzionale la norma contenuta nella legge di stabilità che affida alle Province competenza esclusiva sulla finanza locale


di Paolo Morando


TRENTO. Non bastava il fronte romano, ora la Provincia deve coprirsi le spalle anche rispetto al vicino Veneto. Che una ventina di giorni fa ha notificato al governo un ricorso alla Corte costituzionale contro la legge di stabilità, contestata in diverse sue parti: 10 diversi commi dell’unico maxi articolo di cui si compone. Ma uno di questi ci riguarda da vicino: si tratta del 518, che modifica lo Statuto di autonomia, in particolare l’articolo 80 in materia di finanza. «Le Province hanno competenza legislativa, nei limiti stabiliti dall'articolo 5, in materia di finanza locale», recitava prima della legge di stabilità. Quest’ultima lo ha invece sostituito con un dettagliato articolo in cui prima di tutto viene tolto il riferimento all’articolo 5 (in sostanza i vincoli dell’ordinamento giuridico dello Stato e l’interesse nazionale) e, soprattutto, si dà potesta a Trento e Bolzano di istituire nuovi tributi locali e di disciplinare «i tributi locali comunali di natura immobiliare istituiti con legge statale, anche in deroga alla medesima legge, definendone le modalità di riscossione e può consentire agli enti locali di modificare le aliquote e di introdurre esenzioni, detrazioni e deduzioni». Con l’ovvio corollario secondo cui «le compartecipazioni al gettito e le addizionali a tributi erariali che le leggi dello Stato attribuiscono agli enti locali spettano, con riguardo agli enti locali del rispettivo territorio, alle Province».

Si tratta come noto della competenza sull’ex Imu, ora appunto in capo alle Province: un punto al centro di una lunga e complessa trattativa con l’allora governo Letta e concretizzatasi lo scorso novembre in un decisivo emendamento alla legge di stabilità depositato dai parlamentari trentini e altoatesini della maggioranza. Già all’indomani della pubblicazione della legge di stabilità in Gazzetta ufficiale, gli ultimi giorni del 2013, era stato però il capogruppo del Nuovo centrodestra nel Consiglio regionale veneto Dario Bond a sollecitare l’impugnazione davanti ai giudici della Corte costituzionale: «Ho chiesto al presidente della Regione Luca Zaia di non lasciar passare questa ingiustizia - aveva dichiarato Bond - non possiamo tollerare l’ennesimo atto di spregio nei confronti delle Regioni ordinarie, in particolare delle aree più deboli come il Bellunese. Se il presidente Zaia firmerà il ricorso, come mi ha preannunciato, mi avrà al suo fianco e potrà contare sul mio totale sostegno in una battaglia difficile, coraggiosa e lungimirante».

La battaglia è ora ufficialmente avviata. E con toni roboanti: stando al ricorso del Veneto, infatti, il comma in questione «introduce un regime fiscale differenziato, altera le condizioni economiche e patrimoniali degli operatori economici e configura una violazione degli articoli 3, 11, 23 e 117 comma 1 della Costituzione, procurando una discriminazione economica ingiustificata su base territoriale che incide sulle libertà fondamentali riconosciute dall’Unione europea». Inevitabile la decisione della giunta provinciale di resistere al ricorso davanti alla Consulta: di qui la delibera approvata nella seduta di venerdì scorso. Chissà se Rossi e Zaia avevano avuto modo di parlarne, nel faccia a faccia tra i due all’inizio di febbraio a Venezia. Non si direbbe rileggendo quando disse allora Rossi, anzi orgoglioso di aver illustrato al collega il criterio del residuo fiscale nei rapporti finanziari con Roma trovando Zaia, testuale, «molto interessato».

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