«Screening sospesi e ritardi, i tumori presentano il conto»
Il peso di due anni di pandemia sulla sanità, l'allarme di Franco Locatelli, professore di Pediatria all'Università di Pavia, a "Che tempo che fa". Cristofolini (Lilt): "La scoperta precoce è fondamentale. L'impatto c'è stato ma non abbiamo ancora dati"
TRENTO. Il suo allarme Franco Locatelli, professore di Pediatria all'Università di Pavia e uno dei più noti esperti di patologie ematologiche pediatriche, lo ha lanciato dalla trasmissione Tv "Che tempo che fa". Stiamo iniziando a vedere, in termini di perdita di vite umani, gli effetti collaterali del Covid. Ovvero il peso che due anni di prevenzione, visite di controllo e terapie nelle fasi precoci della malattia hanno avuto e avranno sulla salute degli italiani.
Purtroppo è solo la conferma di quanto era già stato ampiamente previsto e annunciato: la trasformazione di sale operatorie in improvvisati reparti di terapie intensive, la riduzione delle attività ordinarie dei medici ospedalieri a vantaggio dello straordinario impegno sul fronte covid e le perdite in termini di personale legate, ancora, alla pandemia, hanno rallentato quanto non sospeso del tutto la diagnostica precoce e l’attività di controllo. Due anni sull’evoluzione di determinati tumori fanno la differenza tra poter sperare legittimamente di cavarsela, a morire. E ora, ha detto Locatelli, iniziamo a vedere i primi morti per carenza di assistenza o attività diagnostica, o per il ritardo di interventi chirurgici che non si sono potuti effettuare con la dovuta tempestività. Ci vorrà del tempo per quantificare percentualmente (e numericamente) il peso di questo effetto collaterale della pandemia. Locatelli prendeva spunto per raccomandare le vaccinazioni e auspicare una quinta dose al più presto almeno per i soggetti fragili. Mantenere il più possibile vuoti di pazienti Covid gli ospedali significa permettere di concentrare l’intera attenzione sulla attività “ordinaria” e recuperare, per quanto possibile, il tempo perduto. Altre fasi di emergenza al contrario significherebbero una ulteriore dilazione di attività diagnostiche, terapeutiche e chirurgiche che non potrebbe che aggravare la situazione per molti pazienti oncologici.
Locatelli tracciava un quadro nazionale e di tendenza. Il presidente della Lilt di Trento, il dermatologo Mario Cristofolini, premette che un dato in questo momento ancora non c’è, o almeno non ce l’ha la sua associazione. Ma conferma la lettura del collega: «È inevitabile che la sospensione per un periodo significativo delle attività di screening abbia un effetto negativo sui pazienti. Lo sapevamo e non potremo che misurare le dimensioni concrete di un impatto sulla salute collettiva che, con una emergenza in atto, non è stato possibile evitare. La dinamica è abbastanza semplice da capire. La precocità nella scoperta di molti tumori è fondamentale per garantire la maggiore efficacia possibile della cura. E in tutti i tumori la fase di esordio è asintomatica: la persona sta bene, come sempre, anche se la malattia ha iniziato a svilupparsi. In queste condizioni, solo una azione di screening permette una diagnosi precoce: esami diagnostici di diverso tipo, a seconda dei diversi tumori, che permettono di individuarli prima che si manifestino in modo percettibile da parte del paziente. Nella fase più acuta della crisi pandemica, le attività di screening sono state sospese. E questo ha comportato ritardi, in qualche caso di anni, nella scoperta di malattie in fase di insorgenza. Sono tutte persone che dovranno pagare le conseguenze di una diagnosi tardiva, loro malgrado. Adesso so che le attività di screening e visite di controllo sono riprese con regolarita. Per quel che riguarda il tumore della mammella so che si è già recuperato più o meno per intero il tempo perduto. Per le visite specialistiche qualche problema, nel senso di ritardi importanti, c’è ancora. Ma non abbiamo per ora una evidenza di un peggioramento statisticamente rilevabile delle condizioni di cura o dell’incidenza delle malattie: ci vorrà un po’ di tempo per misurare esattamente l’effetto del Covid sulle malattie neoplastiche. Per ora possiamo solo dire che c’è stato sicuramente».
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