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Sotto la Maza di Arco tra Pfas e acqua sporca

La denuncia del Wwf: "Istituzioni assenti". A monte un cantiere da 125 milioni. Negrisolo: "Nessuno ci ha detto come mai l'acqua è diventata bianca"


Andrea Tomasi


ARCO. Ti sorride da dietro gli occhiali e, con un garbo a cui non sei più abituato, ti dice: «Ci farebbe molto piacere se la Provincia, nello specifico l’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente, ci facesse sapere se, dopo avere trovato i Pfas nella primavera del 2019, ha fatto altre indagini. E ci farebbe piacere sapere come mai della presenza di queste sostanze, individuate nel percolato della discarica Maza, abbiamo saputo dal giornale solo pochi giorni fa». Carla Del Marco è un’ambientalista molto nota ad Arco e, in generale, nell’Alto Garda. È responsabile del Wwf nella “Busa”. Assieme a Sergio Negrisolo ieri ci ha portato ai piedi della discarica, finita sotto i riflettori.

Nel percolato - raccolto alla Maza e trasportato con un’autobotte al depuratore di Rovereto (era l’aprile 2019) - venne fatto un campionamento e fu rilevata una concentrazione di perfluoroalchilici (i Pfas, impermeabilizzanti che, se rilasciati nell’ambiente, possono essere molto pericolosi per la salute degli esseri viventi) pari a 7800 nanogrammi/litro (compresi Pfos e Pfoa). Un quantitativo enorme - dicono i chimici che abbiamo sentito e che si sono occupati della gravissima contaminazione da Pfas in Veneto, dove sono finiti anche nell’acqua potabile - riconducibile a liquidi di origine industriale.

Zona delicata e oggetto di attenzioni, quella della Maza. I due membri del Wwf ci hanno portato anche a vedere il Rio Salone, dove giovedì e domenica ci sono stati degli sversamenti di sostanza biancastra di origine sconosciuta. «Inevitabile chiedersi - commenta Del Marco - se potrebbe essere un pericolo anche per il Lago di Loppio».

Negrisolo mostra dove l’acqua del Salone finisce nel Sarca, che finisce nel Lago di Garda: «Nessuno ci ha detto come mai l’acqua è diventata bianca. Cosa è successo?» I fari sono puntati sul mega cantiere del collegamento Loppio-Alto Garda: un intervento viario, in buona parte in tunnel, da 125 milioni di euro.

Come ci è finita quella roba nell’acqua? Ricordiamo che l’area è ricca di sorgenti. In questo caso non c’entrano i Pfas. Potrebbe trattarsi semplicemente di materiale dalla lavorazione della roccia. Quando lo diciamo Carla Del Marco fa una specie di smorfia, come a dire che non si può usare l’espressione “semplicemente roccia”. «Innanzitutto non sappiamo di cosa si tratta perché nessuno ha avuto la “gentilezza” di farcelo sapere. E poi, anche se fosse materiale roccioso, ci rendiamo conto che non si tratta di un fatto isolato e ci rendiamo conto che si stanno uccidendo micro-organismi e i pesci?».

Carla Del Marco conosce bene quell’area e conosce bene chi lavora negli enti pubblici. State attenti alle persone educate, a chi dice “buongiorno”, “buonasera”, “grazie” e “prego”. Essere gentili non significa credere alle verità preconfezionate.

Il caso del Rio Salone - un corso d’acqua che pochi in Trentino conoscevano fino a quando il quotidiano francese “Le Monde” lo ha inserito nella mappa dei veleni (una cartina con tutte le zone di contaminazione da Pfas accertata e potenziale), dove ancora compare nonostante Appa abbia detto che si tratta di un errore di comunicazione di Arpa Veneto - è interessante perché lo si usa spesso come “cartina di tornasole dello stato di salute” della zona. Del Marco e Negrisolo indicano la discarica e i punti di captazione per l’irrigazione. «Fino a 2 anni fa i contadini pescavano l’acqua dai pozzi». Due anni fa era il 2021 (il rapporto di prova di Appa è del 2019).«Dove sono le analisi? Dove sono gli enti pubblici?»

 













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