Scuola e precari: al Tar la battaglia per l’abilitazione
Un ricorso in stile “class action” a cui guarda tutta Italia Chiesto l’inserimento nelle graduatorie di seconda fascia
TRENTO. «Assicuro comunque che i diplomi di scuola e di istituto magistrale conseguiti fino a una data predeterminata - probabilmente riguardanti i corsi che inizieranno nell’anno scolastico 1997-98 - conserveranno per sempre il valore abilitante e consentiranno comunque di accedere all’insegnamento». Così scriveva il 3 marzo 1997 l’allora ministro della Pubblica istruzione Luigi Berlinguer. Promessa mantenuta? Sì, almeno sulla carta, visto che il Contratto collettivo nazionale integrativo che, per l’anno scolastico 2011-12, disciplina la mobilità del personale docente, così recita: «Conservano valore di abilitazione all’insegnamento nella scuola elementare i titoli di studio conseguiti al termine dei corsi quadriennali e quinquennali sperimentali dell’istituto magistrale, entro l’anno scolastico 2001/2002, ai sensi del decreto ministeriale 10/3/1997». Sono passaggi che non sembrano interpretabili in senso opposto. Anche perché vi va aggiunto un quindicennio di riferimenti normativi tutti nella medesima direzione, che sembrerebbero salvaguardare i diritti di chi, prima dell’introduzione dell’obbligo di laurea quinquennale per la docenza, alle scuole elementari insegnava già da anni.
Eppure non è così: a chi fino al 2002 ha conseguito la maturità magistrale, e con essa appunto l’abilitazione all’insegnamento, di fatto è preclusa la possibilità di accedere alle graduatorie di prima fascia. Nessuna chance di stabilizzazione, nessuna speranza di immissioni in ruolo: sono confinati in terza fascia, le graduatorie d’istituto a cui in teoria gli istituti dovrebbero accedere solo per coprire buchi temporanei dovuti a malattie o maternità. Così invece non è, e lo sa bene chi opera nel mondo della scuola: una volta esaurita la prima fascia, mai le cattedre risultato tutte coperte. E così si attinge dalla seconda (i docenti abilitati in seguito a concorso o alla partecipazione a corsi Siss, le Scuole di specializzazione per l’insegnamento secondario) e dalla terza, quella appunto dei non abilitati. Quelli che ogni anno, appendendolo all’ultimo momento, cambiano classi e scuole, senza maturare alcuna continuità. I precari più precari di tutti, nonostante Berlinguer e i contratti.
La questione è aperta da anni. E neppure la riforma Gelmini ha sbrogliato la situazione. Se possibile l’ha addirittura resa ancora più controversa, introducendo il Tirocinio formativo attivo (Tfa) di un anno al posto dei vecchi corsi biennali Siss come formazione post-laurea i futuri insegnanti, e rivoluzionando i requisiti per accedervi. Tirocinio a spese del docente (3 mila euro circa) con frequenza incompatibile con l’insegnamento: dunque, un anno di reddito perduto. Tfa a parte, sono centinaia i ricorsi presentati dai docenti, coordinati dall’associazione Adida (Associazione docenti invisibili da abilitare), Trentino compreso. E proprio ai giudici amministrativi di Trento gli insegnanti precari di tutta Italia guardano con trepidazione. È qui infatti che la prossima settimana il Tar discuterà quello sottoscritto ormai quasi un anno fa (lo scorso luglio) da circa 200 docenti trentini, presentato dall’avvocato romano Michele Bonetti, il cui studio è specializzato in cause del lavoro in stile “class-action” riguardanti il mondo della scuola. Si trattava di un ricorso straordinario al presidente della Repubblica, la cui trattazione è prevista in sede di Consiglio di Stato, a meno che la controparte non ne chieda la trasposizione al Tar. Cosa che la Provincia ha fatto. L’obiettivo è l’inserimento d’ufficio in seconda fascia dei ricorrenti attualmente compresi nelle graduatorie d’istituto, con la “minaccia” di una futura ulteriore impugnazione dei bandi d’aggiornamento delle graduatorie provinciali permanenti in caso di non inserimento nelle stesse dei precari non abilitati. Una doppia prospettiva che a suo tempo aveva preoccupato non poco la Piazza Dante. Così l’Adida l’estate scorsa «L’iniziativa ha suscitato ampio sconcerto e preoccupazione fra le autorità politiche provinciali per il timore di dover spendere ingenti somme di denaro al fine di risarcire gli eventuali vincitori di un'azione legale».
Va detto peraltro che l’opposizione al Tar da parte della Provincia ha chiuso la strada a ogni possibile soluzione politica della questione. Non solo: nei giorni della presentazione del ricorso, in un incontro con membri dell’associazione, l’allora dirigente del servizio gestione risorse umane della scuola Maurizia Zadra aveva seccamente escluso che il diploma magistrale fosse abilitante. Una posizione confermata nei mesi scorsi dallo stesso assessore Marta Dalmaso rispondendo a un’interrogazione del consigliere dell’Upt Marco Depaoli (vedi riquadro a fianco). E in attesa delle decisioni del Tar, i “docenti invisibili” temono anche la riforma del reclutamento che la provincia sta predisponendo. Nella quale, con l’eliminazione delle graduatorie sostituite da un unico albo provinciale la maturità magistrale potrebbe perderà per sempre ogni validità ai fini della docenza.
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