Si è spenta Flora, l’ultima clochard

La donna da un anno, dopo aver trascorso la vita in strada, era ospite della casa di riposo di San Bartolomeo. È morta su una panchina


di Giorgio Dal Bosco


SEGUE DALLA PRIMA PAGINA. Povera Flora, se ne è andata ieri mattina poco prima delle otto, per sempre, seduta sulla panchina esterna della casa di riposo di San Bartolomeo da dove, accudita e ormai quasi del tutto assestata nel continuo discostamento dalla sua vita precedente, era ospite. Era diventata una donna tranquilla, ben voluta da tutti nella casa di riposo, sia dal personale che dai compagni e compagne. Mai uno screzio, con nessuno. Se n’è andata senza un gemito, con l’ennesima e questa volta ultima sigaretta della sua tormentata vita. Un compagno della casa di riposo (e di sigaretta all’aria aperta), vedendola seduta immobile con la sigaretta che, divenuta mozzicone, si stava consumando tra le dita l’ha chiamata per nome. Non ha risposto. L’ha chiamata ancora una volta, inutilmente. E allora l’ha scossa un pochino per la spalla. Lentamente Flora si è piegata su un fianco. Lui ha chiamato aiuto, ma per lei, il giorno di Pasquetta, il giorno che, per chi può, è quello del cosiddetto fuoriporta per lei è stato invece del fuori dalla vita, per sempre. Ogni tentativo di rianimarla è stato inutile. Dolore e incredulità tra tutti gli ospiti e tra il personale di servizio.

Era giovane, Flora Borgogno. Non aveva compiuto ancora 56 anni. Conosciuta in città dalla stragrande maggioranza dei trentini, aveva sulle spalle un passato trascorso senza mai futuro certo, se non quello di donna che da alcuni anni viveva giorno per giorno. Il domani, per lei, non sembrava essere un problema o, almeno, era una prospettiva che aspettava con totale disinteresse.

Fino ad un anno fa, prima che il sistema sanitario trentino con le sue diverse forme ed espressioni riuscisse a mettere fine al suo triste “giorno per giorno” (tra gli altri Itea, Centro di salute mentale) Flora appariva ora qua, ora là, in alcuni angoli della città, molto spesso in piazza Fiera, chiedendoti una manciata di lire e poi, con l’avvento dell’euro, qualche centesimo. Spesso chiedeva qualche sigaretta, per lei un contraccettivo all’ansia o un qualcosa che la facesse sentire viva. Qualche volta era anche un po’ sopra le righe e nei suoi brontolii, bofonchiando maledizioni, mandava tutti «sportivamente» al diavolo. Ma era una buona donna o, almeno, tale era percepita dalla gente, soprattutto dagli studenti che, essendo giovani, sanno anche essere comprensivi e generosi. Ma anche i soliti brontoloni o brontolone non si lasciavano mai andare a giudizi taglienti. Anche lei, a suo modo, è stata una testimone del tempo cittadino, dei suoi cambiamenti. Flora, prima che trovasse ristoro e conforto nella casa di riposo di San Bartolomeo e dunque quando strascicava i piedi nelle ciabatte sui marciapiedi affollati di gente indaffarata era una figura costante nella vita cittadina, quasi –detto simpaticamente – un «arredo» dell’umanità. Mai, lo ripetiamo, non si era mai imbattuta in passanti che la insultassero con il solito linguaggio qualunquistico che talvolta si ascolta da qualche bocca all’indirizzo di queste persone che vivono a loro modo. Ma anche lei, purtroppo, pare sia stata oggetto di odiose prevaricazioni da parte di qualche singolo, qualche delusione d’amore l’ha avuta anche lei, La sua debolezza ha contribuito a farle cercare e trovare rifugio e parziale quiete almeno per una manciata di ore nel più vecchio dei limbi, il solo limbo che possono permettersi i poveracci.

C’è da benedire – bisogna pur ammetterlo – che anche in questo caso (spesso o forse soltanto talvolta?) la solidarietà trentina espressa con la buona politica. E’ buona politica quella che, come nel caso di Flora, esprime un «sistema» che riesce a far rientrare in una vita dignitosa certe figure ai margini sociali o disagiate che, altrimenti vivrebbero allo sbando fino a rischiare di morire nei modi più miseri. E Flora è morta in silenzio, dopo aver dormito ed essersi alzata non da uno scatolone di cartone in un vicolo ma da un letto pulito, fumando una sigaretta magari dopo un caffè.

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