Trento: addio a Chiasera, il manager dell'autonomia
E' morto il dirigente che ha «costruito» la macchina organizzativa provinciale
TRENTO. C’è chi l’autonomia l’ha progettata, mettendo su carta un grande disegno politico, e chi l’ha costruita con i mattoni delle leggi, ma anche della cultura e del saper fare. Claudio Chiasera apparteneva alla seconda categoria, era uno dei capimastri più importanti di quel cantiere di piazza Dante dove cresceva di giorno in giorno il "palazzo" della Provincia.
Ci aveva lavorato per quarant'anni esatti. I primi colpi di calce li gettò nel 1963, da giovane operaio. Si congedò nel 2003, tra le massime maestranze (come dirigente generale dell'Istruzione), e la stretta di mano del governatore Dellai. Ma da quel cantiere non era mai veramente uscito: era rimasto all'interno di esso come "supervisore", ricoprendo l'incarico di membro del nucleo di valutazione della dirigenza e assumendone la guida negli ultimi due anni. Da pochi giorni aveva detto che sì, sarebbe andato avanti ancora, almeno per un anno e mezzo, ma ieri mattina Claudio Chiasera si è dovuto fermare. E' morto al Santa Chiara, all'età di 67 anni. La settimana scorsa era stato colto da un malore improvviso, un'emorragia cerebrale che non gli ha dato scampo. Lascia la moglie Annalia Ravagni, una collega provinciale con cui viveva a Mattarello, e la figlia Federica, insegnante.
«Chiasera era uno degli esemplari tipici di quell'alta burocrazia che ha fatto crescere il senso della pubblica amministrazione», dice il presidente, Lorenzo Dellai. «Ho avuto la fortuna di averlo come collaboratore: ha sempre avuto un'altissima considerazione della Provincia, ne era servitore, ma era anche consapevole di essere l'alto burocrate di un piccolo Stato. Il suo contributo è stato importante in tutte le trattative per l'acquisizione delle competenze sulla scuola. Ricordo quando diceva che non dovevamo fotocopiare le circolari del ministero, ma interpretare il nostro profilo istituzionale alla luce del nostro status».
Il senatore Claudio Molinari era stato il suo ultimo assessore, quando Chiasera ricopriva il ruolo di dirigente generale dell'Istruzione. «E' stato uno dei protagonisti dell'autonomia, seguendo come funzionario la realizzazione del Pacchetto e la sua concretizzazione operativa. E' stato un collaboratore leale e franco, ma era molto apprezzato anche al ministero della Pubblica istruzione».
Marco Viola era stato suo collega storico ed amico: «Nel 1969 divenne capo servizio dell'assessorato alla cultura messo in piedi da Lorenzi, uno dei primi in Italia. Chiasera è stato colui che ha messo in piedi il sistema bibliotecario provinciale, che ha seguito tutto il passaggio delle competenze sul patrimonio storico-artistico alla Provincia con la nascita delle sovrintendenze. All'epoca di Mengoni, mise in piedi il servizio per la programmazione. Poi fu dirigente del personale e finì la carriera come dirigente generale dell'istruzione». Da Chiasera c'era da imparare. «Una grande competenza, un'attitudine a trasmettere conoscenze e metodo di lavoro: il riferimento delle leggi, il quadro giuridico... Trattava con i maggiori storici dell'arte: Francesco Valcanover, che fu al Santa Giulia di Brescia, Bruno Passamani, sovrintendente alle Belle arti di Venezia. Aveva anche una grande amicizia e consuetudine con monsignor Rogger e con padre Frumenzio Ghetta, con Valentino Chiocchetti dell'Accademia degli Agiati, con il professor Umberto Tomazzoni, uno dei grandi intellettuali dell'epoca, con un grande poeta come don Mario Bebber, con Marco Pola e Aldo Gorfer». Un alto funzionario che rimase «sempre lontanissimo da ogni tentazione politica, quello che i francesi chiamano civil servant».
L'ex senatore e dirigente provinciale Renzo Michelini è molto colpito: «Negli anni '60 ero ragioniere generale e avevo rapporti con molti dirigenti. Ricordo in particolare lui per la perspicacia e il modo di lavorare in maniera manageriale».
Silvio Fedrigotti è dirigente del personale, come lo era stato Chiasera: «Lo conosco dall'inizio della mia attività lavorativa, da 25 anni. Lui ci ha lavorato 40 anni, aveva un'affezione totale all'amministrazione e ne conosceva i più piccoli aspetti».
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