«Sci in pista di notte: adesso basta»

Dopo la tragedia del Cermis, venerdì nuovo soccorso a impianti chiusi: «sfogo» del soccorso alpino della val di Fiemme


di Mara Deimichei


TRENTO. Si erano attardati in un rifugio dopo una giornata passata sugli sci e così si sono ritrovati a scendere al buio lungo una pista chiusa da tempo. La disavventura di due diciottenni tedeschi è finita nel migliore dei modi venerdì sulle piste di Pampeago, ma quello che è successo riporta in primo piano la questione dell’utilizzo delle piste da sci dopo la chiusura degli impianti. E lo fa ad una settimana di distanza dal tragico incidente con la motoslitta sul Cermis. Anche in quel caso ad intervenire in prima battuta furono gli uomini del soccorso alpino di Fiemme, gli stessi che sono stati chiamati anche ad aiutare i giovani tedeschi.

In quest’ultimo intervento, l’allarme è arrivato in tarda serata da parte di uno dei due ragazzi che avevano tentato la discesa al buio. Lui in qualche modo era riuscito ad arrivare alla stazione a valle della pista val Todesca. Dell’amico e compagno di sciata, invece non c’era traccia. Gli uomini del soccorso alpino, quindi sono partiti riuscendo a recuperare in poco tempo anche il «disperso» che a causa dell’oscurità non riusciva a scendere.

Come detto i due si erano attardati al rifugio Ganischgeralm, sulle piste dell'Alpe di Pampeago. Verso le 18 i due ragazzi avevano lasciato il rifugio ma avevano avuto molte difficoltà durante la discesa. Uno dei due era riuscito comunque a raggiungere la stazione a valle, ma non vedendo arrivare l'amico, ha chiamato il 118, che a sua volta ha allertato la squadra del soccorso alpino della val di Fiemme. L'operazione si é risolta abbastanza velocemente con il ritrovamento del secondo giovane che era un po’ spaventato ma incolume.

«Purtroppo interventi di questo tipo sono molto frequenti - spiega Claudio Iellici, capo stazione della val di Fiemme - diciamo 2 o 3 volte al mese. Nella maggior parte dei casi le operazioni di ricerca e recupero si risolvono in tempi accettabili in quanto la zona di ricerca è ben definita come è successo in quest’ultimo intervento. Altre volte però non si sa bene in che direzione gli utenti del rifugio decidano di rientrare a valle e le indicazioni sono spesso sommarie ed imprecise. In questi casi perciò bisogna partire con operazioni di ricerca complesse che prevedono l'utilizzo di un gran numero di operatori e lunghi tempi d'intervento». Per far un esempio ci sono diversi rifugi in quota - come ricorda lo stesso Iellici - che organizzano delle cene ma in questi casi c’è anche un servizio per andare a prendere e riportare in valle i clienti. E soprattutto i gestori sanno quante persone si stanno muovendo e anche in che direzione. In altri casi, se ad esempio le persone si attardano per bere qualcosa e poi scendono autonomamente, le informazioni in caso di intervento sono molto poche. «Mi preme sottolineare - prosegue Iellici - che, dopo la chiusura degli impianti nessuna persona, a parte gli addetti alla battitura delle piste o il personale di servizio in genere, dovrebbe avere accesso alle piste da sci che durante la notte si trasformano in un vero e proprio cantiere dove è permesso l'accesso ai soli addetti ai lavori. E questo significa una situazione di potenziale pericolo per chi si trova a scendere con gli sci ma al tempo stesso un paura in più per i gattisti. Io spero che dopo la tragedia del Cermis, della settimana scorsa qualcosa si muova sotto questo aspetto per non assistere più a simili disgrazie. Auspico, inoltre, che si faccia maggiore chiarezza sulle normative».

Iellici non vuole puntare il dito contro nessuno ma «dopo quello che è successo - spiega - ritengo che sia utile guardarsi un po’ attorno e riflettere». Ma c’è anche un altro punto che sta a cuore al capo zona fiemmese del socorso alpino: «Chi si trova in difficoltà, chi si fa del male o ha bisogno di aiuto, troverà sempre gli uomini del soccorso alpino disponibili all’intervento. Ma se riusciamo a tenere le persone lontane dai pericolo, il risultato sarebbe migliore».

Anche nella tragedia delle settimana scorsa una pista da sci (la nera in particolare) era stata utilizzata dopo l’orario di chiusura e con una motoslitta evenienza, questa, che è espressamente vietata. A dare l’allarme uno degli addetti alla sistemazione del manto nevoso ha sentito le urla delle donne e poi si è trovato davanti ad una scena straziante.

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