Rossi sorpassa Olivi Il Patt è il vincitore
Testa a testa: l’autonomista sale a quota 8119 voti e batte il collega di giunta per 127 voti Il Pd paga la scarsa affluenza delle città. La macchina Upt s’inceppa: Gilmozzi fermo a 6611
TRENTO. Le primarie del centrosinistra finiscono nella maniera che nessuno si aspettava: un testa a testa thrilling tra Ugo Rossi e Alessandro Olivi che si protrae fino a mezzanotte, quando a tre sezioni dalla fine Rossi e Olivi sono divisi solo da 78 voti. Poi, all’improvviso, escono dalla saletta due autonomisti che iniziano ad abbracciarsi: Ugo Rossi ha vinto al fotofinish, per lui 8119 voti contro i 7992 voti di Olivi, Gilmozzi fermo a 6611 voti. Tanti, troppi i voti dei grandi centri lasciati per strada dal non voto, troppi gli elettori del Pd che non sono andati a votare. E così Ugo Rossi mette la marcia, ingrana il turbo ed eccolo sfrecciare verso la candidatura alla presidenza della Provincia. Nella sede del Pd, dove è andata in scena la serata del successo autonomista, i volti erano scuri fin dall’arrivo dei primi dati, anche se Olivi era in testa: in molti sapevano che nei grandi centri Olivi doveva costruirsi un margine di sicurezza ed evitare il ritorno di Rossi, fatto di piccoli grandi passi nei seggi di valle. Ma così non è stato.
Già alla prima rilevazione di mezzogiorno il trend è chiaro: alta l’affluenza nelle valli, bassa nelle città. Su 6300 votanti, solo 1300 sono a Trento e 400 a Rovereto. Il resto è concentrato nelle periferie, tradizionalmente meno protagoniste in occasione delle primarie. La tendenza che alle 19 si accentua e diventa evidente in tutta la sua portata: i votanti sono saliti a 16 mila, e di nuovo sono solo 2900 nel capoluogo e 900 a Rovereto. E così quella che, in casa Pd, a metà giornata era una preoccupazione, a fine pomeriggio diventa paura.
Non bastano gli sms spediti agli iscritti per invitarli fino all’ultimo a votare e a far votare amici e conoscenti. Quello che appare chiaro è che gli elettori si sono mobilitati con forza nelle valli, dove Patt e Upt hanno le loro roccaforti. Mentre i centri urbani, dove più si concentra il voto di opinione tradizionalmente favorevole ai Democratici, questa volta non hanno risposto all’appello delle primarie. Trento ma ancor più Rovereto, la città di Olivi, che «tradisce» il candidato democratico. I dati vengono passati al setaccio di ora in ora, spulciati Comune per Comune, seggio per seggio. E via via che le ore passano le facce scure degli esponenti Pd fanno il paio con quelle raggianti degli autonomisti.
Per Ugo Rossi è stata la partita della vita. Ci aveva scommesso un anno fa, quando il suo partito - il Patt - lo aveva candidato alla presidenza della Provincia. è stata una corsa lunga un anno, per l’assessore alla salute. Dietro di sè ha avuto un partito che si è compattato, consapevole che questa volta poteva giocarsela fino in fondo: avere un proprio esponente come leader della coalizione e probabile presidente della Provincia dopo 15 anni di era di Lorenzo Dellai e la reggenza di Alberto Pacher. Cinquant’anni, nato a Milano dove i genitori di Ossana, in val di Sole, era emigranti negli anni Cinquanta. Sposato, un figlio, vive a Lavis dal 1995. Laureato in giurisprudenza, ha lavorato nel settore assicurativo prima a Milano e poi a Verona prima di diventare, dal 1997, dirigente della Trento Malé. La sua dentro il Patt è stata una vera e propria scalata. Candidato al Comune di Lavis nel 1999, nel 2002 presiede la commissione del congresso provinciale, poi ricopre l’incarico di segretario organizzativo e quindi di segretario provinciale dal 2005 al 2012. Insieme a Franco Panizza, diventa l’uomo forte del partito. L’unico, in questa corsa delle primarie, a non aver avuto concorrenti interni, mentre il Pd si dilaniava tra più candidati (con Luca Zeni e Donata Borgonovo Re che chiedevano primarie aperte e reclamavano discontinuità) e l’Upt faceva di tutto per evitare le primarie proponendo senza successo nomi di potenziali candidati unitari (Pacher, Schelfi, Andreatta, Merler). Proprio di fronte all’atteggiamento dell’Upt, è stato il Patt a difendere a spada tratta le primarie, anche quando il Pd si dimostrava più morbido e incerto. Rossi no, lui alle primarie non ha mai voluto rinunciare: «Dobbiamo trovare il coordinatore della coalizione - ha continuato a ripetere nei mesi scorsi - e il modo migliore per farlo è dare la parola agli elettori. Saranno loro a scegliere chi ritengono possa essere il candidato migliore».
Il risultato gli ha dato ragione. I militanti del Patt non lo hanno tradito, ma soprattutto l’assessore autonomista è riuscito nell’impresa di sfondare nell’elettorato che non è del Patt ma che ha votato scegliendo il candidato. Per vincere aveva bisogno di raccogliere un consenso di un elettorato che andasse oltre quello del suo partito che è il più piccolo tra i tre maggiori partner della coalizione (9% di consensi alle ultime provinciali, fermo sotto il 5% alle politiche dello scorso febbraio).
In questa campagna elettorale Rossi ha cercato di promuoversi come amministratore concreto e decisionista, forte dei risultati portati a casa in questa prima legislatura da assessore: riforma sanitaria, assegno di cura, legge sulla famiglia, reddito di garanzia, appalto (vicino) del nuovo ospedale. Per il futuro ha delineato un Trentino più sobrio, che dovrà puntare su investimenti più selettivi e dire no ad opere troppo costose (e ha citato come esempio di investimenti sovradimensionati il Muse e la protonterapia). Da sempre contrario a Metroland, in campagna elettorale ha fatto una mini-apertura sulla Valdastico che è parsa un assist per Progetto Trentino, con cui Rossi è sembrato flirtrare, attirandosi le ire di Pd e Upt. L’assessore non ha nascosto che la Provincia dovrà fare scelte impopolari, come chiedere una maggiore compartecipazione ai cittadini per finanziare la spesa per la sanità. Ed tra le proposte ha puntato su un «piano Marshall» delle lingue straniere.
Nella sede del Pd, mentre i giochi sono fatti e le facce sono scurissime, gli autonomisti hanno compiuto lo scacco matto che in cuor loro speravano, ma che in pochi avevano davvero pronosticato. Ora i vertici del Partito Democratico dovranno spiegare alla base come si è arrivati alla sconfitta, allo stesso modo in cui l’Upt dovrà tirare le somme di questo terzo posto (ultimo tra i grandi) che nessuno si aspettava.
Nella gara dei “piccoli”, invece, Lucia Coppola con i suoi 443 voti è riuscita a battere Alexander Schuster 437.
Un’ultima annotazione sullo spoglio: già pochi minuti dopo l’avvio della “macchina elettorale” il sito ufficiale dove dovevano affluire i risultati del voto è andato in tilt.
Un segnale, forse, della confusione con cui sono state organizzate le primarie, tra polemiche e ritardi difficilmente comprensibili dagli elettori comuni. Ma ora la vittoria di Ugo Rossi fa passare tutto in secondo piano: il centrosinistra guarda ad ottobre con gli occhi del suo candidato autonomista.
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