Spia i conti dei vicini: a processo 

La trentenne bancaria avrebbe compiuto ben 433 accessi non autorizzati. All’origine una lunga lite condominiale



TRENTO. Una curiosità morbosa. In totale 433 accessi ai conti correnti di una coppia di condomini, con i quali da anni non correva buon sangue. Le continue liti per banalità legate a rapporti di vicinato deteriorati sarebbero all’origine di una vicenda che ha portato la donna, ex dipendente di una banca del Primiero, sul banco degli imputati con l’accusa di accesso abusivo continuato di un sistema informatico o telematico, reato che prevede una pena da uno a cinque anni di reclusione.

I rapporti fra quest’ultima, poco più che trentenne, e la famiglia residente al piano di sopra della stessa palazzina si erano incrinati nel 2010, poco dopo che la donna si era trasferita nell’immobile, composto solo da due appartamenti. Discussioni sorte per questioni bagatellari, principalmente per comportamenti della nuova arrivata, che la coppia di vicini ritenevano quantomeno poco educati: rumori molesti causati dall’uso di un tapis roulant, luci delle scale lasciate accese, porte e cancelli lasciati aperti e accordi per lavori da effettuare sulle parti comuni che non sarebbero stati rispettati. Una serie di episodi che avevano fatto venire ai ferri corti i due coniugi e la donna residente nello stesso stabile. La coppia si era sentita perseguitata dalla trentenne, che era stata in un primo momento accusata di diffamazione aggravata. Il procedimento si era concluso con un’archiviazione, ma un accesso agli atti delle indagini effettuate dal pm in quella vicenda aveva portato alla luce i numerosissimi accessi non autorizzati della donna ai conti correnti dei due coniugi e di una loro parente stretta. Intrusioni informatiche che non avevano alcuna attinenza all’attività lavorativa della dipendente bancaria, messi in atto dalla stessa quasi quotidianamente nel corso di tre anni, fino ad arrivare a quota 434. Il legale dell’imputata, Alessandro Baracetti, inquadra la vicenda nei forti dissapori creatisi fra le parti: «La signora - afferma - ha fatto questi accessi perché era in lite di vicinato con un lontano parente che abitava sopra di lei. Lo ha fatto malauguratamente, perché esasperata dalla situazione, ma di fatto mai utilizzando il contenuto delle informazioni acquisite. Un’ossessione nata da un’insana convivenza, tanto che quando la mia cliente è andata via, il problema si è risolto: sono venuti meno gli accessi. Ora cercheremo di definire la vertenza ricorrendo a un rito alternativo».(l.m.)













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