Riti voodoo per costringerle a vendersi

La polizia ha arrestato quattro persone (altrettante sono ricercate) per riduzione in schiavitù e tratta di essere umani



TRENTO. Minacce di morte, riti voodoo, violenze sessuali e l’obbligo di mettere in vendita il proprio corpo per ripagare un debito che poteva arrivare ai 30 mila euro. E poi il viaggio, allucinante, attraverso l’Africa, il campo profughi in Libia, i barconi per l’Italia con la speranza nel cuore di andare a stare meglio. Per poi scoprire che la realtà era una cosa ben diversa. A raccontare la sua odissea una ragazza nigeriana che, dimostrando molto coraggio, ha aperto il suo cuore alla polizia e ha permesso l’avvio dell’operazione «Justice» che ha portato ad un’ordinanza di custodia cautelare a carico di otto nigeriani. Quattro quelli finiti in cella, quattro i ricercati. Per tutti accuse pesanti: riduzione in schiavitù e tratta di essere umani. Reati uniti dal vincolo associativo. Un’associazione con una «cellula» a Merano da dove una coppia seguiva - secondo la polizia - gli spostamento e lo sfruttamento delle ragazze.

Un’indagine molto delicata quella portata a termine lunedì mattina e che, sotto il coordinamento dalla Dda (la direzione distrettuale antimafia) di Trento, ha coinvolto la sezione di polizia giudiziaria della procura trentina, la polizia francese e le squadre mobili di Trento, Bologna, Bolzano, Viterbo e il commissariato di Merano. Un’indagine iniziata l’anno scorso quando una giovane nigeriana si è confidata con delle persone che lavoravano nel centro di accoglienza dove si trovava. La ragazza aveva trovato il coraggio di raccontare cose che le potevano costare la vita. E le ha raccontate anche alla squadra mobile di Bologna. Nel corso della sua testimonianza la donna ha spiegato agli investigatori le modalità di reclutamento in patria delle giovani e ignare donne, il trasferimento in Libia, il viaggio verso l’Italia e infine lo sperato approdo in Francia. In mezzo le privazioni, le minacce, le violenze sessuale. Come lei tante altre le nigeriane coinvolte nel traffico.

Le ragazze, tutte dai 20 ai 30 anni venivano reclutate in Nigeria con la falsa promessa di un lavoro in Europa, venivano sottoposte a rito voodoo (ju-ju secondo l’idioma locale), in modo che fossero vincolate al pagamento del debito, circa 30mila euro, per le spese per raggiungere l'Italia. Un rito che legava le giovani sia fisicamente che psicologicamente, un rito che «gioca» su credenze radicate in Niger. E se le ragazze non si adeguavano a quanto veniva chiesto loro, ecco le minacce di morte sia per loro che per i familiari. Una volta soggiogate venivano trasferite sulle coste libiche e rinchiuse in campi profughi nella città di Sebhrat o Tripoli, e qui vessate e umiliate. Poi attendevano il loro turno venivano imbarcate sui barconi e trasferite in Italia, dove, nella maggior parte dei casi venivano fermate e condotte nei centri di accoglienza. Da qui venivano fatte uscire e trasferite negli appartamenti dove erano sempre e comunque sotto il controllo dell’organizzazione.

Per liberarsi da questa condizione di schiavitù, erano costrette a prostituirsi sino al totale pagamento del debito contratto per il trasporto verso l'Italia. Il guadagno dell'attività illecita, veniva intascati dai promotori del sodalizio che utilizzava il sistema del money transfer per lo smistamento del denaro illecito. In Nigeria, i soldi venivano utilizzati in parte per finanziare la prosecuzione dell'attività illecita e in parte per investimenti immobiliari delle famiglie degli indagati. Gli arrestati sono Oliva Atuma, 30 anni residente a Merano assieme a Justice Ehiorobo, 27 anni, entrambi con permesso di soggiorno per motivi umanitari. Ci sono poi Harrison Atuma 28 anni domiciliato a Viterbo e Lawrence Saribo, 39 anni residente nel torinese. Anche loro hanno lo status di rifugiato politico.













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