LA STORIA

«Torno a lanciarmi con una gamba sola a 3 anni dalla caduta» 

Maurizio Menta nel 2015 precipitò dal Baldo con il parapendio. «Troppo forte il richiamo dell’adrenalina: ora faccio base jump»


di Luca Marognoli


TRENTO. Sognava di volare. Ancora, come una volta. In quegli otto mesi passati in un letto del Santa Chiara, guardando fuori dalla sua stanza, non aveva mai smesso di farlo. Era l’ottobre 2015 e Maurizio Menta era ricoverato con le ossa rotte: vertebre, costole, sterno, piedi... Aveva anche avuto un infarto causato dal trauma riportato nella caduta da venti metri con il suo parapendio sul Monte Baldo, quando perse il controllo della sua vela e finì di schianto in un prato circondato da rocce. Pochi giorni fa il 35enne ristoratore di Trento ha “festeggiato” i tre anni da quell’infortunio con un lancio da un ponte di 121 metri. Il suo primo base jump, agognato fin dall’infanzia, lo ha fatto adesso che ha “una gamba sola”. Dopo un’estate passata tra paracadutismo e parapendio.

Maurizio Menta, paracadute, parapendio e il primo base jump senza una gamba tre anni dopo la caduta

Il 35enne ristoratore di Trento nel 2015 perse il controllo della vela e precipitò con il parapendio da un'altezza di 20 metri. Si ruppe due vertebre, l’osso sacro, entrambi i piedi (uno poi fu amputato), lo sterno e otto costole subendo anche un infarto appena ricoverato. L'estate scorsa ha ripreso a volare: una trentina di lanci in paracadute, altrettanti in parapendio e nei giorni scorsi i suoi primi base jump: 13 da un ponte in Croazia e 2 dal Monte Brento. L'ARTICOLO CON L'INTERVISTA

No, non può fare a meno di volare, Maurizio. Per lui è come respirare: quando inizi a farlo non puoi tornare indietro. Colpa dell’adrenalina – dice – che è una droga potente. E lui non ha nessuna intenzione di disintossicarsi. Nonostante tutto.

«A marzo – racconta - ho fatto il primo volo dall’aereo dopo l’incidente, a Ravenna. Ero molto rilassato e tranquillo. Sapevo di fare una cosa stupida, ma il richiamo era troppo forte: c’era tanta voglia di rimettersi in gioco. Quando ti lanci sopporti uno stress tale che poi affronti qualsiasi situazione della vita con calma e a mente libera».

Quali erano i rischi?

Temevo di perdere la protesi e di farmi di nuovo male. Non sapevo quali fossero le condizioni in atterraggio…

Se era una cosa stupida perché farla?

L’istruttore mi aveva incoraggiato - “ce la puoi fare” - e ci siamo lanciati. La prima volta ho toccato col sedere e in seguito, con la pratica, di piedi. Ho fatto 30-40 salti nel corso dell’estate. Anche con la mia fidanzata, Cinzia, l’infermiera che mi ha curato al Santa Chiara. Poi ho ripreso con il parapendio…

Quando?

Un paio di volte, sempre in estate, dopo avere fatto il tunnel del vento in novembre. Mi sono lanciato anche nello stesso posto in cui avevo fatto l’incidente, sul Monte Baldo.

Un modo per esorcizzare la paura?

Sì, è stata un’esperienza forte. Ho rivissuto le emozioni di quel giorno, ma era una sfida con la montagna, che quella volta mi aveva sconfitto: oggi ce l’ho fatta. In tutto ho effettuato una trentina di voli fra Brento, Col Rodella e Baldo.

Su Facebook ci sono anche sue foto mentre arrampica...

Sono andato sul Garda un paio di volte. È stata un’esperienza positiva: a camminare faccio un po’ di fatica, sull’acqua sei molto protetto e puoi andare senza corda anche se, in caso di caduta, fai comunque un volo di cinque metri.

La protesi le consente di arrampicare?

Sì, la tecnica non l’ho persa. Dovevo tornare a fare quei movimenti e con la protesi, pur con qualche limite, si riesce.

Persino il “base jump”. Perché?

Il primo salto l’ho compiuto lo scorso fine settimana in Croazia, da un ponte di 121 metri. Non l’avevo mai fatto: erano vent’anni che ci pensavo. Ho eseguito tredici salti, siamo tornati, ho riposato un giorno, e martedì ho fatto il primo salto dal Brento e mercoledì il secondo. Mi dicono che sono l’unico amputato e uno dei pochi in Europa ad averlo fatto.

Che protesi utilizza?

La protesi di tutti i giorni, che ho adattato con un cordino: in più indosso dei pantaloni creati apposta per non perderla durante il salto.

E ora? Lei non ha nessuna intenzione di fermarsi...

No. L’estate prossima vorrei saltare dal parapendio.

In che senso: sganciarsi dal parapendio in volo?!

Sì, prendi quota con un amico e quando sei in mezzo a una valle ti lanci.

Ma suo papà cosa dice?

Di fare attenzione, ma sa che tutto questo fa parte della mia vita.

Quanto è passato dall’incidente?

Tre anni e una decina di giorni…

Cosa le costò quella caduta terribile?

Otto mesi di ospedale a letto, un anno e mezzo in carrozzina... Mi ruppi due vertebre, l’osso sacro, entrambi i piedi - uno dei quali poi fu amputato -, lo sterno e otto costole, che mi causarono un infarto appena ricoverato. Ho pure una parte di cuore che da allora non funziona benissimo, ma se ha retto al salto dal Brento...













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