«Tra Grisenti e Collini, un accordo collusivo»
Le motivazioni della sentenza della Corte d’appello che ha condannato a un anno l’ex presidente A22 parla di un sistema per aggiustare gli appalti
TRENTO. «Tra Silvano Grisenti e Fabrizio Collini c’era collusione. Il primo ha chiesto di far lavorare la società del fratello, mentre assicura a Collini che, una volta aggiudicatosi l’appalto per il casello dell’A22 di San Michele facendo un’offerta eccezionale al ribasso, avrebbe poi realizzato un progetto modificato perché lo stesso Grisenti, approfittando dei poteri di presidente dell’A22, avrebbe dato istruzioni di modificare opportunamente l’esecuzione dei lavori in corso d’opera per adeguarli all’esigenza di Collini, riservando quindi a quest’ultimo un trattamento privilegiato, trattamento non concesso ad alcun altro imprenditore». Questo è il nucleo centrale delle motivazioni della sentenza della Corte d’appello di Bolzano, presieduta da Renzo Paolo Pacher, che ha con dannato l’ex presidente dell’A22 nonché attuale consigliere provinciale Silvano Grisenti a un anno di reclusione per corruzione propria, truffa e violenza privata. L’accusa più pesante è, appunto, quella di corruzione propria. Secondo l’accusa, Grisenti avrebbe promesso un trattamento di favore a Collini accordandogli la possibilità di modifiche in corso d’opera in modo tale da rendere più redditizio l’appalto. In cambio, però, Grisenti avrebbe chiesto che Collini affidasse lavori di progettazione alla società del fratello Giuseppe, la Arca engineering. A questo proposito la Corte d’appello ricorda alcuni passaggi delle intercettazioni ambientali delle conversazioni con Collini all’interno del suo ufficio all’A22: «Io l’unica cosa che ti chiedo è vedere se c’è spazio per mio fratello, lo studio tecnico di Giuseppe». Per i giudici questa frase «pare inequivocabilmente una richiesta esplicita e diretta, cui corrisponde un’esplicita adesione, da parte del Collini, alla proposta collusiva atteso che quest’ultimo dichiara subito dopo: «Se lei me lo dice non c’è problema». Secondo i giudici la dimostrazione dell’accordo e, quindi, dello scambio corruttivo sta nella prosecuzione della conversazione: «La dichiarazione del Collini: “io tiro dentro un numero che sia” significa chiaramente che egli avrebbe fatto un’offerta al massimo ribasso in misura considerevole in modo da aggiudicarsi l’appalto, mentre il Grisenti con la successiva risposta: “tira un numero dopo...” intendeva chiaramente dargli assicurazione che una volta aggiudicato l’appalto alla ditta di cui il Collini era titolare, egli Grisenti sarebbe intervenuto in sede di esecuzione a rendere redditizio il lavoro». A questo proposito viene citato anche un colloquio tra Cesare Kurdoglu e Marco Angelini in cui si parla di cupola degli appalti. Gli avvocati di Grisenti, Vanni Ceola e Alessandro Melchionda criticano la sentenza: «Le motivazioni appaiono appiattite sulle note d’udienza depositate dal Pubblico ministero di Trento.La Corte d’Appello di Bolzano non ha dato alcuna risposta alle indicazioni ricevute dalla Corte di Cassazione».