Sempre meno pioggia e meno acqua. Ma per la Provincia non è emergenza
Piano provinciale non ancora in vigore, la situazione si aggrava. E finora dalla giunta solo la deroga al deflusso minimo vitale
TRENTO. Cosa abbiamo imparato dalla spaventosa siccità dell’estate scorsa? Cosa stiamo facendo per attrezzarci? E come affrontiamo il fatto che la siccità sta perdurando, con ottobre e novembre - mesi solitamente piovosi - finora sotto ogni media storica di precipitazioni?
La gestione dell’acqua, in Trentino, è affidata al Piano Provinciale, che contiene anche il Piano Generale di Utilizzazione delle Acque Pubbliche e, dall’altra il Piano di Tutela (che riguarda la qualità, non solo la quantità, anche se le due cose sono correlate); il nuovo Piano di Tutela delle acque 2022-2027, approvato in giunta a fine 2021, è ancora in fase di elaborazione con le osservazioni ricevute in audizione.
Un precedente pericoloso
Intanto, però, è arrivata una svolta. A segnare un cambiamento epocale è l’approvazione della delibera di giunta n. 1334 del 22/07/2022. Che contiene una cosa mai vista prima: su proposta dell’assessore all’Ambiente Mario Tonina si consentiva - temporaneamente, fino a fine agosto -la deroga dei livelli di DMV (Deflusso minimo vitale) affinché gli agricoltori possano avere più acqua per l’irrigazione. Con un risvolto non da poco: fiumi e torrenti prosciugati, ecosistemi complessi messi a rischio, gravissima situazione di carenza di acqua negli acquedotti. Un incubo che abbiamo visto in scena pochi mesi fa.
Contro la delibera, hanno presentato ricorso al Tribunale Superiore delle Acque, il Comitato Permanente per la difesa delle acque del Trentino Federazione Pescatori Trentini, Unione Pescatori del Trentino e Federazione Italiana Pesca Sportiva ed Attività Subacquee. Il giudice in agosto ha negato (da Salerno) la sospensiva. Si attende l’esito.
La Provincia, che fa?
Oltre a consentire prelievo anche sotto la soglia di sopravvivenza dei corsi d’acqua, l’assessore Tonina ha emanato una lettera ai sindaci del Trentino. Che conteneva una serie di «consigli» per limitare l’uso di acqua. Fontane pubbliche chiuse, divieto di lavaggio delle auto e di bagnare gli orti.
Una raccomandazione strana, visto che l’uso dell’acqua per «consumo domestico» è una fetta veramente residuale del consumo totale. In Trentino infatti - dati dell’Appa - «Prevale l’uso idroelettrico (91,2%), seguono l’uso ittiogenico (3,4%), quello agricolo (3,1%) e quello civile (1,6%)». A cui va aggiunto il crescente uso per innevamento artificiale. Dove però si riscontrano «più consumi rispetto alla media nazionale, ma anche meno perdite».
Va detto però che «mentre l’utilizzo idroelettrico di fatto non consuma risorsa, in quanto questa viene interamente restituita all’ambiente a valle della turbina, l’utilizzo agricolo e in parte quello civile sono di carattere dissipativo (l’acqua viene effettivamente consumata e restituita all’ambiente sotto altre forme».
Scindendo la tabella, sono l’uso ittiogeno e quello agricolo a consumare la maggior parte dell’acqua in Trentino. Ma mentre ai Comuni si raccomandava di chiudere le fontane, ai contadini si consentiva di attingerne di più. Anche oltre la soglia.
«Asservimento alle lobby»
«L’apice del più stupefacente asservimento del settore pubblico all’interesse degli imperi agricoli-industriali della nostra provincia» era il duro e lapidario commento del Comitato Permanente per la Difesa delle Acque del Trentino, il 30 luglio scorso.
Per il Comitato: «Quella che stiamo vivendo non è un’emergenza, ma una nuova drammatica normalità. Questa è la prima di una lunghissima serie di estati siccitose che ci aspettano. Non possiamo pensare di affrontarle sbandierando la retorica dell’emergenza. Dove sono le misure di mitigazione e adattamento? Dove sono le pratiche virtuose?».
Diceva il Comitato - che poche settimane fa ha organizzato una marcia in diverse località trentine per denunciare che “Ci stanno rubando il rumore dei fiumi” - «Ci piacerebbe vedere una politica più attenta, dialogante e coraggiosa, capace di intraprendere scelte di reale sostenibilità. È compito del legislatore tenere a bada le mire speculative ed egoistiche sull’acqua. Quello che vediamo invece è l’esatto contrario, una totale assenza di consapevolezza della gravità della situazione o, peggio, una interessata disponibilità ad assecondare gli interessi dei potenti. Nel frattempo le acque trentine soffrono, in attesa della pioggia a venire». Che però non arriva.
Anche sul nuovo Piano, non ci siamo, secondo le associazioni: «La lotta al cambiamento è messa alla lettera M, per noi andava per prima: è un piano settennale, dovrebbe darci soluzioni di lungo respiro» dice il portavoce Tommaso Bonazza.