Trento, il piccolo profugo dell’ostello: 3 mesi di vita e già 15 giorni di guerra. Allestita una stanza per mamme e bimbi
Sono stati 11 gli arrivi nella notte: ora gli ospiti sono 36. La responsabile Eleonora Fait: “Qui facciamo la prima accoglienza, poi smistiamo sul territorio”. L’assessora Maule: “Dobbiamo essere consapevoli che l’emergenza non finirà presto” (nella foto la volontaria Tatiana insieme all'elettricista che ha aiutato ad allestire la stanza per le mamme ucraine)
TRENTO. Chi gestisce l’ostello di Trento non dorme molto in questi giorni. Si sta sempre all’erta perché dall’Ucraina si arriva anche in piena notte. Stamattina alle 4, insieme ai suoi collaboratori, la responsabile dell’ostello Eleonora Fait ha accolto l’ultimo gruppo: sono 11 persone in tutto, tra di loro un bambino nato il 6 dicembre scorso, solo tre mesi di vita e già quindici giorni di guerra. Insieme a lui sono arrivate le mamme e le nonne, tutte stravolte dal viaggio, portate in macchina fino in via Torre Vanga da cittadini di Trento che, tra andata e ritorno, hanno fatto migliaia di chilometri per portare in salvo chi fugge dalle bombe.
Spiega Eleonora Fait che in questo momento l’ostello “Giovane Europa” è più che mai un luogo di transito, un porto sempre aperto, che prima accoglie, accudisce e rassicura, poi distribuisce sul territorio gli sfollati del conflitto ucraino: “In questo momento ne ospitiamo 36. Quando arrivano ci preoccupiamo innanzitutto dell’accoglienza immediata. Poi facciamo la segnalazione all’Apss, che interviene per i tamponi, e al Cinformi. Infine cerchiamo di favorire la socializzazione”.
Proprio per aiutare le tante giovani mamme arrivate dall’est, da ieri all’ostello c’è un piccolo “rifugio”, uno spazio intimo, privato e protetto: è la stanza “Tatiana”, chiamata così dal nome della volontaria ucraina che l’ha allestita. “Abbiamo tanti bimbi piccoli, tante fragilità. Per questo abbiamo preparato questo angolo dove le mamme possono scaldare una pappa o un biberon a qualsiasi ora. C’è un bollitore, la macchina per fare il caffè lungo, il microonde, ci sono i biscotti lasciati da qualche cittadino, il fasciatoio, i pannolini. Il Comune ha potenziato l’energia elettrica, la protezione civile ci ha portato le panche per la terrazza su cui si affaccia la stanza, Tatiana e i volontari dell’associazione Aiutiamoli a vivere si alternano per fare assistenza, coordinare, recuperare scarpette e vestitini. Dobbiamo pensare anche alle visite pediatriche per i piccoli provati da un viaggio lunghissimo. Sempre il Comune domani ci manderà i clown per intrattenere i bambini”.
Eleonora Fait ci tiene a precisare che l’ostello non è chiuso per i turisti (attualmente ci sono due ospiti): “Al primo piano ci sono solo le persone arrivate dall’Ucraina, ma le prenotazioni turistiche restano aperte. Del resto l’ostello ha un’anima sociale, è una proprietà pubblica, non potremmo fare altrimenti che accogliere”.
Ogni giorno si gestiscono non solo gli arrivi, ma anche le partenze, racconta ancora Eleonora Fait: “Ieri una famiglia è stata trasferita ad Andalo, mentre un ragazzo ipovedente è stato accolto a Villa Sant’Ignazio”. Alla domanda, “Cosa vi serve?”, Eleonora risponde: “Preghiere”. Poi aggiunge: “Rispondo con le parole di Tatiana, che ieri mi ha detto: adesso si ricordano di noi, tra un mese ci dimenticheranno. Invece abbiamo bisogno che la gente non dimentichi queste persone”.
È della stessa opinione l’assessora alle Politiche sociali Chiara Maule, che con il servizio Welfare sta coordinando una rete per l’accoglienza: “Abbiamo mobilitato i Nidi, le educatrici del servizio Infanzia, il punto Famiglie, il centro Genitori bambini, lo sportello Affetti speciali, la rete Intrecci: insieme cerchiamo di raccogliere le disponibilità ad ospitare o ad aiutare in qualche modo i profughi per poi dare risposta alle esigenze concrete delle persone che sono state accolte. Certo, c’è il rischio che passata l’onda emotiva di questi primi giorni, con le immagini della guerra che hanno sconvolto ciascuno di noi, la normale quotidianità torni a prevalere. Dobbiamo invece essere consapevoli che l’emergenza non finirà tanto presto e che la nostra vicinanza al popolo ucraino, alle famiglie in fuga, ai bambini prime vittime della guerra, dovrà tradursi in uno sforzo duraturo - di accoglienza e di convivenza - che coinvolgerà a lungo la nostra comunità e ciascuno di noi”.