Sait, fuga delle coop «pagata» dagli operai
Sette milioni in meno nel 2017 per l’addio di quattro famiglie: «Esuberi inevitabili». La Filcams Cgil: «Dalpalù si dimetta»
TRENTO. Anche la fuga delle Famiglie Cooperative dal Sait è tra le cause del licenziamento di 80 dipendenti del consorzio, indicata - nero su bianco - all’interno dell’accordo firmato al servizio lavoro: «Nel 2016 è uscita un’importante famiglia cooperativa dalla compagine sociale - si legge nel verbale - e nel corrente anno altre tre famiglie cooperative hanno dato comunicazione di recesso, con una diminuzione dei fatturato stimato in circa 7 milioni di euro già nel 2017». Lo crisi dello spirito cooperativo - fanno notare i sindacati - si vede anche da qui: la fuga delle cooperative (alla ricerca di condizioni migliori) ha avuto effetti diretti sui lavoratori.
Ma anche il mondo sindacale esce da questa vicenda con le ossa (un po’) rotte. Ieri sulla vicenda sono arrivati tre diversi comunicati stampa dai sindacati confederali, oltre a un quarto comunicato, questa volta unitario, diffuso dai tre segretari provinciali. E Roland Caramelle (della Filcams Cgil) ha convocato una conferenza stampa - assieme ai delegati aziendali Ivo Berengan e Adriano Paissan - per ribadire che la Cgil ha firmato l’accordo solamente per rispetto della volontà dei lavoratori (espressa attraverso il referendum) ma resta tutta la contrarietà sul metodo della trattativa e sulla gestione dell’azienda. Conclusione? «Non si è mai visto un referendum sulla sorte dei lavoratori, Dalpalù dovrebbe dimettersi o quantomeno rimettere il suo mandato al consiglio di amministrazione in modo che i consiglieri si prendano la responsabilità di quanto accaduto». I sindacalisti della Filcams Cgil si sono detti molto preoccupati anche per chi resta all’interno di Sait: «Sia per la gestione aziendale, sia per i carichi di lavoro (impossibili) a cui dovranno far fronte i lavoratori che resteranno in azienda». Secondo i delegati sindacali i tetti fissati dall’azienda per il raggiungimento dei premi aziendali sono troppo alti, soprattutto con personale che comincia ad avere una certa anzianità: «Questo significa - hanno detto - che gli incentivi all’esodo saranno pagati anche dai lavoratori che non percepiranno in futuro i premi per la produttività».
Sulla vicenda sono tornati anche i sindacalisti di Fisascat Cisl e Uil Tucs. Lamberto Avanzo (Fisascat) ha messo in evidenza i risultati raggiunti attraverso la contrattazione: «Senza accordo saremmo rimasti ai 116 esuberi dichiarati dal Sait, senza nessun incentivo e nessun piano sociale occupazionale. E’ necessario essere realisti: non è possibile chiedere 100 e ottenere 100. Il tanto peggio tanto meglio non può essere la linea di condotta di un’organizzazione sindacale: no a fomentare la guerra tra poveri».
Walter Largher (Uil Tucs) ha dichiarato che “gli approcci ideologici (il riferimento è alla Filcams Cgil) si sono scioltic ome neve al sole davanti al mandato chiaro e ineccepibile dei lavoratori che si sono espressi contro lo scenario dei 116 esuberi (senza incentivi e senza piano sociale) preferendo i 60 esuberi all’interno del piano concordato dai sindacati». (a.s.)