Raccolta materiale ferroso I sinti si mettono in regola 

Con i Rom, in Trentino sono circa 700. Un centinaio è dedito a questa pratica  La legge nazionale permette di aprire una piccola attività, iscrivendosi ad un albo



TRENTO. Con le nuove norme è un passo in avanti sulla strada della legalità. Un’opportunità di lavoro regolare. Raccogliere materiali ferrosi casa per casa, “porta a porta”, per poi venderli agli “sfasciacarrozze” o similari, fa parte della tradizione sinta e rom, praticata anche in Trentino, oltreché in Alto Adige. Sulla scorta della legge nazionale per il mercato e la concorrenza (la n.124 del 4 agosto 2017), entrata in vigore da poco, si prevede, all’articolo 1 comma 124, di poter regolarizzare molte situazioni finora al limite, per usare un eufemismo, iscrivendosi all’Albo nazionale gestori ambientali (sottocategoria 4-bis), aprire una partita Iva, ottenere la licenza per l’attività di piccolo raccoglitore di ferro per un massimo di 400 tonnellate annue previa dichiarazione del mezzo utilizzato per il trasporto. E all’Aizo trentina, l’associazione italiana zingari oggi, sono arrivate oltre una cinquantina di richieste di chiarimenti per l’assolvimento delle pratiche necessarie. In provincia, rom e sinti sono 700, il 70% dei quali italiani e si stima che i raccoglitori di ferro, ma non solo, siano circa un centinaio. Fino a non molti anni fa era il caos. Multe, denunce, sequestri di materiali e mezzi non si contavano. Poi, nel 2015 il Progetto ferro che coinvolge tuttora Caritas, Aizo e Consorzio equo di Torino ha permesso a diversi raccoglitori di mettersi in regola a fronte, però, di un costo iniziale non da poco di 800 euro oltre ad una quota annua, seppur minima. Con le novità introdotte le spese sommano a circa 250 euro. «Con questo progetto, in tre anni – afferma Gian Luca Magagni, presidente della sezione trentina di Aizo – sono stati spesi più di 25mila euro e create opportunità lavorative a 25 persone di ogni cultura, la maggior parte sinti e rom. Prima che se ne andasse dall’assessorato provinciale, della questione se ne era interessata Donata Borgonovo Re. Inoltre, è da tempo che pensiamo di costituire una cooperativa. In seguito se ne è discusso a Roma ed è recente l’entrata in vigore della nuova normativa che definirei rivoluzionaria». Che potrebbe avere anche ricadute ambientali. «Infatti – prosegue Magagni – questo lavoro non si “ferma” solo all’atto commerciale, creando un’entrata per le famiglie coinvolte, ma agisce anche in favore di un ambiente migliore. Mi spiego. Le grandi aziende di raccolta dei rifiuti non fanno il porta a porta per il ferro perché costa troppo. In questo modo, però, si creano le condizioni per la formazione di discariche abusive o perché il ferro venga buttato nel residuo. L’attività di queste famiglie risponde ad un’esigenza.

(pa.pi.)















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