LO SCANDALO AMBIENTALE

Trento, veleni a Monte ZacconLa Provincia parte civile

Nella cava in Valsugana stoccati rifiuti illegali, ci sono otto persone indagate


Gianpaolo Tessari


TRENTO. La Provincia ha deciso di costituirsi parte civile nei confronti dei responsabili dell’ex cava di Monte Zaccon, in Valsugana. Lo ha deciso la giunta, con un provvedimento che va aldilà della richiesta di risarcimento, prevedibilmente milionario, ma che assume un forte valore politico-simbolico nei confronti di uno dei peggiori scempi ambientali mai patiti dal Trentino.
 Dunque la Provincia si costituisce parte civile. Alla fine dello scorso anno c’è stato la richiesta di rinvio a giudizio di 8 dirigenti della discarica di monte Zaccon. C’è una questione economica, ma non solo. Vediamo: l’ente pubblico ha già speso molti soldi per una prima messa in sicurezza di materiale pericoloso che in quella discarica non avrebbe dovuto esserci. E su questi primi esborsi è in corso una verifica puntuale. Nessuno allo stato attuale può quantificare quale sarà il costo per il ripristino totale della zona.
 Ma per la valutazione ulteriore dei danni l’ufficio legale della Provincia attende la prima udienza già fissata di fronte al giudice per le udienze preliminari, scadenza tra l’altro ravvicinata perché fissata per il 25 di questo mese. La questione sul come procedere con le richieste di risarcimento è legato appunto alle decisioni degli 8: se dovessero scegliere il patteggiamento le richieste si sposterebbero su un punto di vista civile. Altre ipotesi: si va al dibattimento o ad un giudizio abbreviato. Una volta capita la strada da seguire verrà modulata anche la strategia dell’amministrazione provinciale che intanto ha comunque deciso di rivalersi sui gestori della discarica, vista la rilevanza e le conseguenze del fatto sull’opinione pubblica. Una richiesta di risarcimento che si preannuncia alta, che non terrà solo conto delle spese di ripristino ma dei danni subiti dall’ambiente nella sua interezza. I dati acquisti dalla procura che ha chiuso l’inchiesta nei confronti di 8 indagati fanno impressione: su 95 mila tonnellate di rifiuti smaltiti nel corso del 2008 nella discarica Sativa di Sardagna ben 63 mila - insomma i due terzi - erano proibiti.
 Lo stesso rapporto è stato riscontrato dai Forestali nell’area di ripristino ambientale del Monte Zaccon: 200 mila tonnellate di scorie d’acciaio abusive su un totale di 311 mila tonnellate di materiale smaltito, sempre nel 2008. E poi ancora terreno contaminato da prodotti petroliferi (proveniente dal cantiere ex Star Oil a Trento), ma anche 7 mila tonnellate di fanghi contenenti stirene, un idrocarburo tossico dai possibili effetti cancerogeni. Per un totale di oltre 400 mila tonnellate di veleni tra il 2007 e il 2008. Tutto questo - dice la procura - è stato possibile anche producendo carte false, provenienti ad esempio dal laboratorio Ares (nel Bresciano) che si sarebbe prestato a far figurare livelli di sostanze proibite inferiori al reale. Il regista dell’intera operazione sarebbe Simone Gosetti, il responsabile delle due discariche finite sotto sequestro, l’uomo che coordinava i suoi dipendenti (anche loro indagati) e teneva i contatti con le aziende













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